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Tra territorio e gusto: la terza tappa de i viaggi del gusto e del sapere nel vesuviano

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L’evento “i viaggi del gusto e del sapere” ha scelto la terra del Vesuvio per la sua terza tappa, puntando l’attenzione su tradizioni agricole e gastronomiche locali. Nato dall’intesa tra il giornalista enogastronomico Giuseppe Giorgio e Pasquale Casillo, proprietario del ristorante “Ieri, Oggi, Domani”, il progetto ha portato a Napoli una giornata tra campi, sapori e incontri con esperti, per raccontare il legame profondo tra ingredienti, storia e territorio.

Un progetto che unisce cultura e cucina nei luoghi della tradizione vesuviana

Il percorso di “i viaggi del gusto e del sapere” è partito da luoghi come Cetara e Vico Equense e ha trovato nella masseria dello sbirro, immersa nel parco nazionale del Vesuvio, la cornice ideale per proseguire. Tra le vigne di caprettone e piedirosso si sono aperte terrazze coltivate a pomodorino del piennolo del Vesuvio dop, che hanno accolto i partecipanti con i loro profumi. La scelta di questa zona non è casuale: il pomodorino dop è un prodotto simbolo, legato a pratiche agricole antiche e ancora vive.

Esperienze e approfondimenti nei campi

Cristina Leardi, presidente del consorzio di tutela del pomodorino del piennolo, ha guidato la visita nei campi insieme al marito Carlo Cozzolino. La loro esperienza ha permesso di spiegare le caratteristiche che rendono questo pomodorino unico, tra clima, terra vulcanica e tecniche di coltivazione tradizionali. Accanto a loro, il professor Vincenzo Peretti, docente all’università Federico II, ha contribuito con approfondimenti storici e culturali, arricchendo la giornata di riferimenti sul contributo del pomodorino nella cucina e nell’economia locale.

Il racconto si fa sapore nella tavola conviviale della trattoria

Dopo l’esperienza nei campi, il progetto ha preso forma nella trattoria con un pranzo dedicato alla trasformazione degli ingredienti. Lo chef Antonio Castellano e il pizzaiolo Marco Bustelli hanno preparato una serie di piatti che hanno valorizzato il pomodorino del piennolo e i prodotti legati alla zona. Questa fase non si è limitata a un semplice momento gastronomico, ma si è proposta come un momento di scoperta sensoriale, in cui il racconto della terra si è tradotto in sapori ed emozioni.

Un dialogo tra scienza e tradizione a tavola

Alla tavola si sono uniti il professor Peretti, Antonio Limone, ex direttore dell’istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno, e l’ingegnere Pino Coletti, ceo di Authentico, piattaforma dedicata alla tutela del vero made in Italy. La presenza di esperti di diverse discipline ha permesso di intrecciare scienza, innovazione e tradizione in una conversazione calda e densa. Tra giornalisti e rappresentanti della masseria, si è delineata così un’immagine a tutto tondo di come cultura e sapori possano lavorare insieme.

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Il menu del pomodorino del piennolo: una sequenza di piatti tra tradizione e innovazione

Il pranzo ha offerto una selezione di piatti che hanno esaltato il pomodorino del piennolo dop in varie forme. Si è iniziato con il pascuotto, una pasta pizza arricchita con origano di montagna e olio extravergine d’oliva dell’azienda ospite, che ha messo subito in luce i profumi riconoscibili del territorio. Sono seguiti i mezzanelli di Gragnano presentati in versione scarpariello, dove il pomodorino è stato protagonista in una salsa ricca e fragrante.

La burrata si è intrecciata con un gazpacho di pomodorino, pesca bianca e fresella, combinazione che ha dato freschezza e un tocco di dolcezza. Il piatto con ricotta di cestino e confettura di pomodorino ha proposto un accostamento delicato e rustico. Il “dolce pomodoro” ha concluso con una rivisitazione firmata mon Art: cheesecake allo yogurt greco, gelée di ciliegia, ganache alle spezie e torta alla nocciola. Tutto è stato accompagnato dai vini prodotti nella masseria: caprettone, piedirosso e lacryma Christi, i cui aromi hanno completato l’esperienza.

L’evento ha confermato il valore dei prodotti vesuviani, mettendo in scena un dialogo diretto tra il lavoro nei campi e il tavolo, tra la terra e l’interpretazione culinaria che ne nasce.

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