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maxi operazione contro la ‘ndrangheta a roma: 28 arresti per traffico di droga e tortura

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Un’importante operazione delle forze dell’ordine ha avuto luogo a roma e in altre città italiane, portando all’arresto di 28 persone coinvolte in un’organizzazione di stampo ‘ndranghetista dedita al traffico internazionale di stupefacenti. Le misure cautelari sono state coordinate dal Ros dei carabinieri con il supporto di vari comandi provinciali e dello squadrone eliportato «cacciatori» Calabria. L’indagine, diretta dalla procura distrettuale antimafia di roma e denominata “Anemone”, ha fatto emergere una rete criminale radicata nel territorio capitolino e collegata a gruppi calabresi.

Il ruolo del ros e la cooperazione tra forze dell’ordine regionali

Le prime ore del mattino hanno visto il reparto operativo speciale dei carabinieri in azione assieme a comandi provinciali di roma, pistoia, latina, teramo, reggio calabria e allo squadrone eliportato «cacciatori» della calabria. Questo coordinamento ha permesso di eseguire 28 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal tribunale di roma su richiesta della procura antimafia romana. L’intervento incrociato tra diverse forze dell’ordine ha facilitato il controllo simultaneo in più regioni, assicurando il ritiro dal mercato di ingenti quantitativi di droga e il fermo dei responsabili.

Importanza dello squadrone eliportato «cacciatori» calabria

Il supporto dello squadrone eliportato «cacciatori» Calabria si è rivelato determinante nelle operazioni sul territorio calabrese, noto epicentro delle azioni mafiose legate alla ‘ndrangheta. Anche i comandi di roma e delle province coinvolte hanno svolto un lavoro di controllo e raccolta informazioni decisivo per la riuscita dell’operazione. La sinergia fra i reparti ha consentito di bloccare tempestivamente una rete ben organizzata, evitando la distruzione di prove e impedendo la fuga di diversi soggetti chiave.

I dettagli dell’operazione “anemone”: il narcotraffico nella capitale

Le indagini hanno messo in luce la presenza a roma di un’associazione che faceva capo a un soggetto calabrese di 57 anni, già condannato per l’appartenenza alla ‘ndrangheta. Questo capo criminale controllava la zona di san basilio e operava da 25 anni nel capoluogo. La sua base era rafforzata dall’alleanza con i tre figli e complici di gruppi albanesi specializzati nel recupero e smistamento di ingenti carichi di droga.

Il traffico riguardava una quantità superiore a una tonnellata di cocaina e un milione e mezzo di hashish. Gli stupefacenti provenivano dal Sudamerica e arrivavano in Europa, soprattutto in Spagna e nei porti di Rotterdam, per poi essere trasportati fino alla capitale attraverso rotte collegate a Gioia Tauro. Broker calabresi gestivano gli incarichi di acquisto e movimentazione internazionale, dimostrando la vasta rete che collegava Sudamerica, Europa e Italia.

Modalità operative dell’organizzazione

La modalità d’azione dell’associazione prevedeva l’uso di tecnologie anti-intercettazione e app di telefonia criptata per comunicare senza lasciare traccia. L’organizzazione aveva anche un canale interno per distribuire droga a roma, controllato da un albanese di 46 anni incaricato di gestire lo smistamento sul territorio locale. A conferma della pericolosità del gruppo, l’indagine ha accertato anche episodi di violenza estrema, con reati che vanno oltre il traffico di stupefacenti.

La tortura come mezzo di controllo nel mercato della droga

Tra i capi d’imputazione occupano un posto particolare atti di tortura, aggravati dall’uso del metodo mafioso. Quattro indagati italiani, secondo gli inquirenti, hanno sottoposto uno spacciatore a una privazione della libertà e a violenze fisiche e psicologiche. Le aggressioni sono state documentate con un telefonino, e il video è stato diffuso intenzionalmente per incutere terrore tra chi operava nel mercato dello spaccio a san basilio.

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Questo episodio dimostra come i sodali usassero la paura per mantenere il controllo del territorio e assicurarsi l’omertà degli altri spacciatori e complici. Il video era un avvertimento rivolto sia alla vittima che ad altri soggetti dediti allo smercio, rafforzando la linea di intimidazione e sopraffazione tipica dei clan mafiosi. Le azioni di violenza avevano anche lo scopo di consolidare l’autorità del gruppo, scoraggiando ogni forma di ribellione o collaborazione con le forze dell’ordine.

La rete criminale tra italia, spagna e olanda

L’indagine ha coinvolto anche la polizia spagnola, con cui è stata avviata una collaborazione internazionale che ha portato all’arresto di cinque persone in Spagna. Questo conferma la portata transnazionale dell’organizzazione criminale, che si muoveva tra Italia, Spagna e Olanda per gestire il flusso di droga e le comunicazioni.

I traffici si sviluppavano attraverso porti chiave come quelli di Rotterdam, Spagna e Gioia Tauro, dando all’organizzazione la capacità di importare grandi quantità di droga. I broker calabresi si occupavano soprattutto della trattativa e degli acquisti in Sudamerica, mentre i sodali albanesi e italiani si concentravano sulle fasi successive di trasporto, stoccaggio e distribuzione.

Complessità delle indagini

Questa articolata struttura ha reso le indagini complesse, richiedendo monitoraggi continui e diverse forme di cooperazione tra le forze dell’ordine italiane e straniere. La cattura degli indagati e il sequestro degli stupefacenti rappresentano un colpo significativo alle reti ‘ndranghetiste che da anni sfruttano la capitale come mercato di consumo e base di operazioni illegali.

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