Da un secolo la Leica ha rivoluzionato il campo della fotografia, passando da semplice macchina portatile a strumento cruciale per immortalare eventi storici e momenti di vita intensa. Sviluppata in Germania e usata da grandi maestri, questa fotocamera ha catturato immagini diventate simboli universali di guerre, lotte sociali e trasformazioni culturali.
Le celebrazioni del centenario hanno animato Wetzlar, città natale della Leica, con mostre, eventi e aste che hanno richiamato l’attenzione globale su questo mezzo che ha messo a disposizione dei fotografi un nuovo modo di vedere il mondo da vicino, senza compromessi.
La storia della Leica inizia poco più di cento anni fa, con l’ingegnere Oskar Barnack che mise a punto la prima fotocamera 35mm di serie. Questa macchina, più leggera e maneggevole rispetto ai modelli dell’epoca, fu presentata nel 1925 alla Fiera di Primavera di Lipsia. Prodotta dallo stabilimento Leitz, la Leica decise di puntare su un formato compatto e su una rapidità di scatto che avrebbe cambiato completamente il modo di fare fotografia.
Piccola e pratica, la Leica consentì per la prima volta di catturare immagini in seguito a eventi reali, senza la rigidità che le grandi camere richiedevano. In pochi anni diventò lo strumento preferito da fotoreporter e artisti. Era possibile muoversi agilmente nelle situazioni più difficili e ottenere risultati qualitativamente pregevoli.
Il suo nome nasce dall’unione di “Leitz” e “Camera”, rendendo omaggio al fondatore dell’intera avventura. A Wetzlar, nel corso delle celebrazioni di giugno, sono stati esposti e battuti all’asta alcuni modelli rarissimi, come la Leica serie 0 n.112 del 1923, venduta per oltre 7 milioni di euro.
L’impatto della Leica è stato notevole anche grazie alla sua presenza in grandi città come Milano, New York, Dubai, Shanghai e Tokyo. Qui si sono tenuti eventi che hanno testimoniato il valore culturale di questa macchina e le sue capacità di accompagnare la storia attraverso immagini intense.
La capacità della Leica di muoversi agilmente nelle città ha permesso di cogliere scorci unici e momenti fugaci. La fotocamera è stata il mezzo ideale per esplorare geometrie urbane e le trasformazioni sociali dal vivo.
La Leica non fu solo una novità tecnica, ma capace di mutare la fotografia in un racconto immediato e personale. Consentiva di portare l’occhio del fotografo direttamente dentro la realtà, senza interferenze. Questo permise la nascita di nuove forme espressive adatte a raccontare l’attualità e l’uomo nella sua molteplicità.
Già dagli anni Trenta, alcuni fotografi come Ilse Bing e André Kertész mostrarono che la Leica era più di uno strumento, diventava un’estensione dello sguardo umano. Oltre alla documentazione, questa macchina spingeva a vedere la vita quotidiana, la città e le geometrie urbane con un’attenzione nuova.
L’autorità di Giovanni Fiorentino, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università della Tuscia e presidente della Sisf, aiuta a comprendere questo passaggio. Secondo lui, la Leica ha scardinato la fotografia statica del passato. È diventata capitale per il fotogiornalismo, la fotografia umanista e per quei reportage che hanno segnato il secolo scorso.
Alexander Rodchenko e Lucia Moholy, legati rispettivamente al Costruttivismo russo e alla Bauhaus, sono stati tra i primi a usare la Leica per creare immagini che documentano il pensiero artistico e sociale. Più avanti, Henri Cartier-Bresson e Robert Capa non si separavano dalla loro Leica, realizzando scatti ora iconici che raccontano il cuore del Novecento.
Grazie a maestri come Rodchenko e Moholy, la fotografia è diventata linguaggio di innovazione nelle arti visive, mentre Cartier-Bresson e Capa hanno elevato il reportage a strumento di racconto universale.
Il racconto della Leica passa anche dall’Italia. I fotografi italiani del secondo Novecento, da Gianni Berengo Gardin in avanti, hanno usato questo strumento per documentare la trasformazione sociale del dopoguerra. Attraverso i loro scatti, eventi pubblici e momenti privati si sono trasformati in memoria visiva.
La Leica ha accompagnato reporter e artisti negli anni difficili, diventando testimone silenziosa di grandi svolte storiche. Questa macchina si è ritagliata un posto anche nel fotogiornalismo militante e nelle fotografie umaniste, capaci di andare oltre la cronaca per entrare nell’intimità della storia.
Le celebrazioni a Wetzlar hanno portato in scena tre grandi mostre, attive fino a fine settembre. “The Pleasure of Seeing” all’Ernst Leitz Museum raccoglie le fotografie di Joel Meyerowitz, pioniere del colore. La Leica Galerie ospita “Augenzeuge”, dedicata a Édouard Elias, fotografo documentarista di crisi umanitarie.
Uno spazio particolare è riservato a “These Are the Days”, raccolta di immagini del musicista e fotografo Jamie Cullum, che porta una visione personale e intima legata a questo mezzo che ha segnato un’intera epoca.
In molte città del mondo, proprio come a Wetzlar, si sviluppano eventi e iniziative per raccontare, attraverso la Leica, la storia di un secolo scandito da fotografie che hanno cambiato il modo di vivere e raccontare la realtà.
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