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Processo per depistaggi sul caso stefano cucchi, due carabinieri condannati e un assolto a roma

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Il tribunale monocratico di roma ha emesso la sentenza nei confronti di tre carabinieri coinvolti nel procedimento per depistaggi nelle indagini sul caso stefano cucchi. Tra loro, due militari sono stati condannati per aver dichiarato il falso durante il processo, mentre uno è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. I dettagli di questa vicenda restituiscono un quadro preciso delle accuse e delle decisioni giudiziarie, offrendo una tappa importante nella lunga vicenda cucchi.

Le pene inflitte e le motivazioni del tribunale

Il tribunale ha stabilito pene differenti a seconda delle posizioni e dei gradi di responsabilità ricostruiti durante il processo. Giuseppe Perri ha ricevuto una condanna a 3 anni e 6 mesi; il capitano Prospero Fortunato è stato condannato a 4 anni di reclusione. Le pene riguardano sia la falsità ideologica sia il coinvolgimento nei depistaggi che hanno accompagnato le indagini sull’arresto e il trattamento di stefano cucchi, uomo deceduto dopo il fermo a roma nel 2009.

Nel dispositivo sentenziale si evince la volontà del giudice di punire l’alterazione della verità nei pubblici atti, in particolare quando si tratta di fatti legati a contesti di cronaca giudiziaria tanto delicati da coinvolgere la responsabilità di forze dell’ordine. La condanna riflette la gravità del comportamento di quei pubblici ufficiali che cercarono di deviare le indagini sull’episodio cucchi, rallentando la ricostruzione dei fatti. Dalla sentenza emerge un richiamo all’importanza di garantire trasparenza e onestà nei processi penali.

I carabinieri coinvolti e le accuse a loro carico

I tre carabinieri processati erano chiamati a rispondere di reati legati a depistaggio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Si tratta di Giuseppe Perri, all’epoca maresciallo; Prospero Fortunato, capitano e comandante della sezione infortunistica e polizia giudiziaria del nucleo radio mobile di roma; e Maurizio Bertolino, maresciallo presso la stazione di tor sapienza. Le accuse si riferiscono a dichiarazioni mendaci rese durante le indagini sul pestaggio di stefano cucchi e allo svolgimento successivo del processo. Secondo l’accusa, alcune loro affermazioni avrebbero impedito il corretto svolgimento della verità su quanto avvenuto, ritardando così il riconoscimento delle responsabilità.

I reati contestati variano in base ai ruoli e agli atti attribuiti a ciascuno. Entrambi Perri e Fortunato erano accusati di aver contribuito attivamente ai depistaggi, con dichiarazioni false tese a deviare le indagini. Al maresciallo Bertolino veniva invece contestata la partecipazione a falsità ideologica, contrapposta poi da una decisione giudiziaria diversa che ha portato all’assoluzione, riconoscendo l’assenza del fatto contestato.

La posizione del maresciallo bertolino e la sua assoluzione

Maurizio Bertolino è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il giudice non ha pertanto ritenuto provata la sua responsabilità nei reati contestati, differenziando la sua posizione da quella dei colleghi condannati. Al momento dei fatti, Bertolino era maresciallo presso la stazione di tor sapienza, ma le indagini e le dichiarazioni raccolte non hanno confermato un suo coinvolgimento attivo nei depistaggi o nella falsificazione di atti pubblici.

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Questa assoluzione indica come la giustizia abbia proceduto con attenzione alle differenti posizioni e prove emerse. Non è stata sufficiente la presenza di alcune testimonianze o elementi inquirenti per attribuirgli la stessa colpa degli altri due carabinieri. Il tribunale ha distinto tra vari livelli di responsabilità, lasciando emergere così una versione più definita dei fatti e del comportamento di ognuno.

Il contesto del caso stefano cucchi e i depistaggi nelle indagini

La vicenda stefano cucchi ha segnato molte tappe della cronaca giudiziaria italiana a partire dal 2009. Il giovane, arrestato per droga, morì mentre era in custodia cautelare, e diversi filoni investigativi hanno provato negli anni come siano emerse tentativi di occultamento o deviazione delle responsabilità da parte di alcune autorità. Questo processo rappresenta un passaggio importante per stabilire la verità sulle azioni di quei carabinieri coinvolti nei depistaggi e nelle falsità.

Al centro dell’attenzione rimangono le tensioni tra accertamenti giudiziari e il dovere di trasparenza delle forze dell’ordine. I depistaggi sollevati in quest’ultimo procedimento hanno riguardato dichiarazioni rilasciate da esponenti militari nei momenti chiave delle inchieste e dei processi che hanno cercato di ricostruire la morte di cucchi. La sentenza odierna conferma la presenza di comportamenti illegittimi, certificando una ferita aperta nel rapporto tra istituzioni di sicurezza e giustizia. Restano aperti altri filoni giudiziari che seguono questa vicenda ancora sotto osservazione.

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