La comunità di Pontinia, insieme a quella di Sabaudia e Terracina, sta vivendo un momento di profonda tristezza per la scomparsa di Mara. La notizia della sua morte ha toccato le persone in modo diretto, coinvolgendo non solo i familiari ma anche autorità civili, religiose e la popolazione locale. Il parroco di Pontinia, padre Giorgio Turriceni, ha voluto esprimere il cordoglio collettivo e riflettere sul significato della vita e della morte attraverso la lente della fede cristiana, offrendo spunti di conforto e di speranza in un momento così difficile.
Le parole di padre Giorgio raccolgono il sentimento di tutta una serie di persone e organizzazioni: dal vescovo ai sacerdoti, dai diaconi ai ministranti, dai rappresentanti civili e militari alle associazioni presenti nel territorio. C’è un’offerta di vicinanza alla famiglia di Mara, in particolare ai genitori, Egle e Roberto, alla sorella Elisa, ma anche a tutti i parenti stretti che stanno affrontando il dolore. Questo momento rivelatore di un lutto collettivo mantiene viva la memoria della donna, ricordata per la sua dedizione e il suo calore umano.
Il parroco sottolinea che, pur nella tristezza, non si deve cedere allo sconforto definitivo. La fede diventa ancora una volta un’ancora, un punto fermo che invita a guardare oltre la morte. Da questa comunità arriva un messaggio forte, perché il lutto non si trasforma in disperazione ma in una testimonianza di vita nuova da vivere e condividere. Il coinvolgimento di tante persone, che hanno manifestato il loro dolore con un nodo alla gola, dimostra quanto Mara fosse apprezzata e quanto la sua perdita si faccia sentire.
Il cero pasquale, posto accanto alla bara, non è un gesto casuale ma un segno carico di significati profondi. Indica luce e speranza in mezzo all’oscurità della morte, una luce che non si spegne ma che continua a risplendere grazie alla resurrezione di Gesù Cristo. Questa tradizione della chiesa serve a incoraggiare chi resta, confermando che la morte non rappresenta la fine definitiva della vita.
Il riferimento del parroco alla resurrezione vuole offrirci una prospettiva di attesa e di conforto. La fede in Gesù risorto diventa infatti la base su cui può fondarsi l’accettazione di una perdita così improvvisa e dolorosa. Il cero, simbolo di questa promessa, invita tutti a ricordare che dietro il lutto si apre uno spiraglio di luce capace di dissipare la paura e la sensazione di abbandono. Questa luce, che riflette un messaggio di speranza, rappresenta anche l’unione di Mara con la fede e con la comunità cristiana che la ricorda.
Mara viene descritta come una donna speciale, capace di trasmettere passione e un approccio professionale al lavoro. La sua presenza solare e accogliente aveva la capacità di coinvolgere anche chi sembrava indifferente. La perdita non lascia solo un vuoto emotivo ma anche un’eredità di atteggiamenti e valori concreti, a partire dal senso di responsabilità che Mara ha mostrato. È proprio questo senso di responsabilità e altruismo a emergere con forza dal ricordo affidato dal parroco.
Questa donna ha anteposto la sicurezza e la salvezza degli altri alla propria, pagando un prezzo estremo per la tutela degli altri. La sua scelta, secondo le parole di mons. Mariano Crociata, vescovo della diocesi, sottolinea l’importanza di prendersi cura delle persone e dei luoghi di lavoro. Nel contesto di un drammatico crollo avvenuto nel ristorante Essenza, Mara ha messo davanti a tutto l’incolumità altrui, diventando così un esempio concreto di dedizione e sacrificio.
Nelle parole del parroco riecheggiano alcuni passi del Vangelo di Marco, in particolare quelli che raccontano le ultime ore di Gesù, il grido di abbandono «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» e la sua dichiarazione di essere «la luce del mondo». La sofferenza vissuta da Mara e dalle persone che l’amavano trova qui una chiave di lettura cristiana: anche nel momento più buio il legame con Dio resta saldo.
Il racconto si sposta poi sull’annuncio della resurrezione rivolto alle donne che si recarono al sepolcro vuoto di Gesù. Quel «Non abbiate paura» e la notizia che Gesù non era più lì, offre uno spunto per vedere la morte come una tappa oltre la quale si apre una vita nuova. Questa speranza accompagna il dolore e dà un senso diverso al lutto, come qualcosa che non spegne la memoria ma la illumina attraverso la fede.
Il parroco chiude il suo messaggio con un invito a non lasciarsi sopraffare dalla tristezza, ma a nutrire la speranza fondata sull’amore di Dio, che supera la morte. Mara rimane nei cuori e nelle azioni di chi l’ha conosciuta e amata. La sua vita e la sua morte sono testimonianza di un impegno che va oltre, toccando aspetti profondi della responsabilità verso gli altri e della fede.
Le comunità di Pontinia, Sabaudia e Terracina continuano a ricordarla con affetto e vicinanza, conservando quella luce che anche le stelle più lontane ritengono preziosa. Lo sguardo di chi conosce Mara è rivolto all’oggi e al futuro, con il ricordo che le persone care non scompaiono mai completamente ma restano una presenza viva nel ricordo e nella speranza della resurrezione.
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