Luglio 2025 a Roma accoglie una mostra che riflette sull’eterna attrazione che la città esercita su artisti e visitatori, trasformando i luoghi più noti in soggetti capaci di raccontare storie nuove e sfumature invisibili a uno sguardo distratto. Al museo Macro, il festival delle accademie e degli istituti di cultura stranieri accende l’attenzione sulla rivoluzione che si cela dietro immagini, fotografie e oggetti apparentemente scontati del panorama romano.
Roma è stata raccontata, dipinta e fotografata innumerevoli volte, entrando nell’immaginario collettivo attraverso immagini iconiche come piazza Venezia, il Colosseo illuminato di notte o i pini marittimi. Questi elementi sembrano immutabili e super inflazionati, spesso considerati solo tappe obbligate per i turisti. Eppure è proprio nei cliché che molti trovano la vera essenza di Roma. La città si presenta come un mosaico di memorie collettive, dove le immagini ripetute funzionano come punti di riferimento emotivi e culturali.
Saverio Verini, curatore della mostra al Macro, sottolinea come la ripetizione di questi scorci, per molti ormai quasi scontati, nasconda in realtà una meraviglia segreta. Secondo lui, il fascino della Capitale risiede nella capacità di questi simboli di mantenere la loro forza visiva, pur attraversando diverse interpretazioni e sensazioni. Roma contiene strati sovrapposti di storia, vita quotidiana, degrado artistico e sociale, che si manifestano con forza anche attraverso ciò che sembra prevedibile o già visto.
Da secoli, artisti e ricercatori da tutto il mondo scelgono Roma come fonte primaria di ispirazione. Questi borsisti e studiosi abitano le accademie straniere della città, spingendosi oltre le immagini più note per raccontare storie particolari e dettagli nascosti, spesso legati alle difficoltà della vita urbana o alle trasformazioni continue.
Il lavoro prodotto da questa comunità di creativi offre una visione inedita, anche se parte da elementi già svelati nel passato. Come fa notare Verini, la città non offre scorci completamente nuovi da scoprire ma invita a ripensare ciò che si crede di conoscere. Gli artisti mostrano frammenti “interni” della città, aspetti meno ordinati e più spontanei, che rispecchiano la complessità di Roma tra bellezza e decadenza.
Questi contributi mettono in luce come la città sia una “miniera di metafore visive”. Piazza Venezia, con i suoi monumenti, o un pino marittimo con le sue radici affondate nel terreno raccontano storie di potenza, resistenza e trasformazione. Attraverso la lente di artisti stranieri, queste immagini si caricano di nuovi significati più vicini alla realtà vissuta, e meno a quella da cartolina.
Tra i partecipanti alla mostra c’è Michele di Monte, storico e curatore esperto, che riflette sul rapporto tra i visitatori e gli stereotipi di Roma. La soluzione proposta è accettare la presenza di questi cliché per entrare dentro di essi e scoprire una nuova dimensione di bellezza. Invece di cercare mete fuori dal comune, conviene immergersi nelle immagini note: le rovine, i monumenti e le strade ordinarie conservano storie e dettagli insospettati.
Un esempio classico è proprio il Colosseo al chiaro di luna. Molti lo giudicano un’immagine banale, ripresa infinite volte in cartoline e guide turistiche. Eppure storici come Gregorovius, nel 1800, ammettevano di essere sopraffatti dall’emozione nel vedere quel panorama. Si tratta di sensazioni autentiche che resistono nel tempo, rivelando la forte carica emotiva che certi luoghi possiedono, anche in forme considerate oleografiche.
Questo approccio punta a modificare l’idea comune che solo il nuovo o l’inedito possano emozionare. Al contrario, il lavoro degli artisti coinvolti nella mostra al Macro dimostra che anche immagini già viste possono sorprendere e coinvolgere con occhi diversi, più attenti alle sfumature.
La mostra al Macro presenta una selezione di opere realizzate da borsisti e artisti internazionali che vivono a Roma. Tra gli oggetti esposti spiccano dettagli come le radici di un pino marittimo, immortalate con grande cura. Accanto, ci sono fotografie e rappresentazioni insolite di monumenti famosi come quelli a piazza Venezia o i giardini di Villa Medici. Alcune opere catturano momenti ordinari ma rari, come cavalli o elefanti che attraversano le vie, mentre altre mettono in scena elementi urbani inediti, ricollocati in contesti inaspettati.
Ci sono poi sculture femminili sistemate sopra carrelli della pulizia, oggetti dei servizi negli hotel o nelle stazioni cittadine, che così trasformano luoghi anonimi in palcoscenici di arte. Muri e pali abbandonati, stratificati dal tempo e dalle scritte dei graffiti, si mostrano come superfici di narrazione, espressione di quella Roma meno conosciuta ma altrettanto vera.
In particolare, il catalogo edito da Drago accompagna la mostra con contributi letterari e storici, ampliando la riflessione sui rapporti tra arte, turismo e patrimonio cittadino. Il festival conclude il suo percorso il 24 agosto 2025, confermando come la Capitale resti un terreno fertile dove si intrecciano memoria, sperimentazione e nuove visioni artistiche.
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