L’intervento di Daron Acemoglu, premio nobel per l’economia e docente al Mit di Boston, all’Oscar Pomilio Blumm forum a Pescara ha acceso il dibattito sulla necessità di una rivisitazione del liberalismo. Nel contesto degli attuali cambiamenti geopolitici e sociali, il professore evidenzia le crisi che investono le idee liberali tradizionali e la loro insufficienza nell’affrontare le sfide post-industriali e tecnologiche.
La crisi del liberalismo tra successi passati e sfide attuali
Daron Acemoglu ha spiegato che, malgrado il liberalismo abbia ottenuto risultati importanti nel corso della storia, è oggi a un punto critico. Secondo il professore del Mit, le istituzioni e le filosofie liberali faticano a rispondere alle nuove esigenze sociali e politiche. In particolare, molti ambienti antiliberali stanno guadagnando ampio consenso sia tra le popolazioni sia in ambiti intellettuali, creando tensioni che mettono in discussione il sistema attuale.
L’economista ha sottolineato che non basterà tornare alle vecchie idee liberali per uscire da questa situazione. Queste, infatti, hanno contribuito in parte a portare la società alla condizione attuale di crisi. Gli squilibri sociali crescenti e le difficoltà nel mantenere una prosperità diffusa sono segnali chiari di una trasformazione in corso che il liberalismo tradizionale non riesce più a dominare.
Prospettive di crisi e trasformazione
L’evoluzione sociale e politica mette in evidenza come il liberalismo debba affrontare una revisione profonda per mantenere rilevanza in un mondo che cambia rapidamente.
Transizione dall’economia industriale a quella post-industriale e le sue conseguenze
Un punto chiave dell’intervento riguarda il passaggio da un’economia prevalentemente industriale a una post-industriale, caratterizzata da una forte automazione. Acemoglu ha messo in luce come questo cambiamento abbia spezzato il legame tra aumento della produttività e benessere diffuso per la popolazione. Con la crescita della tecnologia, infatti, solo una parte della società trae vantaggi, mentre aumentano le disuguaglianze.
Il professore ha ricordato che la politica, nel periodo post-industriale, ha creato una spaccatura netta tra cittadini più istruiti e quelli meno preparati. Questo divario sociale rappresenta una delle maggiori fonti di malcontento e di sfiducia nelle istituzioni liberali. La crescente distanza tra gruppi sociali mette sotto pressione la coesione e la fiducia nel progresso, elementi fondamentali per stabilità e crescita.
La necessità di un liberalismo più inclusivo e partecipativo
Per Daron Acemoglu, il futuro del liberalismo deve passare da una ridefinizione netta del concetto di comunità. Il liberalismo, ha detto, deve abbracciare una visione che contempli diverse comunità, con valori distinti, riconoscendo la pluralità presente nelle società moderne. L’obiettivo sarebbe costruire una politica capace di coinvolgere maggiormente i cittadini, rendendola più inclusiva e partecipativa.
Questa direzione consentirebbe di recuperare la fiducia di gruppi sociali oggi disillusi, portando a un rinnovato senso di appartenenza e di partecipazione democratica. Il professore crede che una maggiore attenzione alle dinamiche sociali e culturali diverse può rilanciare un liberalismo in grado di affrontare le sfide del presente.
Pluralità e politica
Il rilancio del sistema liberale passa attraverso un approccio che valorizzi la diversità e l’inclusione, elementi oggi spesso trascurati.
L’intelligenza artificiale deve sostenere il lavoro
Infine, Acemoglu si è soffermato sul ruolo chiave dell’intelligenza artificiale nel disegno futuro dell’economia e del lavoro. Ha indicato che questa tecnologia dovrebbe orientarsi verso il potenziamento delle capacità dei lavoratori, diventando cioè “pro-lavoro”. L’idea è sviluppare strumenti che amplifichino le competenze personali, evitando di sostituire completamente il lavoro umano.
Questa prospettiva potrebbe attenuare gli effetti negativi dell’automazione, favorendo una presenza più ampia del benessere condiviso. Il premio nobel invita a ripensare il rapporto tra tecnologia e lavoro, con un approccio che tuteli e valorizzi la componente umana, senza rinunciare al progresso tecnologico.