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I massi di Stonehenge furono collocati dagli uomini e non trasportati dai ghiacciai, conferma uno studio

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Il mistero che avvolge Stonehenge, il celebre sito neolitico nel Wiltshire, trova nuove risposte grazie a una ricerca di Aberystwyth University. Il dibattito sull’origine e il trasporto dei grandi massi che formano il cromlech si sposta da ipotesi naturali a prove concrete di un intervento umano. Questo studio scientifico si propone di dissipare dubbi che perdurano da decenni, concentrandosi sull’analisi di uno dei megaliti più antichi e il suo luogo di provenienza nel Galles.

La posizione unica dei massi e l’origine geografica dei megaliti

Stonehenge si compone di massi del neolitico disposti in cerchio, una struttura che ha attratto curiosi e studiosi per migliaia di anni. Questi massi provengono da diverse zone dell’isola britannica. In particolare, un masso di basalto blu, noto come “masso Newall”, proviene dalla contea del Pembrokeshire, nel Galles, situata a circa 225 chilometri da Stonehenge. Tale distanza ha sollevato interrogativi su come questi pesanti megaliti siano stati trasportati.

I geologi e archeologi hanno diviso le opinioni tra chi ritiene che gli uomini, con tecniche ancora poco chiare, avessero spostato questi massi e chi invece ipotizzava un fenomeno naturale, come il trascinamento dei blocchi attraverso i movimenti dei ghiacci durante l’era glaciale. Il fatto che alcuni massi non appartengano a formazioni rocciose vicine al luogo del sito spinse a ipotizzare che Ice Age possa aver agito trasportandoli.

Questa originaria incertezza poneva una questione non da poco, perché avrebbe modificato la nostra comprensione del livello tecnico e culturale raggiunto dalle popolazioni preistoriche.

L’indagine dell’università di aberystwyth sul masso newall

Il gruppo di ricerca gallese ha concentrato l’attenzione sul masso Newall emerso dagli scavi del 1924, ritenuto uno dei più antichi del complesso. I ricercatori hanno confrontato campioni di roccia prelevati dal sito di Stonehenge e quelli presenti nel Pembrokeshire, specificamente da Craig Rhos-y-Felin, dove si trova l’origine del masso.

Le analisi geologiche e chimiche non hanno rilevato tracce o caratteristiche che possano associarsi a movimenti glaciali o fenomeni naturali in grado di trasportare il masso fino al Wiltshire. Al contrario, i dati raccolti hanno evidenziato che la roccia è stata lavorata ed estratta in antiguità, poi trasportata dall’uomo a mano o con mezzi rudimentali.

La distanza percorsa, pur significativa, testimonia la volontà e la capacità dei costruttori di Stonehenge, che non si limitarono a selezionare i massi più vicini ma operarono una scelta consapevole, ricercando materiali specifici per il proprio progetto architettonico e sacro.

Questa ricerca si inserisce nel filone archeologico che punta a chiarire la storia materiale del sito, mettendo da parte ipotesi meno fondate e aprendo una nuova chiave di lettura per gli studi futuri.

Il dibattito archeologico e la rilevanza della ricerca

Stonehenge continua a dividere gli studiosi in merito alle tecniche utilizzate e al significato dell’opera. La maggior parte degli archeologi aveva sempre sostenuto un trasporto umano, pur senza dettagli definitivi sul metodo. Una minoranza invece insisteva sull’ipotesi glacialista, basata sulla persistenza di fenomeni naturali nell’evoluzione del paesaggio.

Lo studio di Aberystwyth consegna una risposta più solida alla polemica: “le prove geologiche non suggeriscono alcuna azione dei ghiacciai sulla provenienza e il trasferimento dei massi”. Gli uomini del neolitico, quindi, sarebbero stati artefici diretti del posizionamento.

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Questo supporta l’idea di una società in grado di organizzare grandi spostamenti e lavori collettivi in epoche considerate primitive. Tale capacità si riflette anche nella complessità della costruzione, che ancora oggi stupisce per precisione e portata.

Approfondimenti sulle tecniche e il valore simbolico

La ricerca apre la strada a indagini più approfondite sugli strumenti e sulle tecniche utilizzate per il trasporto, come l’uso di rulli di legno, slitte o sistemi di corde. Non manca lo spunto per approfondire il valore simbolico attribuito ai materiali scelti, in particolare a quelli provenienti da terre lontane come il Pembrokeshire.

Anche se il dibattito non si esaurisce qui, questo studio pone una base più concreta per ulteriori approfondimenti e mette a tacere una versione naturalistica, almeno per il trasporto del masso Newall.

Perché stonehenge resta un simbolo di mistero e ingegno preistorico

Oltre alla funzione rituale e cosmologica attribuita a Stonehenge, la recente conferma dell’origine umana del trasporto dei massi conferma l’importanza culturale e tecnologica delle popolazioni neolitiche britanniche. Ogni anno milioni di visitatori si recano nel Wiltshire per osservare da vicino questo complesso di pietre che racconta storie antiche.

La scelta di materie prime specifiche, provenienti da luoghi distanti, racconta di un legame profondo tra queste comunità e i territori che abitavano e attraversavano. Questo spostamento di materiali pesanti suggerisce un’organizzazione sociale con ruoli definiti e capacità logistiche.

Stonehenge, quindi, non è solo un monumento di pietra, ma un documento vivente di una civiltà che conosceva la geografia, la tecnica e la volontà di lasciare un segno duraturo. Lo studio di Aberystwyth contribuirà ad arricchire la conoscenza del sito e a guidare nuove ricerche archeologiche e geologiche in tutta la Gran Bretagna.

Il fascino di queste pietre resta intatto, proprio perché ogni progresso nella comprensione aggiunge dettagli più nitidi a un quadro che continua a catturare l’interesse di studiosi e viaggiatori.

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