Una bambina di tre anni, affetta da patologie neurologiche gravi e con forti difficoltà motorie, vive da mesi una situazione di disagio causata dall’assenza di un parcheggio riservato ai disabili proprio sotto il suo appartamento. Questa necessità, semplice ma fondamentale, si è trasformata in una lotta quotidiana contro l’indifferenza dell’amministrazione comunale. Le difficoltà della famiglia, da tempo alle prese con la gestione della malattia, si aggravano senza una risposta concreta.
La piccola non riesce a muoversi autonomamente. Ogni spostamento richiede l’intervento costante dei genitori, che si fanno carico di accompagnarla in auto per visite mediche e terapie, ma anche per semplici uscite quotidiane. Quel che potrebbe sembrare normale per molti, qui si trasforma in una sfida: l’assenza di un posto auto riservato a pochi passi dal portone di casa complica in modo significativo ogni movimento.
Quando manca un parcheggio adeguato, i genitori devono spesso lasciare l’auto lontano, con il risultato che trasferire la bambina dalla vettura all’appartamento diventa un percorso a ostacoli. Il rischio che ciò comporta si aggiunge al peso emotivo e fisico di rendere più difficile una routine già segnata dalla malattia. Questo ostacolo alle esigenze basilari dei disabili colpisce una famiglia stremata che cerca soltanto rispetto e dignità.
Dopo mesi di silenzio e attese, i genitori, esausti di non ricevere risposte concrete dal Comune, hanno deciso di affidarsi a un avvocato. La volontà è quella di tutelare i diritti della bambina e di ottenere finalmente un posto auto riservato da poter usare quotidianamente, vicino al portone di casa.
Attraverso il legale, una nuova domanda è stata presentata all’amministrazione comunale. In più, è stata inviata una lettera al Prefetto, con lo scopo di far emergere l’urgenza di un intervento e denunciare il disagio provocato dall’inerzia burocratica. L’affare tocca aspetti profondi legati al rispetto dei diritti e all’attenzione verso le persone più fragili.
I familiari insistono che la loro richiesta non è un favore o un trattamento speciale, ma il riconoscimento di un diritto. «Non vogliamo un privilegio – spiegano – ma la possibilità di vivere la nostra casa con nostra figlia senza dover affrontare quotidiani problemi che si potrebbero evitare facilmente». Per loro, si tratta di una questione di civiltà, che riguarda il rispetto delle esigenze di chi convive con disabilità gravi.
L’assenza di risposte da parte del Comune ha aumentato frustrazione e disagio, dando la sensazione di essere dimenticati o ignorati. Questa sfiducia nelle istituzioni mina non solo la qualità della vita della bambina e della famiglia, ma anche la fiducia nei confronti delle strutture pubbliche.
Ora la famiglia, oltre alla tutela legale, si affida a un appello di natura umana rivolto al Comune e alle autorità competenti. Il loro caso sottolinea come anche richieste apparentemente semplici possano diventare montagne da scalare senza l’attenzione dovuta.
Questa vicenda mette in evidenza quanto sia necessario che le amministrazioni rispondano alle esigenze delle persone con disabilità in modo tempestivo e concreto. Il rispetto e la dignità passano da piccoli gesti quotidiani, come un posto auto riservato, che possono fare la differenza tra difficoltà insormontabili e un vivere normale per chi affronta sfide ben più grandi.
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