Una operazione condotta dalla Guardia di finanza di Chieti ha portato alla luce una rete che apriva partite Iva fasulle per consentire a immigrati irregolari di prolungare la loro permanenza in Italia. Si tratta di un caso emblematico di come le frodi fiscali possano essere collegate a tentativi di sfruttare il sistema dei permessi di soggiorno in modo illecito. L’indagine si è concentrata su 74 soggetti extracomunitari, evidenziando una strategia ben organizzata per dichiarare attività inesistenti e garantirsi così la regolarità sul territorio nazionale.
L’indagine della Guardia di finanza di Chieti e i controlli a ortona
L’inchiesta è stata avviata dalla Tenenza di Ortona, che ha incrociato dati provenienti da diverse fonti, tra cui l’Ufficio Stranieri della Questura di Chieti e la banca dati dell’Agenzia delle Entrate. Inizialmente si volevano verificare le condizioni reali delle imprese intestate a cittadini extracomunitari con partita Iva aperta. Dai controlli è emerso subito uno scenario sospetto: molte dichiarazioni dei redditi risultavano infondate, senza alcun riscontro nelle registrazioni fiscali. In totale, sono state monitorate 74 persone ma 63 sono risultate implicate in irregolarità , con la complicità di tre consulenti fiscali indagati per aver aiutato a confezionare documenti falsi.
Approfondimenti sulle verifiche fiscali
I finanzieri hanno approfondito gli elementi grazie a una serie di verifiche incrociate, analizzando fatture e corrispettivi che, in molti casi, risultavano inesistenti o rigenerate allo scopo di mantenere in vita le posizioni fiscali e giustificare le presenze sul suolo italiano. È stata così svelata un’organizzazione che consentiva agli stranieri di fingersi attivi economicamente senza svolgere alcuna attività reale.
L’utilizzo strumentale delle partite iva per ottenere permessi e benefici
Lo scopo principale dietro queste aperture fittizie di partita Iva era facilitare il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno, un documento necessario per vivere e lavorare legalmente in Italia. Attraverso dichiarazioni reddituali completate da una falsa documentazione, gli extracomunitari interessati riuscivano a dimostrare condizioni economiche e lavorative inesistenti. Ciò ha permesso a molti di loro di continuare a godere di diritti senza averne il diritto reale.
Il supporto esterno di consulenti fiscali, che hanno messo a disposizione competenze per creare e rilasciare certificazioni da presentare all’Agenzia delle Entrate, ha reso il meccanismo ancora più efficace. Le segnalazioni e le verifiche della Guardia di finanza hanno portato a 54 richieste di cessazione delle partite Iva, di cui 44 già formalmente chiuse, per bloccare definitivamente la possibilità di usare quei documenti per scopi illeciti.
La strategia utilizzata non riguardava solo la posizione fiscale, ma ha riguardato anche l’accesso a benefici economici previsti dallo Stato italiano, che richiedono proprio una regolare iscrizione fiscale e lavorativa per essere assegnati.
I documenti falsi e i meccanismi illegali
I vantaggi economici ottenuti e le implicazioni per il sistema italiano
L’indagine ha rivelato che 52 persone coinvolte hanno indebitamente riscosso prestazioni come reddito di cittadinanza, assegni per nuclei familiari e reddito di inclusione, somme che raggiungono complessivamente oltre un milione e quattrocento mila euro . Questi importi sono stati assegnati da enti pubblici basandosi su documentazione falsificata che attestava situazioni lavorative e reddituali inesistenti.
Un altro dato rilevante evidenziato dalle Fiamme Gialle riguarda 19 individui che, secondo l’accusa, hanno ottenuto la cittadinanza italiana illegalmente grazie a tali documenti creati ad arte. Questo fenomeno ha gravato sulla gestione dei fondi pubblici e sulle istituzioni preposte al controllo dell’immigrazione e della cittadinanza.
Si comprende come un sistema di profili fiscali falsificati e documenti prodotti ad arte possa minare la fiducia nel sistema e compromettere l’erogazione di beni e servizi rivolti a chi ne ha davvero diritto.
Le azioni future della Guardia di finanza e le misure di prevenzione
Il colonnello Michele Iadarola, comandante provinciale della Guardia di finanza di Chieti, ha sottolineato come questa operazione abbia messo in luce la capacità delle Fiamme Gialle di intervenire su più fronti, dalla lotta all’immigrazione clandestina fino al recupero di somme indebite. L’attività è stata concepita per togliere risorse a chi agisce nell’illegalità , salvaguardando risorse destinate ai cittadini onesti.
L’autorità ha annunciato che saranno chieste alla Pubblica Amministrazione la revoca dei permessi di soggiorno concessi irregolarmente e il recupero degli importi erogati a chi ne ha fatto uso abusivo. Questa misura mira a scoraggiare simili meccanismi e a ristabilire l’equilibrio tra diritti e doveri all’interno della società italiana.
Le forze dell’ordine continueranno a monitorare con attenzione la situazione, con controlli mirati che potrebbero estendersi ad altri casi simili in Italia, garantendo così che nessuno possa sfruttare strumenti fiscali in modo illecito per ottenere vantaggi personali o sociali senza rispettare le regole dello Stato.