La diffusione dell’intelligenza artificiale apre nuove sfide legate alla sicurezza e alla sovranità digitale. Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Napoli, ha lanciato un allarme sul controllo dei dati e delle tecnologie all’indomani di un convegno dedicato al tema che si è tenuto a Palazzo di Giustizia, esplorando le implicazioni sulla giustizia e la sicurezza internazionale. Il rischio principale riguarda la dipendenza da sistemi di intelligenza artificiale non europei, con conseguenze sulle informazioni personali e strategiche.
Perché un sistema di intelligenza artificiale funzioni, serve alimentarlo quotidianamente con enormi quantità di dati. Nel suo intervento, il procuratore ha spiegato che gli utenti europei stanno inconsapevolmente fornendo dati a macchine che operano fuori dai confini continentali. Questi dati non sono gestiti direttamente da entità italiane o europee, quindi vengono processati in ambienti dove l’Europa non può esercitare controllo reale.
Questa dipendenza si traduce in una perdita di sovranità digitale importante. Dietro ogni dato trasmesso ci possono essere rischi di utilizzo improprio, manipolazione o sorveglianza da parte di poteri esterni. Nel contesto globale, non è solo la criminalità organizzata o il terrorismo a destare preoccupazioni. Esistono anche interessi economici, geopolitici e strategici che muovono multinazionali e Stati esteri. Sapere a chi appartengono e come vengono gestiti i nostri dati è una questione critica, che impatta sul futuro della sicurezza e dell’autodeterminazione digitale dell’Europa.
Gratteri ha voluto portare l’attenzione su un aspetto che spesso resta in secondo piano nel dibattito pubblico: i dati raccolti e l’intelligenza artificiale possono diventare strumenti nelle mani di poteri lontani dal nostro continente. Non solo mafia, terrorismo o criminalità, ma una rete di interessi che supera la mera sfera illegale. Multinazionali globali e governi esteri si servono di queste tecnologie per influenzare mercati, opinioni e decisioni strategiche.
L’assenza di un controllo europeo forte rischia quindi di trasformare i dati in una risorsa manovrata da attori esterni. Le ripercussioni possono riguardare le politiche di sicurezza, la tutela della privacy, la libertà di informazione e persino la stabilità economica. Nel momento in cui queste macchine decidono o influenzano informazioni sensibili senza un quadro giuridico europeo solido, la vulnerabilità cresce. L’appello del procuratore è chiaro: serve una visione capace di difendere gli interessi del continente e stabilire regole precise sulla proprietà e la gestione dell’intelligenza artificiale.
Gratteri ha posto l’accento sulla concentrazione nelle mani di pochi soggetti privati, soprattutto extraeuropei, del controllo delle tecnologie di intelligenza artificiale. Secondo il procuratore, oggi soltanto due o tre attori, tra cui Elon Musk, detengono la proprietà delle piattaforme principali di intelligenza artificiale a livello globale. Questi software, spiega, hanno un dominio che non è né italiano né europeo. La preoccupazione nasce dal fatto che un tale controllo esterno significa affidare a entità straniere la gestione di dati e modelli decisionali che influenzano la società e l’economia.
Le conseguenze del dominio tecnologico al di fuori dell’Europa non sono solo economiche, ma riguardano anche la sicurezza nazionale e internazionale. Senza una strategia europea per sviluppare e governare le proprie piattaforme, il continente resta in una posizione subordinata nel controllo delle informazioni digitali. Gratteri sottolinea la necessità che l’Europa sviluppi con urgenza soluzioni proprie e indipendenti, per conquistare quella autonomia che al momento manca nel campo dell’intelligenza artificiale.
Il dibattito scaturito dal convegno di Palazzo di Giustizia conferma come le sfide poste dall’intelligenza artificiale siano molteplici e complesse. L’impatto va oltre la tecnologia, toccando aspetti legali, politici e di sicurezza che devono trovare risposte rapide e decise. La posizione di Gratteri apre una riflessione sulla necessità che l’Europa affronti con strumenti concreti il dominio digitale dei prossimi anni.
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