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Bonifica della discarica di panaccioni a cassino, un nodo aperto tra storia e gestione attuale

L’attenzione sulla bonifica della discarica di panaccioni a cassino torna sotto i riflettori a causa di una richiesta di incontro con il sindaco inviata dal “comitato per la liberazione dei diritti dei cittadini e la restaurazione dei doveri delle istituzioni”. La questione, che riguarda da vicino la salute pubblica e l’ambiente, si inserisce in un quadro più ampio di problemi legati alla gestione dei rifiuti nel territorio. Il sito, attivo ormai da decenni, ha vissuto passaggi di proprietà difficili e ha accumulato ritardi nei lavori di recupero, con implicazioni giudiziarie e politiche ancora aperte.

Una eredità difficile tra discariche, rifiuti interrati e nuovi modelli da adottare

Nel territorio ciociare, come in molte zone italiane, permangono ancora aree contaminate da rifiuti interrati risalenti a gestioni fai-da-te comunali degli anni passati. Molti di questi siti sparsi tra il capoluogo e i piccoli paesi di montagna portano ancora i segni di una gestione deficitaria iniziata negli anni ’90.

Oggi la raccolta differenziata ha ridotto i conferimenti nelle discariche, e gli impianti sono stati progressivamente suddivisi per servire bacini specifici. Il processo però è lento e la bonifica rimane una partita aperta soprattutto nei confronti di quei luoghi che, come panaccioni, raccontano decenni di difficoltà e ritardi. L’attenzione pubblica e le inchieste giudiziarie mantengono elevata la pressione sulle istituzioni per affrontare il problema, ma la strada verso ambienti completamente sanati resta lunga e impegnativa.

Storia della discarica e transizione alla gestione saf di colfelice

La discarica di panaccioni è stata attivata nel 1994 dall’allora amministrazione comunale di cassino, guidata da petrarcone, durante un’epoca di emergenza rifiuti che aveva sommerso la città. In quel periodo, cassino soffriva di una situazione critica con rifiuti accatastati ovunque e cassonetti stracolmi. Il sito sorse in una zona agricola di sant’angelo in theodice, con l’obiettivo di ospitare i rifiuti urbani prodotti in città. La responsabilità del Comune è stata totale per oltre trent’anni: dall’apertura, fino alla chiusura e al progetto di bonifica.

Nel 2022 però, il terreno della discarica è stato acquistato dalla società ambiente frosinone di colfelice. L’acquisto ha comportato una spesa di circa un milione di euro, che è stata pagata a un privato proprietario. Da quel momento saf ha assunto la gestione completa dell’area. Pochi anni prima, l’ex presidente della saf lucio migliorelli e l’ingegnere roberto suppressa, direttore dell’impianto, sono stati citati a giudizio dalla procura di cassino per non aver portato avanti la bonifica e il ripristino ambientale obbligatori. Questo passaggio ha aperto una nuova fase controversa, tra questioni legali e dubbi sulle possibilità effettive della saf di intervenire rapidamente, viste anche le difficoltà economiche e logistiche legate all’intervento.

Emergenze rifiuti e gestione a cassino tra anni ’80 e ’90

L’area di panaccioni non è stata scelta a caso. Già nel 1988 la regione lazio indicava quel sito come idoneo a ospitare lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani. All’epoca il sindaco di cassino era marcello di zenzo, e la città soffriva una crisi profonda nella gestione dei rifiuti, con una stazione di carico completamente bloccata e mezzi stipati di immondizia. Il problema principale nacque anche dal fatto che l’impianto campano di castelvolturno aveva chiuso al conferimento di rifiuti cassinati, lasciando il comune privo di soluzioni immediate.

Le proteste della popolazione di sant’angelo in theodice, zona verde e rurale, accompagnarono l’iter che portò all’apertura della discarica nel ’94, un momento in cui la città era letteralmente sommersa da rifiuti maleodoranti e rischi per la salute pubblica. I primi bacini si riempirono rapidamente e la giunta petrarcone organizzò l’arrivo della reclas, società regionale, per il trattamento e lo stoccaggio. Quell’accordo mirava a portare un minimo di ordine in una gestione altrimenti confusa e precaria.

Panaccioni nel sin e finanziamenti per la bonifica rallentati

Panaccioni è incluso tra i siti di interesse nazionale per la bonifica, una lista che nel lazio include 121 ex discariche. Nel 2017 la regione stanziò un finanziamento per la bonifica tramite un decreto dirigenziale, destinato al comune di cassino. La notizia portò interventi parlamentari, come quello della deputata del movimento 5 stelle ilaria fontana, che chiese chiarimenti sullo stato dei lavori.

Nonostante il passaggio della proprietà alla saf nel 2022, i bacini pieni di rifiuti restano sul posto senza un concreto avanzamento nelle operazioni di pulizia e recupero. Questa presenza rappresenta una testimonianza visibile della lunga fase di abbandono e mancata risoluzione che caratterizza la storia del ciclo dei rifiuti in provincia di frosinone.

La situazione provinciale: siti comunali e l’impianto di trattamento di colfelice

Il problema della gestione dei rifiuti coinvolge tutta la provincia di frosinone. Negli anni ’90, i comuni avevano molti siti di discarica attivi o da verificare. Nel 2003, oreste tofani, allora deputato, sottolineava la presenza di 91 siti da controllare nel territorio. Tra questi, con particolare attenzione, era presente l’impianto di trattamento meccanico biologico di colfelice, finito sotto accusa per l’incerta funzionalità.

La reclas, società poi liquidata e caduta in un processo per bancarotta nel 2017, gestiva parte della raccolta e lo smaltimento. Dal ’97 il trattamento dei rifiuti passò nelle mani di saf, un consorzio dei comuni con la provincia, che ha rappresentato un tentativo di centralizzare la gestione. Tuttavia, si è trattato di un percorso complicato, con impatti su situazioni come quella di panaccioni, che rappresenta uno dei simboli più evidenti di una gestione difficile e poco lineare.

Paolo Ludovichi

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