Lo spettacolo dal vivo in italia attraversa una fase critica, preoccupando sette regioni a causa di scelte ministeriali recenti. Queste decisioni rischiano di modificare in modo significativo i criteri di assegnazione dei fondi pubblici destinati alla cultura, con effetti che potrebbero penalizzare in particolare progetti innovativi e territoriali. Le istituzioni regionali hanno espresso le loro riserve sollevando dubbi su trasparenza e pluralismo, elementi chiave per un sistema culturale vivace e inclusivo.
Le nuove regole e il decreto ministeriale n. 463
A fine dicembre 2024, il ministero della Cultura ha introdotto il decreto ministeriale n. 463, che cambia profondamente le regole per la distribuzione dei contributi del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo. Il nuovo regolamento elimina parametri come l’innovazione, il rischio culturale e la dimensione internazionale, elementi prima considerati essenziali per valutare le proposte culturali. Al loro posto si sono imposte logiche legate maggiormente ai numeri: biglietti venduti e ricavi prodotti diventano così il fulcro della valutazione.
Il rischio per il sostegno ai progetti sperimentali
Questo cambio di rotta ha fatto emergere una trasformazione del Fondo, che rischia di perdere la sua natura pubblica e di sostegno a progetti eterogenei e sperimentali. La preferenza verso modelli più commerciali sembra prediligere strutture già consolidate e orientate al guadagno diretto, mettendo in ombra realtà più piccole e radicate nel territorio. Le regioni coinvolte sottolineano come proprio queste realtà rappresentino la linfa della vitalità culturale, soprattutto in contesti territoriali periferici o maggiormente fragili.
L’impatto sul panorama culturale locale
Le conseguenze delle nuove modalità di assegnazione dei fondi sono sotto gli occhi di chi opera nel settore. Molte compagnie teatrali, festival e centri di produzione con caratteristiche innovative, sociali o inclusive si trovano escluse o con budget pesantemente ridotti. Il criterio improntato sui ricavi non tiene conto del valore sociale o culturale di molte iniziative, limitando la sopravvivenza di chi lavora con una missione culturale più ampia.
Il divario tra grandi istituzioni e realtà locali
Questi cambiamenti rischiano di accentuare il divario tra grandi istituzioni consolidate, ben radicate nei centri urbani, e quelle realtà agili ma fondamentali per pianure, aree interne o piccoli centri. Il sostegno alle iniziative culturali nel territorio si indebolisce, portando a un progressivo impoverimento dell’offerta artistica e a una minore coesione sociale nelle comunità . In molte zone, lo spettacolo dal vivo rappresenta un presidio culturale e un’occasione di partecipazione collettiva. Con il ridimensionamento di tali attività , i territori perdono un importante punto di riferimento.
Le richieste delle sette regioni
Davanti a questa situazione, gli assessori alla Cultura di campania, emilia-romagna, puglia, toscana, sardegna, umbria e valle d’aosta hanno lanciato un appello preciso. Chiedono l’azzeramento e la riformulazione delle commissioni che attualmente valutano teatro e progetti multidisciplinari. Secondo loro, queste commissioni dovrebbero contenere un equilibrio migliore tra competenze tecniche e rappresentanza istituzionale, in modo da garantire giudizi più equilibrati e condivisi.
Un tavolo di confronto con il ministero
Le istanze di riconsiderazione dei finanziamenti già erogati devono essere affrontate con maggiore attenzione e trasparenza, in modo da non lasciare all’oscuro i soggetti coinvolti. Le regioni propongono anche di aprire un tavolo di confronto con il ministero della Cultura per ridefinire i parametri che regolano l’assegnazione dei fondi, includendo nuovamente fattori legati all’innovazione culturale e al valore sociale delle iniziative.
Molti operatori culturali attendono un dialogo chiaro che riporti equità e riconoscimento al sistema dello spettacolo dal vivo, fondamentale per mantenere vive le comunità e la ricchezza culturale dell’intero paese nel 2025.