Il sorriso rappresenta per molti italiani la prima impressione che lasciano agli altri, superando capelli e sguardo. Nonostante questo valore riconosciuto, emerge una scarsa propensione a investire nella salute e nell’estetica del cavo orale. Un sondaggio condotto da YouGov per Curasept rivela dettagli e contrasti interessanti sulle abitudini di consumo legate alla cura del sorriso.
Secondo l’indagine, il 63% degli italiani considera il sorriso il tratto fisico più influente nell’immagine che si offre al mondo. È curioso che questa opinione prevalga anche rispetto a fattori come lo stato dei capelli, indicato dal 58%, e lo sguardo, citato dal 49% degli intervistati. Questa percezione conferma il ruolo che il sorriso gioca nelle relazioni sociali e nell’autostima.
Nonostante questa importanza, la disponibilità a sostenere spese per mantenere un sorriso curato resta modesta. La maggioranza degli intervistati non supera i 200 euro annui di budget, poco più di 50 centesimi al giorno. Questa cifra appare insufficiente per coprire anche solo le due sedute di igiene orale professionale raccomandate agli adulti senza patologie. L’esperto Matteo Basso, odontoiatra e docente a Milano, segnala come questo investimento sia troppo contenuto anche solo per le normali cure domiciliari, senza considerare trattamenti estetici come lo sbiancamento dentale.
Chi non spende nulla o non quantifica una somma necessaria arriva al 17%, arrivando al 24% nelle fasce più giovani. Questi dati mostrano un divario tra consapevolezza del valore estetico del sorriso e la reale attenzione dedicata alla sua cura.
La spesa per mantenere sani denti e gengive si scontra con costi spesso elevati, specie per procedure estetiche e terapie che migliorano l’aspetto del sorriso. Non si tratta solo di un problema economico. Oltre alla limitazione finanziaria, pesa una motivazione debole nell’attribuire la giusta priorità alla salute orale.
Il dottor Basso spiega che “per molti, soprattutto a fronte di aumento del costo della vita, il sorriso resta in secondo piano rispetto altre necessità come auto o vacanze.” Questa scelta riduce la frequenza di controlli e trattamenti effettivi, nonostante tutti dichiarino di voler mostrare un sorriso gradevole.
Anche nell’acquisto di prodotti basilari come spazzolini e dentifrici il prezzo spesso guida la decisione. Pur tenendo conto di caratteristiche tecniche come durezza delle setole o funzionalità specifiche, il 41% degli italiani punta sul costo per scegliere lo spazzolino, e il 38% per il dentifricio. Questo indica una forte attenzione al risparmio nell’igiene quotidiana, a discapito però di prodotti eventualmente più efficaci o consigliati dai professionisti.
Chi evita la prevenzione finisce con più probabilità per trovarsi ad affrontare problemi più seri e spese più elevate. Il rischio di patologie come carie, gengiviti o parodontiti cresce quando le visite di controllo si limitano solo alla comparsa di dolore o fastidio.
Restituta Castellaccio, responsabile ricerca in Curasept, sottolinea che “affidarsi al dentista solo in caso di emergenze esclude la possibilità di trattamenti precoci e meno onerosi.” Questa abitudine fa lievitare costi diretti per pazienti e costi sociali per il sistema sanitario. In Italia, più di 23 milioni di persone soffrono di disturbi orali, molti in forma cronica, con un impatto economico rilevante.
A livello mondiale, le spese legate alla salute del cavo orale rappresentano una quota importante nel bilancio sanitario, paragonabile a quelle di malattie come diabete o patologie cardiovascolari. Nei paesi con reddito elevato, si calcola che tra il 5 e il 10% delle spese sanitarie complessive siano destinate a questo ambito. Questi dati fanno emergere la necessità di riflettere su come migliorare approcci e strategie per ridurre i costi futuri.
Le visite saltuarie e la prevenzione debole derivano anche da una carenza di conoscenza sulle implicazioni della salute orale. Quasi la metà degli italiani non è a conoscenza che i batteri della bocca possono diffondersi nel corpo e favorire altre malattie.
La sensibilità scende ulteriormente se si considera la xerostomia, cioè la secchezza orale, riconosciuta come un problema patologico da meno della metà degli intervistati. Tra le nuove generazioni, la percentuale di chi ignora queste informazioni raddoppia rispetto a chi ha età più avanzata, mostrando un livello di attenzione ridotto sulla salute orale.
Lo scarso riconoscimento di questi legami tra bocca e salute generale complica l’adozione di comportamenti corretti. Per invertire questa tendenza servirà facilitare l’accesso a informazioni chiare e incentivare una cultura della prevenzione sin da giovani, evitando così problemi e spese crescenti negli anni a venire.
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