Live Aid, l’evento musicale del 13 luglio 1985, segna una tappa storica nella cultura popolare e nella beneficenza mondiale. Organizzato per fronteggiare la grave carestia in Etiopia, riuscì a raccogliere 150 milioni di dollari. A distanza di quattro decenni, questa impresa racconta un momento in cui la musica fu molto più di intrattenimento: diventò un mezzo di solidarietà globale.
L’origine di live aid e la sfida tecnologica degli anni ottanta
Nel 1985, la tecnologia audiovisiva non era paragonabile a quella attuale. I cd erano usciti da poco più di tre anni e le telecamere avevano dimensioni e forme ingombranti. Realizzare una diretta mondiale di 16 ore fu un’impresa tecnica senza precedenti, supportata da 16 satelliti. Quel giorno, prima che nascessero piattaforme come youtube o servizi di streaming, due miliardi di persone sintonizzarono le loro televisioni: da Londra a Philadelphia, il messaggio solidale attraversò continenti.
Il ruolo di bob geldof
Bob Geldof, all’epoca leader dei Boomtown Rats, lanciò l’evento in nome dell’emergenza umanitaria etiope. La sua carriera da musicista si fermò proprio in quel periodo, ma la sua attività umanitaria gli valse il titolo di Sir. Quella sera, questa rockstar irlandese dimostrò di saper mobilitare un’attenzione globale, affidandosi alla musica e alla rapidità delle telecomunicazioni, in una era dove tutto doveva ancora essere inventato per portare un messaggio a così tante persone.
Un cast leggendario e le performance indimenticabili
Sul palco di Wembley e del JFK Stadium salirono alcune delle maggiori star del rock e del pop. Paul McCartney, Bob Dylan, gli U2, i Led Zeppelin, Madonna, e tanti altri accompagnarono l’evento con il loro talento, ma non mancarono incidenti e momenti imbarazzanti.
L’esibizione dei queen e phil collins
I Queen ottennero grande consenso per la loro esibizione pomeridiana a Londra, ma fu Phil Collins a sorprendere con un doppio concerto: prima a Londra, poi in aereo Concorde verso Philadelphia, dove suonò con i Led Zeppelin, in una performance molto criticata. Jimmy Page, chitarrista dei Zeppelin, non diede mai l’approvazione per l’uscita ufficiale di quegli spezzoni e mantenne un rancore verso Collins.
Momenti difficili per altri artisti
Bob Dylan, invece, si presentò in condizioni che qualcuno definì ‘non a posto con l’alcol’. Insieme a Ron Wood e Keith Richards salì sul palco quasi senza preparazione, con incidenti tecnici come la rottura di una corda della chitarra e strumenti scordati. Paul McCartney invece affrontò un problema tecnico in diretta con il microfono disattivato durante i primi due minuti di “Let It Be”. Anche Simon LeBon dei Duran Duran accumulò qualche stecca mentre cantava. Questi dettagli umani confermarono che l’evento fu genuino e non una semplice vetrina pubblicitaria.
Il lancio di singoli e la mobilitazione musicale per l’africa
Live Aid nacque dall’onda emotiva creata dal singolo “Do They Know It’s Christmas?” firmato da Bob Geldof e Midge Ure con le star della musica inglese. Quel brano spinse la scena internazionale a organizzarsi in modo più coordinato per raccogliere fondi a favore dell’Africa orientale, uscendo dagli schemi tradizionali di concerti live.
We are the world e la sua influenza
Il successo spinse alla nascita di “We Are The World”, il singolo registrato da protagonisti statunitensi come Michael Jackson e Lionel Richie, con la supervisione di Quincy Jones. L’incisione avvenne in una sola notte e rappresentò un esempio di come la musica potesse diventare un potente strumento per raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica.
Nel corso degli anni, la memoria di Live Aid è stata rilanciata da documentari e celebrazioni, ma rimane una testimonianza di un’epoca in cui gli artisti non esitavano a mettere da parte i loro ego per una causa comune. Eppure, resta la domanda se oggi la nuova generazione, abituata alle playlist digitali e ai singoli isolati, sappia apprezzare il valore di quell’iniziativa.
Live Aid non fu solo un concerto, ma un evento senza precedenti che mostrò il potere collettivo della musica nel toccare la vita di milioni di persone nel mondiale. Si trattò di una maratona di solidarietà capace di superare limiti tecnici, geografici e mediatici, configurandosi come un episodio di cronaca culturale che vale la pena ricordare con attenzione anche nel 2025.