La vicenda giudiziaria legata alla ricostruzione post-sisma in Abruzzo giunge a una svolta con l’assoluzione dell’imprenditore edile di Assisi, Stefano Roscini. Dopo un processo lungo quasi un decennio, il tribunale di Pescara ha annullato le accuse di corruzione che gli erano state rivolte nell’ambito dell’inchiesta Earthquake, che aveva coinvolto diversi soggetti e amministrazioni pubbliche delle province di Pescara e L’Aquila.
L’inchiesta Earthquake prese il via da presunti illeciti collegati agli appalti e alla ricostruzione in seguito al terremoto che colpì l’Abruzzo. Nel mirino finirono diversi attori pubblici e privati legati ai cantieri e alla gestione dei lavori nei comuni di Bussi sul Tirino e Bugnara . Stefano Roscini, imprenditore edile residente ad Assisi, era accusato di corruzione nei confronti del responsabile unico del procedimento, figura centrale nella gestione degli appalti.
La contestazione riguardava presunte tangenti che avrebbero influenzato l’assegnazione e lo svolgimento dei lavori di ricostruzione post-terremoto. L’accusa puntava a dimostrare l’esistenza di un sistema di scambi illeciti per facilitare i cantieri in questo contesto particolarmente delicato, segnato da urgenza e forte pressione sociale.
Il tribunale di Pescara ha emesso la sentenza di assoluzione per Stefano Roscini con la formula «perché il fatto non sussiste». Questo significa che non sono emersi elementi sufficienti per attribuirgli la responsabilità del reato di corruzione. La decisione segue un lungo iter processuale iniziato quasi dieci anni fa, durante il quale la posizione dell’imprenditore è stata sempre difesa con decisione dal suo avvocato.
Il tribunale ha evidenziato come manchino riscontri concreti sia sul piano soggettivo, cioè la volontà di compiere atti corruttivi, sia su quello oggettivo, ovvero le prove effettive di scambi illeciti. In mancanza di basi concrete, la Corte ha ritenuto impossibile condannare Roscini.
L’avvocato difensore di Stefano Roscini, Pietro Gigliotti, ha manifestato soddisfazione per il verdetto, sottolineando che la sentenza ha finalmente riconosciuto l’insussistenza delle accuse, come già sostenuto sin dall’inizio. La difesa aveva puntato fin dalla fase cautelare sull’assenza di prove e di responsabilità penali nel comportamento dell’imprenditore.
Ora si attende il deposito delle motivazioni della sentenza da parte del tribunale, passaggio fondamentale per valutare le azioni successive. La difesa mira a ottenere un risarcimento per l’ingiusta detenzione subita da Roscini in passato, oltre che al risarcimento per l’irragionevole durata del processo, che si è protratto per quasi dieci anni, creando notevoli disagi personali e professionali al suo cliente.
Le inchieste che hanno coinvolto la ricostruzione dopo il sisma in Abruzzo sono numerose e da anni tengono sotto osservazione le dinamiche fra enti locali, appalti e operatori privati. Nel contesto di emergenza, la gestione dei lavori pubblici è stata spesso segnata da sospetti e accuse di corruzione. Non a caso, numerosi procedimenti giudiziari hanno coinvolto figure pubbliche e imprese per presunti intrecci illeciti.
Il caso di Stefano Roscini si inserisce in questo quadro, dimostrando sia la complessità degli accertamenti sia le difficoltà nell’attribuire responsabilità precise in contesti così articolati. Le assoluzioni e le sentenze negative segnalano come il sistema giudiziario compia le proprie valutazioni nel dettaglio, separando i sospetti dalle reali prove, anche nei casi che toccano la ricostruzione di uno dei territori più colpiti da calamità degli ultimi anni.
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