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Una mostra fotograafica a palazzo ricca racconta la passione amatoriale nella fotografia italiana del novecento

Un evento culturale si prepara a prendere vita a napoli con l’apertura, il 2 luglio alle 18, di una mostra dedicata alla fotografia amatoriale italiana del novecento. La rassegna si svolgerà a palazzo ricca, la sede della fondazione banco di napoli, e raccoglie una selezione di 102 fotografie dalla collezione di rita e riccardo marone. Curata da angela madisani e carla viparelli, la mostra indaga uno dei fenomeni più interessanti del panorama fotografico italiano, quello della fotografia praticata “per diletto”, al di fuori di un contesto professionale.

Il valore della fotografia amatoriale in italia

La mostra mette in luce un aspetto spesso sottovalutato della storia della fotografia italiana. Nel corso del novecento, soprattutto nella prima metà del secolo e nel secondo dopoguerra, diversi gruppi di appassionati diedero vita a sperimentazioni che ampliarono i confini della fotografia oltre la semplice documentazione. Gruppi come la società cisalpina, la bussola e l’associazione fotografica misa si distinsero per un approccio innovativo, proponendo la fotografia come forma di espressione artistica autonoma. Ogni gruppo sviluppò un proprio linguaggio e una propria estetica, contribuendo a creare una nuova sensibilità visiva.

Circoli e passioni al di fuori del commercio

Questi circoli e associazioni riunivano appassionati legati da comuni interessi, che erano tuttavia estranei all’industria fotografica tradizionale. Le loro foto non avevano scopi commerciali diretti, ma riflettevano piuttosto un desiderio di sperimentare e comunicare visioni personali. Questa ricerca, spesso di carattere tecnico ma anche culturale, gettò le basi per un riconoscimento più ampio della fotografia come arte autonoma nel contesto italiano.

Diletto: un termine dal significato spesso frainteso

Riccardo Marone ha voluto ribaltare l’idea comune legata alla parola “dilettante”, oggi spesso associata a mancanza di professionalità o superficialità. Nel suo intervento spiega che il termine, secondo il vocabolario treccani, indica piuttosto chi coltiva un’arte o una disciplina per puro piacere, senza fini di lucro o ambizioni professionali. Proprio questa dimensione libera e voluta dal piacere personale ha caratterizzato il lavoro dei fotografi presenti in mostra.

I curatori hanno organizzato il catalogo dei fotografi secondo le loro professioni principali, che spaziano dall’avvocatura al commercio, dall’ingegneria all’imprenditoria. Questa doppia vita ha permesso loro di ritagliare il proprio “tempo migliore” da dedicare alla passione per la fotografia, senza l’assillo di dover ottenere compensi economici dalla loro arte. Questa libertà ha formato un terreno fertile per la sperimentazione tecnica e stilistica, portando avanti progetti che arricchiscono la memoria visiva e culturale del paese.

La collezione marone e la fondazione banco di napoli

La mostra non è la prima che ospita la collezione di rita e riccardo marone alla fondazione banco di napoli, ma si presenta con un taglio tematico differente rispetto agli eventi precedenti. Mentre prima l’attenzione era rivolta a immagini legate al mare, questa volta l’esposizione si sviluppa nel cortile di palazzo ricca e si concentra sul racconto della fotografia amatoriale. I materiali sono stati riordinati partendo dall’archivio storico del banco di napoli, dove erano conservate decine di faldoni contenenti queste fotografie, considerate all’origine parte di un patrimonio molto vasto e in gran parte inesplorato.

Orazio Abbamonte, presidente della fondazione banco di napoli, ha sottolineato come la mostra risponda alla missione dell’ente, che punta a dare voce ad autori spesso lontani dalle correnti più celebrate o dal grande pubblico. Questa scelta permette di valorizzare contributi artistici e culturali poco noti, pur caratterizzati da una qualità visibile e da spunti originali, inquadrati in un contesto storico preciso.

Autori, sperimentazione e intreccio tra arte e società

Tra i fotografi in mostra, emerge la presenza di nomi come giacomelli e davolio marani, capaci di ottenere un buon rilievo, ma soprattutto si trovano figure meno conosciute che propongono una pluralità di sguardi capaci di restituire un affresco ricco di dettagli storici e sociali. Carla Viparelli richiama un testo di giuseppe turroni del 1959, che evidenziava come, dagli anni trenta fino alla fine degli anni cinquanta, la fotografia più rilevante in italia fosse frutto del lavoro di amatori. Questi avevano altre professioni principali ma si dedicavano con impegno e dedizione al mezzo fotografico.

Il paragone centrale della vita

La mostra raccoglie proprio questa schiera di persone che non vissero di fotografia ma ne fecero un paragone centrale della loro vita, proprio perché libera da esigenze commerciali. Questo percorso ha dato vita a un linguaggio fotografico che ha anticipato molti sviluppi futuri e definito un posizionamento specifico della fotografia italiana nell’ambito internazionale.

Il tempo migliore: fotografie come espressione di dedizione e passione

Angela Madisani mette in risalto come in quel periodo storico la fotografia più interessante venisse dalla sperimentazione condotta da persone che avevano scelto di non affidarsi alla fotografia come job principale. L’esposizione mette dunque in scena proprio quel periodo in cui la fotografia si componeva di questo “tempo migliore” dedicato a un’attività che non era lavoro ma scelta di vita e ricerca personale.

Gli scatti raccolti raccontano uno spaccato di storia culturale e sociale dove la libertà creativa è prevalsa sulle esigenze di mercato, sulla fretta della vendita o sull’adattamento a mode effimere. Questi autori hanno rimodellato il concetto di immagine fotografica, facendo della fotografia un’esperienza complessa in cui si intreccia passione, tecnica e riflessione.

Paolo Ludovichi

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