In piazza Dante a Napoli, una scena silenziosa richiama l’attenzione sulla sorte di oltre duecento giornalisti morti durante gli ultimi scontri nella Striscia di Gaza. Sagome bianche tracciate a terra formano un memoriale improvvisato, nato dalla rete Free Assange per ricordare chi ha perso la vita mentre cercava di raccontare la verità. L’evento si è svolto in concomitanza con l’anniversario della liberazione di Julian Assange, il fondatore australiano di WikiLeaks, simbolo della libertà di stampa in tempi sempre più difficili.
Free assange e il flash mob contro la censura e la violenza sugli operatori dell’informazione
Il gruppo Free Assange ha scelto piazza Dante per mettere in scena un flash mob dai toni pacati ma intensi. Le sagome bianche sui mattoni della piazza rappresentano ognuno dei giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza durante l’offensiva israeliana, che ha colpito spesso redazioni e operatori sul campo. Una scelta simbolica che punta a denunciare la difficoltà e il pericolo di chi si impegna a documentare conflitti e tragedie. Gli attivisti hanno spiegato che molte di queste persone non hanno potuto continuare a raccontare storie o a denunciare soprusi, perché imprigionate o vittime di violenze dirette.
Questa iniziativa vuole porre l’accento su un fenomeno troppo spesso ignorato: gli attacchi mirati contro giornalisti in zone di guerra. Secondo Free Assange, la libertà di stampa non è un diritto garantito ovunque, anzi, è costantemente minacciata. Il gruppo ha preparato anche cartelli con nomi e date di morte dei giornalisti, per dare loro un’identità e restituire un senso di memoria collettiva. Questi dati, messi alla portata del pubblico, creano un quadro chiaro e inquietante del prezzo pagato da chi si espone per informare.
La tragedia dei giornalisti a gaza: tra bombe e silenzi forzati
Il contesto in cui si sono verificati questi decessi è particolarmente drammatico. Nella Striscia di Gaza, gli scontri tra Israele e gruppi armati palestinesi hanno portato a una serie di bombardamenti che hanno colpito aree civili e, spesso, redazioni giornalistiche. Molti cronisti si trovavano proprio nei luoghi dove cercavano di documentare eventi quotidiani destinati a essere oscurati dal conflitto. Questo li ha resi bersagli involontari ma anche diretti.
Gli attivisti di Free Assange sottolineano come questi attentati non siano casuali. Spesso, infatti, i giornalisti sono stati oggetto di operazioni militari mirate. Il bombardamento delle postazioni di lavoro e la repressione di cronisti sul posto impediscono al mondo di avere notizie vere o complete. I giornalisti morti nei mesi scorsi hanno così pagato con la vita la volontà di testimoniare una realtà difficile e complessa. Questa situazione crea una pressione enorme nel mantenere viva l’informazione, soprattutto quando è in gioco la sicurezza personale.
La ricorrenza scelta per questa mobilitazione, l’anniversario della liberazione di Julian Assange, assume un significato particolare. Il giornalista australiano ha rappresentato per anni la lotta per la trasparenza e contro la censura. Liberarlo ha acceso di nuovo i riflettori sul valore della libertà di espressione e sui rischi che comporta. La morte di questi giornalisti a Gaza si inserisce proprio in questo quadro più ampio di repressione e difficoltà crescenti per chi racconta il mondo da luoghi di conflitto.
Memoria e responsabilità collettiva nei confronti dei giornalisti uccisi
Non si tratta solo di ricordare le persone scomparse, ma di capire quanto sia urgente riconoscere il ruolo della stampa nel difendere i diritti fondamentali. Free Assange spinge a tenere viva la memoria di chi ha perso la vita per informare come un dovere morale. Nel flash mob, ogni sagoma bianca a terra è stata affiancata da un cartello con il nome del giornalista e la data della sua morte, per far emergere volti e storie spesso dimenticate. La piazza si è così trasformata in un luogo di testimonianza e di richiamo all’attenzione pubblica.
Questa iniziativa vuole spronare la responsabilità collettiva di chiedere verità e giustizia per chi non c’è più. Gli attacchi contro i giornalisti sono anche un attacco contro la libertà di pensiero e di parola, diritti che restano fondamentali in ogni società democratica. In un momento storico in cui i conflitti si moltiplicano e i mezzi d’informazione sono sotto pressione, andare oltre il silenzio e la censura diventa particolarmente urgente.
Napoli, con piazza Dante, ha accolto questo messaggio con attenzione. La mobilitazione pubblica vuole ricordare che dietro ogni nome c’è stato un impegno profondo a raccontare storie vere. La città diventa così un teatro in cui storie lontane, come quelle dei giornalisti a Gaza, arrivano a scuotere la coscienza collettiva. L’evento non vuole fermarsi a una commemorazione simbolica, ma vuole far riflettere sul prezzo pagato per il diritto di informare.