La vicenda giudiziaria che ha coinvolto una dirigente del Comune di Latina in relazione alle norme antincendio del teatro Gabriele d’Annunzio si è conclusa con un’assoluzione per non aver commesso il fatto. Il caso riguardava l’accusa di non aver rispettato le prescrizioni dei Vigili del Fuoco necessarie per ottenere il certificato prevenzione incendi. Il processo si è svolto dopo anni di indagini e aperture dibattimentali, con testimonianze e consulenze che hanno giocato un ruolo fondamentale nel chiarire i dettagli.
Il procedimento giudiziario e le accuse contestate
Il procedimento è nato da un’indagine della procura di Latina, seguita dal pm Marco Giancristofaro, per fatti risalenti ad aprile 2018. L’imputazione riguardava la presunta omissione da parte della dirigente nel rendere operative le aperture e le vie di uscita di sicurezza sulle scale esterne del teatro. Dopo quasi quattro anni di attesa, la prima udienza del processo era stata fissata per il 25 gennaio 2022. Nel corso del procedimento, l’accusa aveva inquadrato un’ambiguità gestionale sui ritardi nell’adeguamento antincendio richiesto dai Vigili del Fuoco, elementi rilevanti per il rilascio del certificato che garantisce l’agibilità del teatro dal punto di vista della sicurezza.
Si trattava di una situazione delicata, che coinvolgeva norme rigide e la necessità di rispettare procedure stringenti, viste le potenzialità di rischio negli spazi teatrali. Le limitazioni nelle uscite di sicurezza avevano rappresentato un nodo centrale, su cui si è concentrata l’attenzione della procura, ipotizzando una responsabilità diretta della dirigente per presunte omissioni.
La difesa contro le accuse
La difesa, guidata dall’avvocato Dino Lucchetti, ha lavorato per smontare le accuse. Ha portato in aula una serie di elementi che hanno evidenziato come l’imputata non avesse autonomia decisionale sulle spese e gli interventi necessari, dati che hanno annullato il presupposto dell’accusa sulla sua posizione di garanzia. Una consulenza tecnica del professore Santarpia ha supportato questa tesi, aiutando a chiarire i meccanismi e le responsabilità burocratiche nelle procedure di messa a norma.
Durante il processo sono stati ascoltati vari dipendenti comunali e anche l’ex assessore Ranieri, il quale ha confermato che il teatro era rimasto aperto per 30 anni senza disponibilità di agibilità, portando in evidenza i contatti con i Vigili del Fuoco volti a risolvere le questioni di sicurezza. Nel 2022, si è sottolineato, è stato rilasciato il certificato di prevenzione incendi a seguito degli interventi coordinati proprio dalla dirigente ora assolta: un elemento chiave per dimostrare che le prescrizioni vennero rispettate.
L’imputata ha inoltre fornito una ricostruzione dettagliata dei fatti con dichiarazioni spontanee durante l’udienza conclusiva, che hanno aiutato a contestualizzare le tempistiche e gli atti amministrativi in gioco.
La sentenza e i dettagli sulle responsabilità pubbliche
Il giudice onorario Rosamunda Zampi ha emesso la sentenza di assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste», liberando la dirigente da ogni accusa. In una memoria difensiva depositata in procura si affermava in modo chiaro che non esisteva prova dell’autonomia di spesa dell’architetto, essendo un ente pubblico obbligato a autorizzare ogni spesa con delibera della giunta comunale. Questo dettaglio ha escluso la posizione di garanzia che avrebbe potuto far scattare la responsabilità penale della donna.
La memoria sottolineava inoltre che tutte le prescrizioni richieste dai Vigili del Fuoco erano state adempiute. La sentenza rappresenta la fine di una complessa vicenda legale con ricadute sulle procedure comunali e sugli obblighi di trasparenza nei confronti delle norme di sicurezza. La conclusione del processo conferma il principio che tra il ruolo e la responsabilità di un funzionario pubblico vi sia un confine preciso determinato dalle regole e dagli atti formali dell’ente.