La sanità pubblica nel Lazio attraversa un periodo critico a causa della carenza di medici e dirigenti sanitari nelle asl. Le difficoltà più evidenti riguardano le zone periferiche, dove la mancanza di personale ha effetti ricadenti sulle cure e sull’assistenza. La regione ha deciso di fermare l’utilizzo massiccio di collaboratori a gettone e di indire nuovi concorsi pubblici per cercare di invertire la rotta, ma i risultati tardano ad arrivare. Il problema resta complesso e coinvolge la perdita di attrattiva del servizio sanitario nazionale, che incide sulla disponibilità dei professionisti.
La Regione Lazio ha scelto di porre fine alla prassi di ricorrere ai cosiddetti “gettonisti”: medici chiamati a coprire turni con incarichi a progetto o contratti libero professionali che, pur essendo pagati di più rispetto ai dipendenti tradizionali, non hanno le stesse responsabilità né vincoli contrattuali. Questo sistema era stato adottato come rimedio rapido per coprire i vuoti nei reparti, ma ha creato squilibri evidenti. Medici assunti a gettone svolgono un’attività frammentata e spesso non prendono carico del paziente con continuità, lasciando scoperte parti essenziali del servizio.
Lucilla Boschero, segretaria della Cisl medici Lazio, ha sostenuto la scelta della regione ma ha ricordato che, anche con i nuovi concorsi pubblici, molte posizioni restano scoperte. I reparti in periferia, in particolare, faticano a trovare medici disposti a lavorare, facendo emergere un problema più profondo che va oltre le semplici assunzioni. C’è una difficoltà a reclutare nuovo personale stabile, mentre la situazione si aggrava mese dopo mese.
Una delle cause principali della difficoltà nel reclutamento è la perdita di attrattiva del servizio sanitario pubblico italiano. Molti medici scelgono di lasciare l’Italia per trovare condizioni migliori all’estero, dove stipendi più alti e tutele legali più solide garantiscono un ambiente lavorativo meno precario. Altri professionisti si spostano nel settore privato o in enti diversi dal servizio sanitario nazionale. Questo fenomeno colpisce in modo particolare i territori meno serviti, come le periferie e le aree rurali.
Secondo Boschero, la questione delle tutele è centrale. Solo in Italia e in Polonia infatti la responsabilità per colpa grave grava pesantemente sul medico, con rischi legali che scoraggiano chi opera nel pubblico. Questo spiega in parte perché tanti trovano opportunità di lavoro più sicure e remunerative altrove.
Il sistema a gettone ha portato a un’anomalia: invece di colmare un vuoto con personale stabile, ha disegnato una sanità a due velocità. Da un lato ci sono i medici dipendenti, sottoposti a condizioni di lavoro pesanti, turni estenuanti e responsabilità continue. Dall’altro ci sono i medici a gettone, pagati per singoli turni senza obblighi di responsabilità continuativa né vincoli contrattuali simili. Questo squilibrio genera tensioni e un’ingiustizia nelle condizioni lavorative.
Boschero ha sottolineato come questa disparità sia difficile da accettare, anche perché il lavoro spesso si svolge negli stessi reparti. Due colleghi possono percepire compensi e diritti molto diversi, pur facendo turni simili. Questa situazione ha favorito l’abbandono dei concorsi da parte di molti medici, che preferiscono forme di lavoro più vantaggiose o scegliono di non entrare affatto nel pubblico.
Per affrontare la crisi serve un cambiamento profondo nell’organizzazione e nelle regole del servizio sanitario, specie nelle zone periferiche. Secondo la Cisl medici Lazio serve prima di tutto ridistribuire parte delle risorse spese per i gettonisti a favore del personale strutturato, valorizzandolo dal punto di vista economico e professionale. L’obiettivo è garantire a tutti le stesse condizioni di lavoro, diritti e doveri.
L’attenzione deve concentrarsi sulle zone più fragili, dove la carenza di medici è diventata una vera emergenza strutturale. Serve assumere misure capaci di stabilizzare la professione medica e ridare dignità al lavoro nel pubblico. Solo ricostruendo un sistema equo e affidabile sarà possibile evitare che le periferie restino senza assistenza adeguata, mentre la sanità pubblica rischia di frammentarsi ulteriormente.
La partita si gioca su scelte coraggiose e rapide, capaci di restituire equilibrio a un sistema che sta pagando a caro prezzo anni di gestione precaria e frammentata. La Regione Lazio ha avviato un percorso, ma l’impatto resta tutto da verificare nei prossimi mesi.
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