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Operazione antimafia tra Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e altre regioni contro frodi fiscali e associazione per delinquere

Un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze ha portato a misure restrittive contro 15 persone accusate di frodi fiscali e associazione a delinquere. L’intervento coinvolge diverse regioni italiane, tra cui Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Campania, con perquisizioni e arresti disposti dal Tribunale di Firenze.

Misure cautelari e aree coinvolte

La magistratura fiorentina ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare che riguarda 15 indagati: tre sono stati portati in carcere e dodici finiscono agli arresti domiciliari. L’azione coinvolge province distribuite su vari territori, tra cui Frosinone nel Lazio, e si avvale del supporto della Guardia di Finanza, sia a livello provinciale che nazionale tramite lo SCICO, il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata.

Parallelamente agli arresti, sono in corso perquisizioni in abitazioni e sedi di lavoro, con l’obiettivo di recuperare prove documentali come contabilità, materiale informatico e denaro contante. Le indagini raggiungono anche la Ciociaria, zona strategica per raccogliere elementi utili al procedimento.

Natura dei reati contestati

Ai soggetti coinvolti vengono contestati diversi illeciti fiscali: emissione di fatture per operazioni inesistenti e indebite compensazioni di imposte e contributi. Tutti risultano accusati di far parte di un’associazione per delinquere, ma con ruoli e responsabilità differenziate. Sei persone devono rispondere anche di emissione di fatture false e indebite compensazioni, due sono indagate solo per fatture inesistenti, mentre sette sono implicate unicamente nelle indebite compensazioni.

Il quadro dell’accusa evidenzia una rete articolata che ha favorito la frode ai danni dell’erario, tramite documenti falsificati e operazioni finanziarie irregolari. La manovra illegale ha portato alla sottrazione di somme rilevanti, in parte riscattate come crediti d’imposta ingannevoli.

Sviluppo e origine delle indagini

L’inchiesta nasce nel 2020 dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze, in collaborazione con SCICO. Le verifiche fiscali partite da aziende con elevati crediti di imposta hanno fatto emergere un’organizzazione con base nel territorio toscano e ramificazioni nel Salernitano.

Questa associazione, comprendente professionisti quali commercialisti e un ingegnere, era dedita a creare società di comodo impiegate per ottenere indebiti vantaggi fiscali collegati a progetti di ricerca e sviluppo mai realmente svolti. Le attività dichiarate riguardavano settori come intelligenza artificiale, blockchain, tecnologie olografiche e materiali biocompatibili, ma si trattava di operazioni costruite solo per giustificare crediti fittizi.

Le aziende erano intestate a prestanome, soggetti che avevano il compito di apparire come rappresentanti legali per nascondere il reale controllo. Alcuni componenti della rete avevano precedenti penali nel campo economico-finanziario.

Modalità operative e meccanismi di frode

Il gruppo criminale agiva soprattutto creando società fittizie nel campo della logistica, facchinaggio, informatica e altri servizi di copertura. L’ammontare complessivo degli illeciti superava gli 11 milioni di euro, cifra derivata dalle indebite compensazioni di tasse e contributi.

Per mantenere il controllo sulle aziende fasulle, il sodalizio intimidiva i prestanome, che spesso erano soggetti in posizione vulnerabile o sotto pressione. I fondi raccolti attraverso i contratti per attività di ricerca fittizia venivano trasferiti all’estero, in paesi come Bulgaria, Repubblica Ceca e Malta, sotto la veste di consulenze inesistenti.

I proventi rientravano nel circuito illecito grazie a operazioni di scambio fittizie tra società italiane ed estere collegate dagli stessi soggetti, rendendo difficile il tracciamento del denaro.

Falsificazioni nel periodo di emergenza covid-19

L’indagine ha svelato un’altra area di illecito: la produzione di fatture false relative a interventi di sanificazione ambientale durante la pandemia da Covid-19. Queste fatture permettevano di ottenere crediti d’imposta previsti per sostenere le aziende nella lotta al virus, ma in realtà non corrispondevano a prestazioni effettivamente eseguite.

Questo aspetto aggiunge ulteriore gravità alla vicenda, poiché ha avuto luogo in un momento di crisi sanitaria nazionale, aggravando i danni per l’erario pubblico.

Tutto il materiale raccolto, comprese le testimonianze e i riscontri tecnici, passerà ora al vaglio del giudice per la valutazione delle misure e per l’eventuale apertura del processo.

Monica Ghilocci

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