Francesco Valeriano, 45 anni e cameriere di Fondi, si trova in coma al policlinico Umberto I di Roma in seguito a un’aggressione avvenuta nel carcere di Rebibbia. È stato arrestato lo scorso aprile per stalking nei confronti dell’ex moglie e ha trascorso circa un mese e mezzo in carcere tra due strutture diverse. I dettagli sulle circostanze della violenta aggressione restano ancora oscuri. La famiglia chiede risposte e giustizia, mentre il caso solleva interrogativi sulle condizioni all’interno degli istituti penitenziari e sulle omissioni che ne sono seguite.
Lo scorso 15 aprile, Francesco Valeriano è finito in manette con l’accusa di stalking verso la sua ex moglie. Inizialmente è stato rinchiuso nel carcere di Cassino, dove ha passato quasi due mesi. Senza spiegazioni, il 30 maggio è stato improvvisamente trasferito a Rebibbia, uno degli istituti penitenziari più grandi di Roma. La sorella Antonella, che segue da vicino la vicenda, si è detta sconvolta dalla mancanza di comunicazioni ufficiali e dettagli sui motivi di questo spostamento. In nessun momento infatti è stata informata dei motivi del trasferimento né delle condizioni specifiche del fratello.
Il carcere di Rebibbia ospita più di 1200 detenuti e spesso il sovraffollamento genera difficoltà nella gestione quotidiana e nella sicurezza degli internati. Antonella racconta inoltre dei problemi generali di convivenza tra i detenuti durante i primi venti giorni successivi all’arrivo di Valeriano, ma nulla che potesse far pensare a eventi di una gravità tale da provocare il suo attuale stato.
Il 30 giugno segna un punto di svolta drammatico nelle condizioni di Francesco Valeriano. Durante la sua detenzione a Rebibbia, è stato aggredito in modo violento da altri detenuti, completamente ignoti alla famiglia. L’attacco ha provocato lesioni cerebrali molto gravi e la necessità di una tracheotomia immediata. Da quel giorno, si trova in coma presso il policlinico Umberto I di Roma.
La sorella denuncia che l’avvocato incaricato dalla famiglia non ha presentato alcuna denuncia formale sull’aggressione. Questo silenzio ha impedito un intervento tempestivo da parte delle autorità penitenziarie e giudiziarie. L’unica fonte di informazione per i familiari è arrivata dall’ospedale, ma nessuna comunicazione ufficiale è pervenuta dal carcere o dalla direzione di Rebibbia. Questa mancanza di trasparenza ha lasciato la famiglia completamente sola nella gestione di una situazione già così complessa.
Antonella ha trovato sostegno nella figura di Stefano Anastasia, garante regionale dei detenuti. Dopo aver contattato il suo ufficio tramite internet, ha ottenuto la promessa di un aiuto legale che possa fare luce sul caso. È prevista anche una visita al policlinico di Irma Conti, la garante nazionale dei detenuti, che ha assicurato il suo impegno nel seguire la vicenda di vicino.
Le domande che rimangono senza risposta sono tante. Cosa è accaduto realmente tra il 15 aprile e il 30 giugno all’interno di Rebibbia? Perché nessuno ha denunciato immediatamente l’aggressione? Quali misure sono state adottate o trascurate? In assenza di comunicazioni ufficiali o di indagini pubbliche, la famiglia si trova a dover affrontare un muro di silenzio da parte delle istituzioni coinvolte.
In queste condizioni, Francesco resta in coma con una prognosi riservata da medici che non nascondono la gravità dei danni cerebrali subiti. È chiaro che il suo stato di salute non potrà tornare a quello di prima dell’aggressione. Intanto i familiari continuano a denunciare l’assenza di risposte e chiedono chiarezza sulle responsabilità.
Il caso di Valeriano mette sotto i riflettori le difficoltà nel sistema penitenziario italiano, specialmente riguardo la tutela della sicurezza dei detenuti vulnerabili. Rimane ancora aperta la questione di un eventuale silenzio istituzionale in un momento così delicato. Una famiglia di Fondi attende risposte concrete da Roma, mentre una persona lotta tra la vita e la morte in un ospedale della capitale.
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