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Medico “gettonista” a 70 anni lavora 144 ore a settimana tra alatri e cassino, stipendio da 40mila euro

La sanità provinciale di Frosinone è al centro di un racconto che mette in luce disfunzioni e disparità estreme, con un medico ottantenne impiegato per 144 ore settimanali su turni senza interruzione tra due ospedali. Questo episodio, che ha scatenato polemiche e evidenziato criticità, racconta una realtà ben lontana dal modello ideale di assistenza. I dettagli rivelano come un sistema basato su contratti a gettone stia mettendo a dura prova i professionisti e la sicurezza dei pazienti.

La realtà dei medici “gettonisti” pagati a ore

Nel territorio compreso tra Alatri e Cassino, la figura del medico “gettonista” rappresenta un’anomalia ormai consolidata. Questi professionisti, assunti tramite cooperative esterne, lavorano con orari pagati a singolo gettone orario, senza vincolo diretto di rapporto di lavoro stabile con il servizio sanitario pubblico. Nel caso più eclatante raccontato dai giornali, un medico di 70 anni arriva a coprire fino a 144 ore settimanali, distribuendo il lavoro su sei giorni consecutivi con turni h24.

Il ciclo di lavoro estremo

È così che si compone il suo ciclo: dopo una notte trascorsa al pronto soccorso di Alatri, prende l’auto per raggiungere l’ospedale Santa Scolastica di Cassino dove svolge un turno di 12 ore. Terminato il servizio, torna ad Alatri per ricominciare il turno di notte e così via, replicando questo ritmo sette giorni su sette nella routine settimanale. Per queste condizioni, il medico riceve un compenso mensile che supera i 40mila euro, importo molto distante da quello ricevuto dai colleghi strutturati del servizio pubblico o dal personale paramedico.

Le conseguenze sui pazienti e gli episodi critici emersi

Il sistema dei turni estenuanti non riguarda solo questioni contrattuali o economiche. Ha infatti ricadute concrete sul servizio sanitario e soprattutto sui pazienti. Il caso più tragico emerso è quello di Charles Baffour, uno studente ghanese di 24 anni morto il 5 aprile 2025 al pronto soccorso di Cassino. Il giovane è stato lasciato per molte ore su una barella senza ricevere cure adeguate.

In quell’occasione, il medico in servizio era un gettonista che aveva appena finito un turno di 12 ore su un’auto medica e si accingeva a iniziare un altro turno di eguale durata in pronto soccorso. Stanco, forse poco lucido e sprovvisto del sostegno necessario, non è riuscito a garantire un’assistenza tempestiva al paziente. Per questo motivo, sette operatori sanitari, tra medici e infermieri, sono finiti sotto inchiesta dalla Procura di Cassino.

Il fatto di cronaca ha riacceso il dibattito sulle condizioni di lavoro del personale ospedaliero e sull’affidabilità del sistema basato sulle “cooperative esterne”. Chiunque lavori con orari così gravosi e senza pause adeguate rischia di compromettere la propria capacità decisionale e la propria efficacia professionale, mettendo in pericolo la vita delle persone.

Disparità tra i compensi e tensioni tra il personale sanitario

Il caso di questo medico “gettonista” con uno stipendio superiore ai 40mila euro al mese evidenzia una disparità marcata tra le remunerazioni all’interno dello stesso ospedale. Gli infermieri, gli ausiliari e i giovani medici neoassunti, pur sottoposti a carichi di lavoro molto pesanti, ricevono salari molto più bassi, spesso non proporzionati alla fatica e ai rischi affrontati quotidianamente.

Questo squilibrio alimenta malumori e fratture interne tra le categorie, aggravando un clima già teso. C’è inoltre chi denuncia che i medici a gettone, a causa delle condizioni lavorative estreme, non risultano sempre fisicamente o mentalmente pronti ad affrontare emergenze continue, mettendo a rischio il buon funzionamento del pronto soccorso e delle attività sanitarie nel loro complesso.

Precarietà e contratti instabili

Le condizioni di lavoro e la precarietà di contratti e stipendi rappresentano uno degli aspetti più rilevanti per l’intero sistema sanitario locale. I giovani medici, costretti ad accettare condizioni precarie, vedono ritardato l’ingresso in un ruolo stabile o non lo vedono affatto. Nel frattempo, le ore di lavoro allungano sempre più, con pochi tempi di recupero.

La tenuta fragile del sistema ospedaliero tra emergenze e personale sotto pressione

La vicenda raccontata a Frosinone mostra un sistema a rischio collasso, dove la mancanza di personale stabile e in numero sufficiente provoca un ricorso massiccio a figure “a gettone” che fanno economie a discapito della qualità. Turni che sfiorano regolarmente le 24 ore continuative sono incompatibili con qualsiasi norma sulla salute e sicurezza del lavoro.

Malgrado questo, restano comuni spostamenti notturni tra strutture diverse e turni replicati senza pause realistiche. Il risultato è un personale sanitario esausto, dove un solo medico deve reggere una struttura emergenziale complessa, esposto a un logoramento che incide sulle prestazioni e sulla sicurezza dei pazienti.

Il caso di Charles Baffour rappresenta un campanello d’allarme chiaro per la magistratura e per chi si occupa di gestire il servizio sanitario pubblico, ancora imprigionato in contraddizioni che alternano sprechi e carenze drammatiche. La situazione di Frosinone, con la pratica dei medici gettonisti “superlavoratori”, rivela la necessità urgente di interventi concreti sul sistema, che evitino ulteriori tragedie e garantiscano condizioni più umane a chi ogni giorno lavora in ospedale.

Nessuno può più ignorare le implicazioni morali di turni estremi e stipendi pesanti ottenuti in modo discutibile. Sarebbe necessario affrontare con decisione e trasparenza l’organizzazione dei posti letto, il personale e le forme di contratto, restituendo dignità sia ai pazienti sia agli operatori.

Paolo Ludovichi

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