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Condanna a tre anni per revenge porn nel tribunale di Latina su un caso del 2019

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Una sentenza significativa è stata emessa al tribunale di Latina che vede un uomo imputato per aver diffuso immagini intime di una ex fidanzata online. Il caso risale al 2019 e coinvolge una giovane donna della provincia di Cosenza. Il processo ha affrontato accuse di atti persecutori, sostituzione di persona e la diffusione non autorizzata di foto private su Instagram.

I fatti risalenti al 2019 e le accuse rivolte all’imputato

Nel 2019, un uomo residente vicino Latina ha condiviso su Instagram immagini intime di una ragazza originaria della provincia di Cosenza, con cui aveva avuto una relazione virtuale terminata ormai da tempo. Secondo l’accusa, l’uomo aveva creato un falso profilo social fingendosi la stessa vittima per diffondere queste foto. L’azione faceva parte di una vendetta personale, a seguito della rottura del rapporto sentimentale. La ragazza ha denunciato i fatti e si è costituita parte civile nel processo, rappresentata dall’avvocato Mocellin.

La procura ha contestato all’imputato diversi reati. Gli atti persecutori prevedevano molestie e minacce continue rivolte alla donna online, mentre la sostituzione di persona riguardava la creazione del falso profilo sui social network. La diffamazione online e la violazione della privacy sono stati il fulcro del procedimento. I fatti, pur datati, hanno evidenziato la violenza dietro alcune modalità di vendetta digitale, un tema emergente nella cronaca giudiziaria contemporanea.

Le richieste delle parti processuali e il dibattito in aula

Durante il dibattimento, la pubblica accusa ha chiesto una condanna a un anno di reclusione. La richiesta si basava sulla gravità delle molestie e sulla diffusione illecita delle immagini che hanno causato un danno psicologico grave alla vittima. L’avvocato della parte civile ha sostenuto l’urgenza di punire questi comportamenti per contrastare il fenomeno del revenge porn, sempre più diffuso.

La difesa – rappresentata dagli avvocati Falcone e Palma – invece ha chiesto l’assoluzione, negando le accuse e contestando la versione fornita dalla pubblica accusa. I legali hanno sottolineato la mancanza di prove dirette che legassero il loro assistito alla gestione del profilo falso e alla diffusione delle immagini intime. Si è aperto così un confronto acceso sugli elementi probatori, la loro consistenza e la responsabilità oggettiva del soggetto coinvolto.

Il giudice monocratico Enrica Villani, nel corso della sua valutazione, ha approfondito tutti gli aspetti contestati, analizzando i riscontri forniti da entrambe le parti e valutando la serietà dei comportamenti e le conseguenze per la vittima.

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La sentenza finale: tre anni di carcere per l’imputato

Al termine del processo, il giudice ha inflitto una pena di tre anni di reclusione all’uomo. La sentenza riconosce quindi la gravità dei fatti e la responsabilità dell’imputato per atti persecutori, sostituzione di persona e la diffusione delle immagini intime senza consenso. L’entità della condanna supera la richiesta della pubblica accusa, sottolineando il peso specifico che questi reati costituiscono nel panorama giudiziario attuale.

Il verdetto di Latina riflette la crescente attenzione del sistema giudiziario italiano verso i crimini digitali legati alla privacy e alla dignità personale. Nel corso degli ultimi anni, la legge ha rafforzato le sanzioni per il revenge porn, tentando di arginare la violenza virtuale che colpisce tante vittime, spesso donne. Il caso preso in esame qui conferma l’importanza di punire chi sfrutta i social network per vendette personali.

La vittima, assistita legalmente, si è vista riconoscere un ruolo attivo nel processo, con il riconoscimento del danno subito. Il tribunale ha messo in luce le conseguenze devastanti che la diffusione non autorizzata di contenuti privati può avere sulla vita di una persona, soprattutto in un contesto in cui la rete amplifica il danno.

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