Nel piccolo comune di Domicella, in provincia di Avellino, un’indagine ha portato al sequestro di due opifici tessili. L’operazione, scattata durante controlli contro il caporalato, ha coinvolto cittadini extracomunitari impiegati in condizioni irregolari, svelando una rete di sfruttamento del lavoro. Le forze dell’ordine hanno scoperto irregolarità che hanno coinvolto i titolari delle aziende e i lavoratori impiegati in modo irregolare.
I controlli e le forze dell’ordine coinvolte a domiciliella
L’intervento è stato coordinato dalla procura di Avellino e ha visto la partecipazione di diversi uffici: il commissariato di Lauro, l’ufficio immigrazione della questura di Avellino e la Guardia di Finanza di Baiano. Questi enti hanno collaborato per effettuare ispezioni approfondite nelle due aziende tessili situate a Domicella. Il controllo mirava non solo a verificare la presenza di lavoratori in regola, ma anche a scovare eventuali forme di sfruttamento, il cosiddetto caporalato, che spesso riguarda lavoratori stranieri.
Durante le verifiche, gli agenti hanno rintracciato venti cittadini originari del Bangladesh. Anche se tutti possedevano un permesso di soggiorno valido, l’impegno nelle imprese era spesso “in nero” o svolto tramite contratti non regolari. Questo elemento ha fatto scattare ulteriori accertamenti sulla posizione dei titolari e sulle modalità di impiego adottate.
Irregolarità nei contratti e condizioni di lavoro all’interno delle aziende
I venti lavoratori bangladesi monitorati sono risultati impiegati con contratti irregolari o senza alcun tipo di regolarizzazione ufficiale. Alcuni venivano pagati in nero, e questo ha evidenziato un meccanismo illecito da parte dei titolari degli opifici. I responsabili, due uomini tra i 45 e i 46 anni, insieme ad altri due connazionali, sono stati accusati formalmente di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le indagini hanno permesso di ricostruire come le persone coinvolte venissero assunte sotto false garanzie contrattuali, al fine di aggirare la normativa sul lavoro e sfruttare manodopera a basso costo senza tutela. Il sistema delineato ha pesanti risvolti legali, oltre che umani, considerando le condizioni precarie a cui venivano sottoposti i lavoratori.
Carenze igienico-sanitarie e norme di sicurezza violate negli opifici
Durante i controlli è emerso che le due aziende tessili non rispettavano nemmeno le più elementari norme igienico-sanitarie. Gli ambienti di lavoro si presentavano in condizioni inadeguate, senza le misure necessarie a garantire la sicurezza dei dipendenti. La mancanza di protezioni e dispositivi adeguati ha aggravato la situazione di irregolarità denunciata.
L’assenza di standard di sicurezza sia per la salute che per la prevenzione degli incidenti sul lavoro ha spinto le autorità a disporre il sequestro immediato degli opifici. Questa decisione mira a mettere un freno a pratiche illegali che, oltre a danneggiare i lavoratori, mettono a rischio la pubblica incolumità.
Denunce a carico dei titolari e implicazioni legali
I titolari delle aziende sono finiti sotto accusa per intermediazione illecita e sfruttamento, reati che in Italia prevedono sanzioni pesanti. Le autorità hanno agito anche verso altri due connazionali coinvolti nella gestione delle attività e nel reclutamento dei lavoratori.
Le denunce includono la violazione delle norme sul lavoro e il mancato rispetto degli standard igienici e di sicurezza richiesti dalla legge. La responsabilità dei titolari è stata chiarita attraverso le verifiche documentali e gli accertamenti in loco. L’intervento segna un passo importante nel contrasto a forme di lavoro sommerso e sfruttamento dei cittadini stranieri nell’area di Avellino, interessata a problematiche simili anche in altri settori produttivi.
Le indagini proseguono per individuare eventuali ulteriori connessioni e per accertare l’estensione della rete illecita che ha coinvolto questi lavoratori.