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Condanna a sette anni per ex aiuto capo scout accusato di violenze e pedopornografia su minori a terracina

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Il tribunale di Roma ha inflitto una pena di sette anni a Simone Di Pinto, ex aiuto capo del gruppo scout Agesci Terracina 3, ritenuto responsabile di gravi reati a sfondo sessuale e pedopornografico. La sentenza, pronunciata il giorno 11 luglio, ha concluso un processo che ha visto coinvolte numerose famiglie delle vittime e associazioni impegnate nella tutela dei minori. Di Pinto è stato anche condannato a pagare una multa di 26mila euro e a subire l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e da attività lavorative con minori, oltre a un anno di misura di sicurezza dopo la detenzione.

La sentenza del gip di roma e le accuse contro simone di pinto

Il giudice per le indagini preliminari Angela Gerardi ha firmato la condanna a carico di Di Pinto al termine di un’udienza che si è svolta il giorno 11 luglio presso il tribunale di Roma. L’imputato era sottoposto al regime di arresti domiciliari ma con l’autorizzazione a frequentare l’università a Latina. Per Di Pinto è stato scelto il rito abbreviato, che ha permesso di evitare un processo ordinario ma ha previsto il deposito di una consulenza psicologica di parte.

Il tribunale ha riconosciuto la responsabilità dell’ex capo scout per reati gravi: detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, violenza sessuale su un bambino di appena dieci anni, stalking e tentativo di estorsione nei confronti di un minorenne. In particolare, sono stati trovati 292 video di contenuto pedopornografico nella sua disponibilità. Il pubblico ministero Bonfanti aveva richiesto una pena più severa, pari a otto anni di reclusione.

Lo sfruttamento del ruolo scout e la difesa delle famiglie delle vittime

Secondo l’accusa, Di Pinto avrebbe approfittato della sua posizione all’interno del gruppo scout Agesci Terracina 3 per instaurare un rapporto di fiducia con le famiglie e con i minori. Tale circostanza gli avrebbe permesso di mettere in atto condotte definite come «predatorie». Le famiglie coinvolte si sono costituite parte civile insieme a organizzazioni che operano nella tutela dei bambini e degli adolescenti.

Il Garante dell’Infanzia e Adolescenza della Regione Lazio, il gruppo scout Agesci Terracina 3 e l’associazione Rete L’Abuso hanno seguito da vicino il procedimento. Per ogni nucleo familiare è stato disposto un risarcimento di 5mila euro; per ciascuna associazione parte civile 2mila euro. Le spese legali saranno a carico della difesa secondo quanto stabilito dal giudice. L’avvocato Pasquale Lattari ha rappresentato l’intero collegio degli assistiti.

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Reazioni delle famiglie e dell’autorità garante dei minori

Le famiglie delle vittime non hanno mostrato segni di sollievo per la condanna, ma hanno riconosciuto che la sentenza impedisce al responsabile di proseguire con azioni simili. Nessuno dei familiari ha accettato offerte risarcitorie dall’imputato, ritenute insufficienti in assenza di reali segnali di responsabilità. L’avvocato che assiste le parti civili ha sottolineato come la tutela delle vittime resti prioritaria nel cammino giudiziario.

Monica Sansoni, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Lazio, ha espresso soddisfazione per la rapidità con cui il Centro antiviolenza per minori ha lavorato fianco a fianco con la Polizia Postale e le autorità giudiziarie per fermare l’attività criminale. Sansoni ha denunciato anche un atteggiamento ostile da parte della difesa, che aveva invitato a non immischiarsi negli affari giudiziari, segno dell’importanza di continuare la vigilanza sulla protezione dei più giovani.

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