La carenza di pediatri di famiglia in Italia raggiunge numeri preoccupanti. Un rapporto recentemente pubblicato dalla fondazione Gimbe mette in luce i vuoti di organico nelle varie regioni, con particolare attenzione alle difficoltà che stanno emergendo soprattutto nelle grandi aree del nord e in Campania. Il quadro disegnato evidenzia numeri precisi e problemi concreti, che rischiano di compromettere l’assistenza ai bambini e alle loro famiglie.
Secondo il rapporto della fondazione Gimbe, mancano almeno 502 pediatri di famiglia in tutta Italia. Questa carenza non è distribuita in modo uniforme, ma concentra la maggior parte delle criticità in tre regioni del nord: Lombardia, Piemonte e Veneto. Queste aree, caratterizzate da una popolazione numerosa e complessa, mostrano segnali di sofferenza nel garantire la copertura pediatrica necessaria.
Non è un problema esclusivo del nord però. Anche la Campania palesa difficoltà importanti. Il dato di riferimento per misurare la capienza ottimale prevede un pediatra di libera scelta ogni 850 assistiti, come sancito dall’ultimo accordo collettivo nazionale. Al primo gennaio 2024, proprio la Campania risulta con una carenza stimata di 34 pediatri, una situazione che rischia di pesare sulle famiglie e sulle garanzie di assistenza ai bambini. Questo dato emerge a fronte di un rapporto medio di 893 assistiti per pediatra in Campania, che risulta inferiore alla media nazionale di 900, e sotto al limite massimo di 1000 assistiti senza deroghe.
Il rapporto Gimbe evidenzia inoltre che la fascia degli assistiti in Campania è composta per il 77,9% da soggetti sopra i cinque anni di età, dato leggermente inferiore alla media nazionale fermatasi all’81,2%. Questo dettaglio dimostra come la popolazione pediatrica assistita presenti caratteristiche specifiche, con implicazioni sul tipo di prestazioni richieste.
Un altro elemento messo in rilievo nel rapporto riguarda l’età dei pediatri. Entro il 2028, 279 pediatri di libera scelta in tutta Italia arriveranno al pensionamento fissato a 70 anni. Questo fenomeno rischia di aggravare ulteriormente la carenza di personale disponibile per la medicina pediatrica territoriale.
La prospettiva di un calo numerico così significativo impone una riflessione sulle strategie per il ricambio generazionale. La difficoltà ad attrarre nuovi medici verso questa specializzazione, unita a un sistema che soffre di lentezze burocratiche e limitata capacità di risposta da parte delle aziende sanitarie locali, complica la gestione della situazione.
Le regioni più colpite dovranno affrontare un rinnovamento delicato per non compromettere l’assistenza. Limitare l’impatto dei pensionamenti sembra ormai una sfida imprescindibile per mantenere un servizio essenziale per le famiglie.
Le famiglie italiane segnalano con crescente frequenza la difficoltà di accedere ai pediatri di libera scelta. Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, sottolinea che queste difficoltà emergono in tutte le regioni italiane, segnalando problematiche ricorrenti.
Tra le criticità più evidenti figurano procedure burocratiche complesse e il mancato supporto o risposte insufficienti da parte delle aziende sanitarie locali. Molti pediatri si trovano a gestire numeri troppo elevati di assistiti, intorno o oltre il massimo consentito, rendendo impossibile per numerose famiglie iscrivere i propri figli.
Questo scenario produce disagi concreti. La mancanza di pediatri adeguati non solo limita l’accesso alle cure primarie, ma rischia di creare buchi nell’assistenza pediatrica, con effetti più gravi per i bambini più piccoli o con fragilità particolari. L’assenza di continuità nel rapporto con il pediatra rischia di compromettere il monitoraggio della salute infantile, con conseguenze che si possono ripercuotere anche nel medio termine.
L’assenza di continuità nel rapporto con il pediatra rischia di compromettere il monitoraggio della salute infantile, con conseguenze che si possono ripercuotere anche nel medio termine.
Il quadro descritto mostra come la carenza di pediatri di famiglia impatti direttamente sulle realtà sanitarie regionali. Le strutture si trovano spesso sotto pressione per coprire vuoti di assistenza, con ripercussioni per consultori, ospedali e servizi territoriali che collaborano con i pediatri.
In Lombardia, Piemonte e Veneto, le tre regioni maggiormente colpite, la situazione rischia di peggiorare nel prossimo futuro con l’aumento dei pensionamenti e la difficoltà a attirare nuovi specialisti. Anche in Campania, regione già alle prese con problemi di personale, la questione assume proporzioni rilevanti.
Garantire un numero sufficiente di pediatri non riguarda solo le singole famiglie ma tocca la qualità complessiva del sistema sanitario. Il rapporto Gimbe evidenzia in modo chiaro che servono interventi concreti per far fronte alla carenza, migliorare la gestione delle risorse umane e soprattutto semplificare i processi amministrativi collegati all’accesso alle cure pediatriche.
Chi osserva i dati e ascolta le famiglie ha davanti un quadro che richiede scelte urgenti per evitare un aggravamento della situazione nei prossimi anni.
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