Sonia Bergamasco conferma nel 2025 il suo legame stretto e continuativo con il teatro, un ambiente in cui si è formata e che continua a esplorare senza fermarsi mai. Artista poliedrica, attrice e regista, Bergamasco si muove tra palcoscenici, progetti cinematografici e impegni familiari, dando voce a personaggi complessi e portando avanti un discorso creativo che nasce dalla profonda passione per la narrazione. Al festival di Tavolara, racconta i suoi lavori recenti e quelli in cantiere, svelando un approccio in cui il teatro resta una fonte inesauribile di idee.
Sonia Bergamasco ha costruito la sua carriera partendo dal teatro, un terreno in cui è cresciuta sin dall’adolescenza frequentando la scuola del Piccolo di Milano. Ha definito il teatro come un “laboratorio di idee permanente”, dove ogni spettacolo si trasforma in un’esperienza espressiva e un’opportunità per fare ricerca sul proprio linguaggio artistico. Il corpo sottile e i capelli corti accompagnano una presenza scenica intensa, che si è consolidata con ruoli importanti e regie apprezzate.
Negli ultimi mesi ha interpretato Elettra in Sofocle, sotto la direzione di Roberto Andò, spettacolo che ha debuttato a Siracusa e che poi è passato a Pompei, ottenendo lodi per la sua interpretazione. Dal teatro classico Bergamasco si è spostata verso il contemporaneo, mentre la regia resta un aspetto centrale del suo lavoro. Dopo l’estate la vedremo al Campania Festival con “La principessa di Lampedusa”, dove sarà sola in scena per raccontare la figura di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò. Questa donna cammina tra le rovine di Palermo devastata dai bombardamenti del 1943 e dà voce alle passioni, ai fallimenti e alle tensioni di un’intera generazione, un ruolo che Bergamasco interpreta con intensità e profondità.
Accanto al teatro, Sonia Bergamasco non ha abbandonato la sua passione per il cinema. Ha esordito alla regia con il documentario “Duse the Greatest”, dedicato a Eleonora Duse, un progetto nato quasi per caso, spinta dalle frequenti discussioni familiari sulla grande attrice. Oggi è al lavoro su un nuovo progetto da regista, ancora top secret riguardo al genere, che potrà essere una fiction oppure un documentario. L’identità del racconto resta in fase di costruzione, ma Bergamasco ha già mostrato interesse a tratteggiare figure femminili forti e storie cariche di significato.
“La febbre Duse”, ha spiegato, non è affatto passata ma anzi cresce, perché interpreta Eleonora Duse come una donna che ha sfidato le convenzioni, sentendosi legata al proprio tempo. E questo senso di contaminazione tra epoche e punti di vista alimenta la passione di Bergamasco per personaggi che rompono gli schemi e imprimono una prospettiva personale al proprio lavoro, tanto sul palco quanto dietro la macchina da presa. Ora attende con curiosità l’uscita del film “Duse” di Pietro Marcello, pronto a portare sul grande schermo quella stessa figura che ha ispirato il suo primo documentario.
Sonia Bergamasco è sposata con l’attore Fabrizio Gifuni, con il quale condivide la passione per la recitazione e la fatica di una vita divisa tra palcoscenico e set. La coppia ha due figlie, una inizia ora a muoversi nel mondo della fotografia, l’altra studia recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia, segnando una continuità generazionale artistica.
Al festival di Tavolara si sono presentati insieme, con Gifuni impegnato nella proiezione del film “Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini, in cui interpreta Luigi Comencini. La loro relazione si pone lontana da competizioni e rivalità. Hanno trovato un equilibrio fatto di ascolto e rispetto delle diversità, con la capacità di riconoscere e apprezzare i punti di forza dell’altro. Le scelte lavorative restano individuali ma i momenti più importanti si condividono e si discutono insieme, alimentando un dialogo che permette di sostenersi a vicenda in una carriera che spesso richiede dedizione totale.
Una convivenza che si modella sui cambiamenti, fatta di compromessi e di confronti continui, ma anche di una complementarità che permette a entrambi di costruire una quotidianità salda nonostante l’incertezza e la precarietà che spesso caratterizzano il mondo dello spettacolo.
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