Il melanoma cresce in Italia, con nuovi casi in aumento e un sistema sanitario che fatica a fronteggiare la domanda. In questo quadro, la diagnosi precoce e la prevenzione giocano un ruolo chiave per ridurre gli impatti della malattia. Mentre l’esposizione solare estiva accentua i rischi, esperti e istituzioni insistono sul miglioramento dell’organizzazione sanitaria e sulla formazione di medici di base per contrastare le difficoltà attuali.
Nel 2020, le diagnosi di melanoma in Italia hanno superato quota 14.900 nuovi casi, ma entro il 2025 la cifra potrebbe superare i 17.000, spinta da un aumento annuo intorno al 5%. Questo tumore, noto per la sua aggressività, si aggiunge ad altre forme di cancro della pelle in crescita: il basalioma colpisce circa 1 persona su 1.000 e il carcinoma spino-cellulare conta 22-23 casi ogni 100mila abitanti. Questi numeri sottolineano la pressione crescente sui servizi dermatologici.
Non è un dato da sottovalutare: nel 80% dei casi, diagnosticando il melanoma in tempo e con interventi chirurgici mirati, si ottengono risultati positivi e la cura è più semplice. Ma la realtà quotidiana riserva ostacoli. La domanda di visite dermatologiche si impenna mentre le risorse sanitarie diminuiscono. Questi fattori generano lunghi tempi d’attesa che possono ritardare la diagnosi e complicare la cura. Così, molti pazienti arrivano tardi, con necessità di terapie più complesse e costose, a carico del sistema e dei singoli.
L’arrivo dell’estate porta con sé un aumento dell’esposizione al sole, principale fattore di rischio per i tumori cutanei. Gli italiani trascorrono più tempo all’aperto, esponendo la pelle a radiazioni che possono favorire la comparsa o l’aggravamento di neoplasie. In questo contesto, la diagnosi precoce diventa ancora più urgente.
A Roma, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, si è discusso proprio di questi temi durante l’evento ‘Tumori della pelle, c’è neo e neo. L’importanza della diagnosi precoce ma solo per i pazienti a rischio’. Daniela Sbrollini, senatrice e co-presidente dell’Intergruppo Parlamentare, ha evidenziato che oltre alle innovazioni terapeutiche serve mettere mano all’organizzazione dei servizi sanitari. Con interventi mirati si potrebbero ridurre le tempistiche di diagnosi, condizione essenziale per migliorare gli esiti e contenere i costi. Sbrollini ha sottolineato come una riorganizzazione precisa favorirebbe una risposta più pronta e adeguata per malattie come il melanoma.
Il comitato tecnico-scientifico dell’Intergruppo parlamentare ha ribadito che una maggiore efficienza nelle strutture sanitarie potrebbe evitare le attuali lunghe liste d’attesa, cruciali per la disponibilità tempestiva delle cure. L’idea è intervenire organizzando meglio le priorità, distinguendo le urgenze e liberando risorse per i casi più delicati.
Marco Ardigò, professore di Dermatologia alla Humanitas University di Milano, ha segnalato un problema chiave: troppe volte la visita dermatologica viene richiesta senza motivi validi, per manifestazioni cutanee che non richiedono l’intervento specialistico. Questo fenomeno congestiona gli ambulatori e prolunga i tempi d’attesa, facendo slittare l’accesso a chi davvero ha bisogno di un controllo urgente per tumori sospetti.
L’allarme riguarda anche la scarsa consapevolezza dei cittadini sull’importanza di monitorare i propri nei e il ritardo nel rivolgersi al medico di base per un primo consulto. In parallelo, si segnalano comportamenti errati legati all’esposizione solare: uso di creme protettive di bassa qualità o inadeguate, mancato impiego di indumenti protettivi e ricorso alle lampade abbronzanti artificiali. Questi fattori aumentano le probabilità di insorgenza dei tumori della pelle.
La campagna Save Your Skin, promossa dalla Società Italiana di Dermatologia e La Roche Posay, ha lo scopo di aumentare la consapevolezza sugli effetti nocivi dell’esposizione solare e sull’importanza della prevenzione. Attraverso screening gratuiti in diverse città, il progetto offre un’occasione concreta per informare la popolazione e intercettare precocemente eventuali lesioni sospette.
Giovanni Pellacani, professore all’Università La Sapienza di Roma e presidente della SIDeMaST, ha insistito sul fatto che proteggere la pelle fin dall’infanzia è determinante per ridurre i rischi futuri. La pelle in età scolare è più fragile e subisce le radiazioni solari in modo più dannoso rispetto all’adulto.
Due scottature in adolescenza moltiplicano in modo significativo la probabilità di sviluppare melanoma da grandi. Pellacani ha evidenziato che la prevenzione non può limitarsi alla richiesta di visite specialistiche, ma deve coinvolgere medici di medicina generale come primo filtro, chiamati a riconoscere i segnali d’allarme e indirizzare i pazienti correttamente.
Il comitato ha chiesto di rafforzare la formazione per i medici di base sulle tecniche di prevenzione e diagnosi precoce. Solo così si potrà frenare l’aumento delle diagnosi tardive legate a sottovalutazioni o ritardi di accesso alla cura.
Gianmarco Rea, segretario regionale di Simg Lazio, ha richiamato il ruolo centrale del medico di base nella prevenzione primaria dei tumori cutanei. Il medico deve educare i pazienti a evitare comportamenti a rischio e a riconoscere i segnali d’allarme della pelle.
Oltre all’educazione, la formazione pratica è cruciale: l’uso del dermatoscopio in medicina generale può migliorare la capacità di un primo inquadramento diagnostico. Rea ha spiegato che la diffusione di questo strumento semplice ma efficace nei centri di medicina generale contribuirebbe a intercettare i tumori nelle fasi iniziali.
La diagnosi tardiva aumenta i rischi: tumori più invasivi, necessità di interventi chirurgici estesi e maggior probabilità di metastasi. Le conseguenze si riflettono anche sul piano psicologico per i pazienti. Monica Forchetta, presidente dell’Associazione Pazienti Italia Melanoma, ha sottolineato che servirebbero campagne di sensibilizzazione simili a quelle già attive per tumori come quello al seno o al polmone. Il melanoma resta poco percepito in termini di rischio, specie tra i giovani, nonostante l’incremento dei casi.
Tra i suggerimenti emersi dai relatori segnaliamo due interventi concreti. Il primo riguarda la distinzione netta tra visite dermatologiche per sospetti tumori cutanei e visite per patologie infiammatorie o infettive. Separare questi accessi permetterebbe di organizzare meglio le priorità.
Il secondo punto è il riconoscimento di un codice Lea per prestazioni di secondo livello fondamentali nel percorso diagnostico precoce del melanoma. Tecniche come la microscopia confocale in vivo, la total body photography digitalizzata o la videodermatoscopia digitale sono strumenti indispensabili per identificare le lesioni più pericolose in modo tempestivo.
Queste misure, unite a scelte organizzative e di governance più adeguate, potrebbero migliorare l’orientamento nella domanda assistenziale dermatologica e rafforzare la lotta ai tumori della pelle, evitando diagnosi troppo tardive e interventi onerosi.
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