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Cinque smartphone e un lettore mp3 sequestrati nel carcere di secondigliano a napoli durante controlli di sicurezza

Nel carcere di Secondigliano, Napoli, la polizia penitenziaria ha scoperto e confiscato cinque smartphone e un lettore mp3 all’interno di uno dei reparti ad alta sicurezza. Questo intervento rientra in una serie di controlli volti a contrastare l’uso illegale di dispositivi elettronici da parte dei detenuti, secondo quanto reso noto dall’Uspp, sindacato di categoria.

Intervento della polizia penitenziaria e scoperta dei dispositivi vietati

La scoperta è avvenuta nel corso di una verifica nei reparti ad alta sicurezza del carcere di Secondigliano, dove gli agenti hanno trovato cinque telefoni cellulari e un lettore mp3 nascosti. Il possesso di questi strumenti è vietato in molti istituti penitenziari per evitare comunicazioni non autorizzate con l’esterno, che possono facilitare attività illecite. La polizia penitenziaria ha agito con attenzione per evitare rischi e mantenere il controllo in un contesto delicato come quello detentivo. Il sequestro rappresenta una conferma del continuo impegno degli agenti nel prevenire la diffusione di telefonia abusiva all’interno del penitenziario.

Richieste di un equipaggiamento tecnologico più moderno

Il presidente Giuseppe Moretti e il segretario regionale Ciro Auricchio dell’Uspp hanno commentato l’episodio evidenziando la necessità di dotare la polizia penitenziaria di apparecchiature tecnologiche più moderne. Hanno ribadito la domanda di strumenti come gli inibitori di segnale, detti jammer, che impediscono alle utenze mobili di collegarsi alle reti telefoniche durante la detenzione. Secondo il sindacato, attrezzature del genere potrebbero ostacolare la capacità delle organizzazioni criminali di comunicare con l’esterno attraverso smartphone ottenuti illegalmente, migliorando così la sicurezza negli istituti. “La polizia penitenziaria svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione, ottenendo successi nonostante la carenza di risorse tecnologiche,” hanno sottolineato Moretti e Auricchio.

La situazione del personale e le difficoltà nel carcere di secondigliano

Secondigliano, uno dei più grandi penitenziari del sud Italia, soffre da tempo di una carenza di agenti di polizia penitenziaria. Questa mancanza di personale mette a dura prova la gestione quotidiana della sicurezza e dell’ordine all’interno del carcere. Gli agenti in servizio riescono a mantenere il controllo anche in reparti ad alta sicurezza, ma lo fanno a fronte di sacrifici significativi, sia dal punto di vista fisico che organizzativo. Il sindacato ha portato l’attenzione sulle difficoltà operative causate dal deficit di organico e ha chiesto un aumento delle forze per garantire condizioni di lavoro più sostenibili agli agenti e una maggiore tutela per l’intero istituto. La situazione di Secondigliano rappresenta un caso emblematico per molte carceri italiane dove la pressione sugli agenti si fa sentire ogni giorno.

Problemi con i dispositivi elettronici vietati nelle carceri italiane

L’uso di smartphone all’interno delle carceri non è solo un problema isolato di Secondigliano ma riguarda molte strutture penitenziarie italiane. Questi dispositivi permettono ai detenuti di aggirare il controllo dell’istituto e di mantenere i contatti con ambienti criminali esterni, potenzialmente alimentando traffici illegali e minacciando la sicurezza interna. La polizia penitenziaria cerca di contrastare questo fenomeno con controlli mirati, sequestri e misure preventive. Tuttavia, l’assenza di strumenti elettronici antibanda limita l’efficacia degli interventi. A tale scopo, la proposta di installare jammer sarebbe un passo importante, ma allo stato attuale queste apparecchiature sono poco diffuse negli istituti, soprattutto nel sud del Paese. Questo lascia spazio all’uso clandestino della telefonia illecita e rende complicata la lotta contro la criminalità organizzata presente dietro le sbarre.

Gli episodi come quello di Secondigliano aprono un confronto sulla necessità di rafforzare i controlli e aggiornare i mezzi a disposizione delle forze dell’ordine in carcere, per evitare che la comunicazione vietata continui a mettere a rischio la sicurezza interna e l’ordine pubblico fuori dalle mura degli istituti penitenziari.

Monica Ghilocci

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