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Al tribunale di santa maria capua vetere l’udienza preliminare sulle truffe assicurative parte con 48 indagati

Un vasto procedimento giudiziario ha preso il via presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dove si sta celebrando l’udienza preliminare per 48 persone coinvolte in un’inchiesta su truffe alle compagnie assicurative. L’inchiesta ha acceso i riflettori su un sistema fraudolento che ha colpito tra Caserta e Napoli, con falsi incidenti ed attestazioni di lesioni mai avvenute, causando danni per milioni di euro. Dopo il maxi arresto dello scorso dicembre, questa fase rappresenta un passo importante nel percorso giudiziario su un caso che ha coinvolto professionisti, falsi testimoni e procacciatori d’affari.

La genesi dell’indagine e le prime accuse

L’indagine è partita nel 2019, condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Aversa e del Nas di Napoli, con la supervisione della procura di Santa Maria Capua Vetere guidata da Pierpaolo Bruni. Nel dicembre del 2024, grazie a intercettazioni e controlli incrociati, sono stati arrestati 22 soggetti tra medici, avvocati, falsi testimoni e procacciatori d’affari. Queste persone sono accusate di aver messo in piedi un sistema che ha prodotto falsi sinistri per circa quattro milioni di euro.

All’inizio, la procura aveva chiesto 54 misure cautelari, ma il giudice per le indagini preliminari ne ha emesse 23, tra arresti domiciliari e obblighi di firma. Sono inoltre contestate diverse accuse tra cui associazione a delinquere finalizzata alle truffe, con 17 indagati destinatari di questa contestazione. Gli indagati complessivi, in realtà, sono 504, ma solo una cinquantina di loro, soprattutto professionisti, risultano centrali e per loro ora è stata fissata l’udienza preliminare.

Il ruolo dei centri diagnostici e i sequestri effettuati

Il cuore dell’attività illecita aveva avuto come base Casal di Principe, dove operava un falso fisioterapista. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati tre centri diagnostici tra Caserta e Napoli. In questi centri venivano rilasciate attestazioni di trattamenti terapeutici e certificazioni di lesioni inesistenti, funzionali a ingannare le assicurazioni.

I carabinieri del Nas hanno portato via apparecchiature mediche e attrezzature che servivano ad alimentare la truffa. Alcune di queste attrezzature, recuperate durante i sequestri, sono state donate all’ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa. Questo passaggio ha evidenziato un rapporto stretto tra le strutture sanitarie pubbliche e le pratiche illecite. Sono emerse anche le responsabilità di alcuni medici operanti negli ospedali pubblici del Casertano, soprattutto nelle strutture di Maddaloni e Marcianise.

Medici pubblici coinvolti nelle falsificazioni di certificati

Tra i medici rinviati a giudizio, tre lavoravano negli ospedali pubblici più importanti della zona di Caserta, arrestati in relazione alla vicenda. Due di loro sono risultati particolarmente attivi, con oltre 1700 certificati medici falsificati in un periodo di cinque anni. Per ogni certificato, firmato illegittimamente, i medici erano pagati cifre variabili tra 200 e mille euro.

Durante le perquisizioni sono stati trovati fondi ingenti: circa 660 mila euro sequestrati tra conti correnti e fondi in contanti. In un caso, un medico custodiva a casa 60 mila euro in contanti. Tra i medici coinvolti, spicca il nome di Fiorito, già sottoposto a misura cautelare domiciliare da dicembre 2024. Proprio poco prima dell’udienza preliminare, il giudice per le udienze preliminari ha revocato la misura, liberando il medico su richiesta del suo legale.

I false vittime e il ruolo degli avvocati nel sistema fraudolento

Nell’inchiesta è emerso il ruolo di falsi danneggiati, per lo più persone con problemi economici, reclutate dagli avvocati coinvolti nell’organizzazione. Questi soggetti ricevevano circa 50 euro per farsi intestare i certificati fasulli che dichiaravano lesioni mai subite.

Chi presentava condizioni di salute apparentemente immacolate veniva convogliato negli ospedali dove operavano i medici compiacenti, mentre chi aveva effettivamente subito incidenti veniva indirizzato ad altre strutture con una documentazione falsificata. Questa differenziazione permetteva di ottenere certificazioni mediche che alimentavano le truffe alle compagnie assicurative.

Gli avvocati avevano dunque un ruolo essenziale nell’organizzazione, curando i contatti con le false vittime e coordinando gli aspetti legali della frode. L’azione del gruppo ha messo in luce un meccanismo ben rodato che ha coinvolto diverse figure professionali, tutte impegnate a raggirare il sistema assicurativo con metodi illeciti e propri di una vera rete criminale.

Monica Ghilocci

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