La città di Frosinone è tornata a parlare del drammatico episodio di sangue avvenuto il 9 marzo 2024 davanti al locale “Shake Bar” in via Aldo Moro. Il Tribunale locale ha depositato le motivazioni della condanna a 20 anni inflitta a Mikea Zaka, 23enne di origini albanesi, riconosciuto colpevole dell’omicidio di Kasmi Kasem e del tentato omicidio di tre persone. Un gesto che ha scosso l’intera comunità, nel cuore della città, in una serata destinata a rimanere nella memoria per la violenza estrema che si è consumata.
La decisione del tribunale e il rigetto della legittima difesa
Il giudice per le indagini preliminari, Antonello Bracaglia Morante, ha focalizzato l’attenzione sulla gravità del gesto, sottolineando l’assenza di qualsiasi giustificazione nell’azione di Zaka. L’imputato aveva scelto il rito abbreviato, ottenendo uno sconto di pena pari a un terzo sull’importo stabilito. Nella sentenza, composta da 72 pagine, viene chiarito che il comportamento dell’imputato è stato deliberato e cosciente, smentendo categoricamente la tesi della legittima difesa che aveva cercato di avanzare la difesa.
L’uomo è stato ritenuto pienamente responsabile per l’omicidio volontario e per i tentativi di omicidio nei confronti di Ervin Kasmi, Klevi Hidraliu e Alvider Hidraliu. A questi si aggiungono i reati di ricettazione e di porto illegale di arma da fuoco. Decisioni fondate sulla visione dei filmati delle telecamere di videosorveglianza e sulle testimonianze raccolte durante l’istruttoria. Fondamentale è stata la confessione spontanea di Zaka, che si è presentato in Questura dopo poche ore dall’accaduto, spiegando di aver sparato in reazione a un insulto ricevuto. Il giudice ha però considerato questa versione insufficiente a giustificare il grave gesto.
Il contesto della sparatoria e la dinamica dei fatti
L’episodio si è verificato intorno alle 19:20 del 9 marzo 2024, in una zona molto frequentata della città di Frosinone, davanti al “Shake Bar”. Zaka era seduto, insieme ad amici, ai tavoli esterni del locale quando sono arrivati i fratelli Kasmi e Hidraliu. Da subito è emerso uno scambio verbale teso, culminato con un tentativo di contatto fisico da parte di Ervin Kasmi che avrebbe afferrato la manica di Zaka.
A quel punto Zaka si è alzato rapidamente, estraendo una pistola calibro 7,65 dal giubbotto e facendo fuoco con almeno sei colpi, alcuni dei quali hanno colpito mortalmente Kasmi Kasem, mentre tentava di proteggere il fratello. Gli altri proiettili hanno raggiunto Klevi Hidraliu, ferito al torace e all’inguine, Ervin Kasmi alla coscia e Alvider Hidraliu all’anca e allo scroto. Secondo i testimoni, Zaka ha sparato da breve distanza e con precisione, senza che gli altri fossero armati o avessero mostrato atteggiamenti aggressivi tali da giustificare una simile reazione.
La scena è stata ripresa da diverse telecamere che hanno permesso di ricostruire nelle singole fasi gli sviluppi di quell’agguato. Immagini che hanno supportato con forza la condanna, mettendo in evidenza la volontarietà delle azioni di Zaka.
Il verdetto, le pene accessorie e il risarcimento alle vittime
A fronte della gravità dei fatti il tribunale ha inflitto una pena di 20 anni di carcere a Mikea Zaka. La riduzione rispetto ai 30 anni iniziali deriva dall’adozione del rito abbreviato. Il giudice ha riconosciuto attenuanti generiche minime, concesse per la confessione e la giovane età, escludendo qualsiasi altra attenuante.
Oltre alla reclusione, Zaka è stato condannato a risarcire i danni morali e materiali alle parti civili, fra cui i familiari di Kasmi Kasem e i feriti nell’aggressione. Per ciascuno è stata prevista una provvisionale subito esecutiva di 150.000 euro. La sentenza ha anche disposto la rifusione delle spese legali a carico dell’imputato.
L’arma usata nel delitto non è mai stata ritrovata, nonostante le ricerche articolate condotte dalla polizia. Le tensioni a monte dell’episodio derivavano da contrasti per il controllo delle piazze di spaccio nella città di Frosinone, come emerso dalle indagini.
Il quadro della violenza nel centro di frusinone
Il delitto davanti allo “Shake Bar” rappresenta un fatto di violenza particolarmente grave, visto il luogo pubblico e la presenza di molte persone nella zona. Il giudice ha evidenziato che l’imputato portava abitualmente con sé l’arma illegale e ha agito con determinazione, sparando ripetutamente a persone non armate e non minacciose.
Le indagini hanno confermato che il movente è collegato a conflitti tra gruppi rivali, che si disputano territori e controllo in città. Il fatto ha provocato un forte allarme sociale e ha richiesto un intervento deciso delle forze dell’ordine e della magistratura, con l’obiettivo di frenare fenomeni di questa natura.
La sentenza e le motivazioni depositate chiariscono con precisione i passaggi che hanno portato alla condanna e fanno emergere un quadro nitido della dinamica degli eventi e delle responsabilità dell’aggressore. Resta aperta la possibilità di appello, ma al momento la decisione sancisce una punizione severa per un gesto di violenza che ha segnato Frosinone e la sua comunità.