Il mondo del lavoro italiano è sempre più segnato dalla presenza degli over 50, che costituiscono oltre il 41% della forza lavoro. Nonostante questo dato, solo un quarto delle persone tra i 55 e i 65 anni ha accesso a percorsi di formazione, molto meno rispetto al 41% registrato nella fascia 45-54 anni. Questa disparità interessa anche le donne, che oltre i 50 anni devono affrontare minori possibilità di carriera rispetto agli uomini, con un divario del 32% nelle probabilità di promozione. Nel frattempo, l’occupazione giovanile continua a calare: tra gli under 35 il tasso si è fermato al 22,4%. Questi numeri emergono chiaramente dall’indagine proposta ne “La rivoluzione della longevità”, un libro che porta alla luce gli aspetti più rilevanti della trasformazione demografica e lavorativa italiana.
Attualmente gli over 50 occupano una posizione di rilievo nel mercato del lavoro italiano. La loro quota supera il 41%, segno di un cambiamento demografico che interessa tutta la società italiana. Questo gruppo è destinato a diventare sempre più influente anche nei consumi, tanto che entro il 2040 si prevede rappresenteranno il 75% della spesa nel Paese. Tale dato conferma il peso decisivo che questa fascia di età avrà per l’economia nazionale e, dunque, anche nel mondo del lavoro.
Eppure, questo aumento di presenza non si riflette in un pari sviluppo di opportunità. L’accesso alla formazione è particolarmente basso tra i lavoratori tra i 55 e i 65 anni, con solo il 25% coinvolto in attività formative. Questa percentuale scende di molto rispetto ai più giovani 45-54enni. Un ritardo che limita la possibilità di aggiornare competenze e di rispondere alle esigenze di un mercato in continua trasformazione.
Le donne over 50 subiscono inoltre una doppia difficoltà: una probabilità di ricevere promozioni inferiore del 32% rispetto ai colleghi uomini e più ostacoli legati a stereotipi legati sia all’età sia al genere. Il calo del tasso di occupazione giovanile al 22,4% segnala un altro tema importante. Gli under 35 vivono una situazione di disoccupazione e sottoccupazione che non permette un ricambio generazionale fluido e sostenibile.
Partendo da questi dati, “La rivoluzione della longevità” di Myriam Defilippi e Maurizio De Palma propone una visione diversa rispetto alla narrazione dominante, che definisce l’invecchiamento della popolazione come un “silver tsunami” da temere. I due autori invitano a riconoscere la longevità come un valore da sfruttare, non una minaccia.
Il senior moderno mostra un profilo ben diverso rispetto agli stereotipi tradizionali. Si tratta di persone desiderose di autonomia, che continuano ad apprendere e ad utilizzare la tecnologia con naturalezza. Molti di loro evitano di limitarsi alle attività previdenziali o a ruoli passivi, ma si dedicano a nuove carriere, al volontariato, a viaggi, o coltivano passioni e progetti personali. Le esperienze e le relazioni sociali assumono un rilievo maggiore rispetto ai beni materiali. In questo senso, la longevità apre nuove possibilità di crescita e realizzazione individuale anche in età avanzata.
Il libro analizza con precisione le trasformazioni demografiche in corso: l’aspettativa di vita in aumento, il calo delle nascite e la mutazione della struttura della popolazione. L’Italia si trova fra i Paesi più longevi, ma anche più in difficoltà nel confrontarsi con i cambiamenti legati a questo fenomeno. Non si registrano infatti adeguamenti significativi nelle politiche per il lavoro o nella sensibilità pubblica.
“La rivoluzione della longevità” dedica molto spazio ai cambiamenti necessari per fare spazio a lavoratori senior più valorizzati e inclusi. Il tema dell’ageismo emerge come uno degli ostacoli principali. Spesso le aziende continuano a discriminare in base all’età, non riconoscendo l’esperienza e la volontà di continuare a contribuire.
Tra le proposte, c’è quella di promuovere modelli di formazione continua, attraverso il lifelong learning, che consentano ai senior di aggiornare competenze e mantenere competitività. Anche i programmi di mentoring e reverse mentoring possono facilitare lo scambio di abilità tra generazioni differenti, valorizzando saperi ed esperienze.
Un altro punto cruciale riguarda la creazione di ambienti di lavoro più flessibili e inclusivi, in cui tutti possano conciliare esigenze personali e professionali. La presenza delle donne over 50 richiede un’attenzione particolare, perché spesso si trovano a dover gestire anche responsabilità di cura familiare in aggiunta al lavoro. A questo proposito, il welfare dovrebbe offrire strumenti reali per sostenere queste situazioni e migliorare la qualità della vita lavorativa.
Il libro si conclude con un manifesto composto da dieci punti che delineano un modello lavorativo rivolto a tutte le età. Si richiede che le aziende adottino criteri di selezione equi, offrendo opportunità ai candidati senza discriminazioni legate all’età e al genere. Si invita inoltre a investire nella formazione continua e a riconoscere il valore dell’esperienza dei lavoratori senior.
La proposta include anche l’introduzione di flessibilità organizzativa, con orari e modalità di lavoro più adatte alle diverse fasi della vita. Un’attenzione particolare va data a chi ha ruoli di cura verso familiari, per non creare pressioni e difficoltà nel rendimento professionale.
L’approccio prevede percorsi di transizione graduale verso la pensione, così da mantenere un legame attivo con gli ex dipendenti e valorizzare la loro conoscenza. Il lavoro, secondo questo manifesto, deve diventare uno spazio più umano, capace di favorire la collaborazione e il benessere su più generazioni.
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