Le norme stabilite dalla direzione medica dell’ospedale santa maria goretti di Latina hanno scatenato un clima di tensione e delusione tra i parenti dei defunti. Il regolamento interno limita severamente l’utilizzo della camera mortuaria, imponendo orari rigidi per l’esposizione delle salme, senza possibilità di eccezioni. Lo scorso 9 aprile 2025 questa decisione ha creato un episodio particolarmente doloroso per una famiglia, impossibilitata a vedere per l’ultimo saluto una donna anziana proprio perché le stanze del reparto erano vuote, ma inutilizzabili in attesa del rispetto delle tempistiche imposte.
La direzione medica dell’ospedale santa maria goretti ha adottato un regolamento interno che stabilisce modalità molto rigide per l’esposizione delle salme nelle camere mortuarie. Secondo quanto previsto, le salme possono essere esposte la mattina solo se i funerali sono fissati per il pomeriggio stesso, o il contrario: se la cerimonia si svolgerà la mattina seguente, la salma può essere mostrata solo nel pomeriggio precedente. Non sono previste deroghe, perché queste direttive sono riportate chiaramente su avvisi affissi all’entrata dell’obitorio. Questo sistema vincola rigidamente la possibilità di salutare i defunti in base a un calendario rigido, senza tener conto di altri elementi o delle esigenze familiari.
I familiari dei defunti si trovano così spesso davanti a scelte imposte dall’ospedale senza margine di discussione. È una decisione assunta unicamente dall’ospedale, non si tratta di disposizioni di legge, ma di un regolamento interno risultato però molto severo e poco incline a mostrare flessibilità. Di fatto la gestione della camera mortuaria appare implacabile e poco sensibile verso chi vive il dolore di una perdita. Lo sappiamo, il lutto è un momento delicato, e le restrizioni in alcuni casi risultano difficili da accettare, oltre che perfino inspiegabili.
La mattina del 9 aprile 2025 si è verificata una situazione che ha reso il regolamento ancora più evidente nella sua durezza. L’obitorio ospedaliero era regolarmente aperto, ma nessuna delle quattro stanze presenti veniva utilizzata per l’esposizione delle salme, tutte vuote e inutilizzate. Tra i familiari giunti a Latina c’era la famiglia di un’anziana donna deceduta, arrivata da fuori città per l’ultimo saluto. Nonostante la presenza fisica della salma nelle vicinanze, le regole interne hanno impedito di esporla in quegli orari.
In questo caso specifico non ci sono state eccezioni: i parenti hanno dovuto attendere il momento consentito dal regolamento, rimandando il saluto a un altro orario prestabilito. L’incomprensibile situazione ha alimentato il malcontento, perché non si è trattato di assenza di spazio o di altri impedimenti pratici, quanto del rispetto acritico di una regola interna che ha anteposto la forma alla sostanza, il protocollo al sentimento. Quella salma era lì, a pochi metri, eppure non poteva essere mostrata. L’episodio ha condotto a una riflessione sull’equilibrio tra il rispetto delle procedure e il trattamento umano del lutto, un equilibrio che in questo caso sembra pendere verso la rigidità.
La gestione inflessibile delle camere mortuarie ha prodotto una risposta emotiva netta da parte dei familiari coinvolti. In momenti già particolarmente duri come la perdita di una persona cara ogni difficoltà aggiuntiva pesa molto. L’impossibilità di vedere il defunto in un momento che sembrava possibile, malgrado la salma fosse lì, ha aggravato il senso di vuoto e isolamento. Non si tratta solo di una questione logistica o amministrativa, ma di una mancanza di empatia percepita.
I parenti hanno espresso disagio nel non poter accedere a spazi che, per regolamento, non potevano essere usati se non in determinati orari. È evidente che, in queste circostanze, un atteggiamento meno inflessibile sarebbe stato apprezzato per offrire un supporto più umano alle famiglie. Si tratta di un ospedale pubblico, che quindi ha il compito di rispondere anche alle esigenze umane, oltre che organizzative. Situazioni come quella del 9 aprile mettono in luce come la distanza tra le regole e le attese della cittadinanza possa crescere, alimentando malumori e disagi.
L’assenza di concessioni nel regolamento sulla camera mortuaria ha avuto effetti concreti e drammatici sulla gestione del lutto. Non si tratta di rispettare semplicemente un orario, ma anche di dare la possibilità a chi ha perso un affetto di poter esprimere l’ultimo saluto in modo dignitoso e nel modo che ritiene più opportuno. Limitare rigidamente questo momento crea distanza tra ospedale e cittadini, e finisce per acuire un dolore già intenso.
La questione apre poi un discorso più ampio sulle regole interne degli ospedali che, se non calibrate attentamente, rischiano di diventare un peso per chi già vive difficoltà. Se è vero che una certa organizzazione delle attività è necessaria per gestire gli spazi e i turni, è altrettanto vero che lasciare spazio alla discrezionalità e all’umanità aiuta a limitare tensioni e incomprensioni. Non concedere richieste di deroga nemmeno in presenza di stanze vuote dimostra poca elasticità. Qualche modifica potrebbe innanzitutto evitare che episodi simili si ripetano, offrendo risposte più adeguate al bisogno umano di congedarsi.
Situazioni come quelle che si sono viste a Latina segnano un punto di attenzione sulla qualità dei servizi ospedalieri, che devono rispondere sia con le regole sia con la sensibilità al momento delicato della morte. Il dosaggio tra rispetto delle procedure e accoglienza umana può fare una differenza enorme per le famiglie che attraversano il dolore.
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