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Processo reset a latina, sette condanne e ventiquattro assoluzioni dopo il verdetto del 10 gennaio 2025

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L’inchiesta Reset, condotta dalla Dda di Latina con il pm Luigia Spinelli e la Squadra Mobile, ha coinvolto un gruppo criminale riconducibile ai fratelli Angelo e Salvatore Travali e allo zio Costantino Di Silvio, detto Cha Cha. La sentenza del 10 gennaio 2025 ha tracciato un quadro complesso, con sette condanne e ventiquattro assoluzioni, dopo un’intensa camera di consiglio durata quasi otto ore. Un processo lungo oltre 300 pagine che ha analizzato in dettaglio ogni aspetto dell’inchiesta e che si intreccia con un’altra indagine chiamata Don’t Touch.

La sentenza e il rigetto dell’accusa di associazione mafiosa nel processo reset

Il Collegio Penale, con il giudice relatore Paolo Romano, ha analizzato approfonditamente tutti i fatti sul tavolo. La sentenza ha escluso l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico con modalità mafiose per alcuni imputati, confermando però l’aggravante mafiosa in relazione alle estorsioni per altri membri del gruppo. L’impianto accusatorio si è scontrato con diverse insufficienze probatorie, anche alla luce delle intercettazioni telefoniche ritenute irrilevanti ai fini dell’esistenza di un sodalizio criminale strutturato e stabile.

Nell’esame delle prove, il giudice ha evidenziato come molte fra le registrazioni intercettate non collimassero con i tempi e i modi indicati nell’inchiesta, mettendo in dubbio la validità dei controlli sul territorio utilizzati dagli investigatori per collegare i sospetti al narcotraffico. Questi elementi, insieme all’assenza di riscontri oggettivi, hanno giocato un ruolo chiave nel rigetto della contestazione di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga.

Il ruolo delle intercettazioni nel giudizio

Molte intercettazioni non collimano con i tempi indicati nell’inchiesta, ha sottolineato il giudice, mettendo in dubbio la validità delle prove raccolte.

I pentiti riccardo e pugliese e il ruolo delle loro dichiarazioni nel processo

Nel procedimento sono state attentamente verificate le deposizioni di due collaboratori di giustizia, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, che in passato avevano fatto parte prima del gruppo dei fratelli Travali e poi dell’organizzazione di Armando Lallà Di Silvio. Le difese hanno messo in discussione più volte la loro attendibilità, ritenendo in molti casi poco coerenti o insufficienti i loro racconti.

Secondo il giudice, i riscontri basati sulle intercettazioni non hanno confermato quanto detto dai pentiti riguardo la struttura e le attività dell’associazione. Anche i materiali estratti dai social network e altre fonti pubbliche sono stati giudicati neutri, incapaci di provare legami o ruoli specifici all’interno del presunto sodalizio. Molti fotogrammi mostrano semplici conoscenze tra i soggetti coinvolti, senza elementi che possano comprovare attività criminali organizzate.

Il magistrato ha inoltre ricordato il procedimento Alba pontina, dove le contestazioni riguardavano lo stesso tipo di associazione di stampo mafioso in relazione a Lallà Di Silvio. L’attendibilità dei collaboratori in quel contesto è stata sostenuta, ma proprio per quel procedimento, diverso da Reset, e il Tribunale ha sottolineato che nel processo attuale un solo giudice ha valutato la credibilità dei pentiti.

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Il peso delle estorsioni e l’ombra dell’omertà a latina

Il giudice ha invece riconosciuto la portata criminale del gruppo in relazione alle estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Durante il processo è emerso come il sodalizio si approfittasse di un clima di silenzio e paura nella comunità di Latina, una situazione difficile da scardinare persino a distanza di quasi dieci anni dai fatti.

Alcuni testimoni hanno mantenuto un atteggiamento di riservatezza e reticenza, confermando la percezione di una forte pressione esercitata sul territorio dalle figure coinvolte. Questo clima di omertà ha permesso alla banda di mantenere una forma di controllo e intimidazione sulla popolazione, ribadendo la capacità di assoggettamento che si manifestava in quei periodi e, almeno parzialmente, si protraeva anche durante il processo.

Omertà e controllo territoriale

Il silenzio della comunità ha favorito il mantenimento di un clima di paura e controllo, è stato osservato in aula dagli inquirenti.

L’inchiesta Reset ha così messo in luce un quadro decisamente complesso, fatto di elementi concreti legati alle estorsioni e di altre parti dell’impianto accusatorio che non hanno trovato conferme sufficienti per reggere il giudizio. Sarà il proseguo delle indagini e ulteriori approfondimenti a chiarire meglio i contorni di questo gruppo criminale a Latina e nelle zone limitrofe.

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