Un sequestro di beni per un valore di circa cinque milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia di Stato a carico di Salvatore Giordano Pacilio, imprenditore 56enne operante nel settore delle onoranze funebri. L’uomo, con precedenti penali, è considerato vicino al clan camorristico dei Crimaldi di Acerra. Il provvedimento mira a sottrarre patrimoni accumulati illecitamente e rafforza l’impegno delle forze dell’ordine contro la criminalità organizzata nella provincia di Napoli.
Il Tribunale di Napoli, su richiesta del questore di Napoli, ha emesso un decreto di sequestro finalizzato alla confisca nei confronti di Pacilio. L’atto nasce da approfondite indagini della Divisione Polizia Anticrimine della Questura partenopea, che hanno delineato la pericolosità sociale dell’imprenditore. Salvatore Giordano Pacilio è stato condannato in via definitiva per una serie di reati aggravati secondo la normativa antimafia. Tra le accuse figurano ricettazione, incendio, detenzione illegale di armi, bancarotta fraudolenta e lesioni personali.
Molte di queste condanne sono strettamente legate all’attività del clan Crimaldi, che esercita influenza criminale ad Acerra, nell’area a nord di Napoli. La legge prevede misure preventive per impedire che soggetti con precedenti così gravi possano continuare a godere di profitti derivanti da attività illecite. Il provvedimento emesso mira quindi a colpire il cuore economico legato all’organizzazione criminale e ai suoi affiliati.
Il patrimonio confiscato copre un’ampia gamma di beni immobili e mobili riconducibili all’imprenditore Pacilio. Diverse proprietà immobiliari nel territorio del comune di Acerra sono finite sotto il controllo dello Stato. Ai beni immobili si aggiunge l’intero compendio aziendale di varie società che operano nel campo delle onoranze funebri, con sedi strategiche ad Acerra e a Santa Maria Capua Vetere.
Oltre agli immobili e alle aziende, sono stati sequestrati anche numerosi veicoli usati per attività d’impresa, nonché rapporti finanziari collegati all’imprenditore. La particolarità del caso risiede nel fatto che molti di questi beni risultavano formalmente intestati a terzi. Le indagini però hanno dimostrato che la gestione effettiva e il controllo erano direttamente nelle mani di Pacilio, diventando così il reale beneficiario.
L’operazione rientra in un più ampio dispositivo della Questura di Napoli per combattere la criminalità organizzata. Le forze dell’ordine si sono concentrate non solo sul fronte repressivo, ovvero arresti e indagini penali, ma anche nella sottrazione dei capitali generati dalle attività illegali. Questo tipo di intervento ha lo scopo di indebolire l’apparato socio-economico dei clan camorristici.
La confisca di beni come immobili, aziende e somme di denaro impedisce a soggetti come Pacilio di reinvestire in attività di copertura o di godere dei frutti delle loro azioni criminali. Inoltre, la restituzione di questi beni allo Stato rappresenta una risposta concreta allo sfruttamento dei territori da parte della camorra. L’azione giudiziaria testimonia l’impegno costante nel togliere risorse ai clan, limitando la loro capacità di controllo su intere comunità e mercati.
Con questa misura, la polizia traccia un solco ben definito tra legalità e illegalità, ostacolando la possibilità che patrimoni illeciti possano ancora circolare con l’apparenza di legittimità. L’attenzione delle autorità resta alta sul comune di Acerra e le aree limitrofe, dove i gruppi criminali continuano a cercare spazi per consolidare la loro influenza economica e sociale.
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