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Angioplastica coronarica complessa eseguita con successo su paziente anziano con endoprotesi aortica a pescara

Un uomo di 86 anni con gravi problemi cardiaci, inclusa una precedente endoprotesi aortica, ha subito un intervento di angioplastica coronarica particolarmente complesso all’ospedale Santo Spirito di Pescara. Questo tipo di procedura, rischiosa e difficile, è riuscita proprio grazie all’impiego di un supporto meccanico al cuore e alla stretta collaborazione tra cardiologi e chirurghi vascolari. Il caso hanno messo in luce l’importanza della preparazione e dell’innovazione nelle terapie cardiache per pazienti fragili e con anatomie complicate.

Condizioni cliniche e difficoltà anatomiche del paziente

Il paziente si presentava con angina instabile e una ridotta funzione del ventricolo sinistro, una situazione delicata che richiedeva un intervento urgente. La presenza di una endoprotesi aortica inserita in passato rendeva però l’accesso alle arterie particolarmente complicato. In aggiunta, l’aorta addominale mostrava una tortuosità grave, che aveva escluso l’uso delle vie tradizionali per l’angioplastica, in particolare il passaggio transfemorale.

Le analisi immagini avevano evidenziato inoltre lesioni calcaree molto severe su vasi coronarici cruciali, responsabili del flusso sanguigno principale al cuore. Questo quadro anatomico elevava i rischi chirurgici e rendeva praticamente impossibile un intervento standard a cuore aperto, data anche l’età avanzata e le condizioni generali del paziente.

Per queste ragioni il team medico ha escluso subito l’opzione cardiochirurgica tradizionale. Era dunque necessario ideare un percorso alternativo ma altrettanto efficace, capace di stabilizzare il cuore e permettere l’angioplastica pur con tutte le limitazioni anatomiche.

Il ruolo del supporto ventricolare e la collaborazione multidisciplinare

Il successo della procedura è stato garantito dall’utilizzo di un dispositivo per l’assistenza ventricolare sinistra a flusso continuo. Questo strumento ha tenuto stabile la pressione e la funzione cardiaca mentre i medici eseguivano l’angioplastica, evitando crisi emodinamiche durante un intervento di un’ora abbondante e di grande complessità.

Un altro elemento decisivo è stato il lavoro coordinato tra l’unità di terapia intensiva cardiologica e la chirurgia vascolare. Il chirurgo Antonio Antico, insieme ai cardiologi diretti da Massimo Di Marco e al loro team, ha preparato l’accesso vascolare da usare durante l’operazione. Questo passaggio era fondamentale per riuscire a inserire il supporto meccanico e procedere poi alla dilatazione dei vasi coronarici.

La preparazione del sito vascolare con tecniche chirurgiche ha permesso di superare le difficoltà anatomiche derivanti dalla tortuosità dell’aorta. Durante le fasi più delicate, la presenza diretta del chirurgo vascolare ha consentito di gestire il posizionamento del dispositivo in sicurezza, una fase rischiosa che richiedeva precisione assoluta.

Il risultato è stato una procedura più sicura rispetto all’intervento tradizionale, ma anche scalabile a pazienti con condizioni simili che non trovano alternative adeguate in cardiochirurgia.

Dettagli dell’intervento e decorso post operatorio

L’angioplastica è stata realizzata con tecniche avanzate sul tronco comune della coronaria sinistra, una zona del cuore a rischio elevato perché irrorata da uno dei principali vasi. Grazie al supporto meccanico e alla buona preparazione logistica, l’operazione si è conclusa senza problemi maggiori.

Il paziente è stato staccato dal sistema di assistenza nel giro di poche ore dopo l’intervento. Appena stabilizzato, è stato trasferito in terapia intensiva cardiologica, dove è rimasto sotto controllo per alcuni giorni. Dopo una settimana si è registrato un netto miglioramento delle condizioni generali e del quadro cardiologico.

La dimissione è avvenuta quindi in tempi brevi tenendo conto della complessità iniziale del caso. Seguire un percorso percutaneo ha consentito di evitare i rischi più alti legati a un intervento a cuore aperto in un ottantenne fragile.

Il caso si presta così a essere un esempio concreto di come procedure complesse possano essere affrontate con successo anche in situazioni cliniche estreme, purché si disponga di tecnologie adatte e di un’équipe esperta.

Significato medico del caso e riflessioni sul futuro

Il caso del paziente di Pescara dimostra la crescente possibilità di trattare malattie coronariche anche in pazienti molto anziani, con comorbilità e anatomie ostiche. L’abbinamento tra dispositivi di assistenza ventricolare e strategie percutanee offre una chance concreta in situazioni che fino a pochi anni fa venivano considerate non gestibili.

I medici coinvolti hanno sottolineato come la cooperazione tra specialisti di discipline diverse rappresenti una risorsa indispensabile nel trattamento di casi ad alto rischio. La gestione condivisa del percorso, nessuna improvvisazione ma un piano calibrato su ogni dettaglio, ha fatto la differenza.

Il successo del trattamento evidenzia inoltre l’importanza di aggiornare continuamente le tecniche e di adottare nuove tecnologie che ampliano l’offerta terapeutica disponibile. Nei prossimi anni si prevedono progressi ulteriori nel campo dei supporti meccanici e delle procedure interventistiche, permettendo a sempre più persone di accedere a cure efficaci e meno invasive.

Il caso raccontato a Pescara rappresenta un tassello significativo nel percorso di cura dei pazienti cardiopatici complessi, suggerendo nuove vie di intervento e confermando che anche pazienti fragili hanno chance concrete, se specializzati e correttamente assistiti.

Monica Ghilocci

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