La proposta di accorpare l’ufficio delle dogane di Viterbo con quello di Civitavecchia ha scatenato reazioni decise in città. La sindaca Chiara Frontini e il segretario regionale dogane e monopoli del sindacato UILPA Lazio, Virgilio Tisba, hanno espresso una netta contrarietà a questo schema, che farebbe sparire un punto di riferimento essenziale per il territorio. Questo articolo esplora nei dettagli le ragioni dietro all’opposizione e i possibili effetti sul territorio viterbese e sulle province coinvolte.
Il contesto del possibile accorpamento degli uffici doganali
A luglio 2021 è stato aperto a Viterbo un ufficio dirigenziale delle dogane, una struttura con funzioni importanti che, a soli tre anni dalla nascita, rischia ora un declassamento. L’ipotesi in discussione prevede la sua chiusura e l’accorpamento con lo sportello di Civitavecchia, spostando competenze di un’area vasta ma con caratteristiche molto diverse. Nel medesimo stabile di Viterbo è presente anche l’ufficio dei monopoli, che mantiene il proprio ruolo operativo sul territorio locale. Questa convivenza ha rafforzato la posizione degli uffici viterbesi, che già svolgono molte funzioni coordinate.
La proposta nasce all’interno di un piano di riorganizzazione più ampio dell’Agenzia delle dogane, che punta a ridurre o concentrare alcune sedi territoriali. In questo caso, però, la complessità del territorio e le peculiarità del porto di Civitavecchia rendono il piano poco chiaro. La sindaca Frontini sottolinea che “non è stata fornita una spiegazione convincente sul perché si dovrebbero togliere funzioni consolidate a Viterbo, specialmente dopo un investimento recente nella sede e nel personale.”
Le difficoltà territoriali e organizzative dell’ufficio unico a civitavecchia
Il piano prevede la nascita di un ufficio doganale unico a Civitavecchia, con competenze su tre province: Roma, Rieti e Viterbo. Si tratta di un territorio esteso e diversificato, che potrebbe creare problemi nella gestione delle pratiche e nella relazione diretta con le imprese e gli operatori locali. Il porto di Civitavecchia è una realtà fondamentale per il Lazio, centro di una rete di infrastrutture importanti, ma il progetto di unificare le competenze senza mantenere uffici capillari rischia di produrre disservizi.
Le famiglie, le aziende e gli operatori commerciali attivi in provincia di Viterbo si troverebbero a dover rivolgere la propria attività a un ufficio localizzato a oltre cento chilometri di distanza. La distanza fisica, la differenza nelle dinamiche economiche e la complessità di trattare questioni doganali in un territorio così vasto sollevano dubbi sulla fattibilità del progetto. Il segretario UILPA, Virgilio Tisba, evidenzia “la difficoltà di mantenere servizi tempestivi e di qualità con un’unica sede, soprattutto considerato il peso commerciale del porto di Civitavecchia.”
L’impatto sull’economia locale e il ruolo dell’interporto di orte
Uno dei nodi più discussi riguarda la mancata considerazione della recente apertura dell’interporto di Orte. Questa struttura di circa 200 metri quadri, dotata di un ufficio doganale interno, rappresenta un punto strategico per la logistica e il trasporto nell’area centrale d’Italia. L’interporto dovrebbe fungere da hub per lo smistamento delle merci, con un impatto diretto sul commercio internazionale, specie in un momento in cui le guerre commerciali globali rimodellano rapporti e rotte.
L’ipotesi di centralizzare tutto a Civitavecchia sottovaluta l’importanza di mantenere un ufficio doganale vicino al nuovo interporto. Il risultato potrebbe essere un rallentamento nelle operazioni commerciali di Viterbo, con conseguenze negative per le piccole e medie imprese del territorio. La distanza e la riduzione degli sportelli sul territorio vengono considerate un rischio concreto per l’assistenza e la gestione efficace delle pratiche doganali. Tisba ricorda come “servire direttamente il capoluogo Viterbese sia fondamentale in questa fase di trasformazioni nei trasporti e nella logistica.”
Le ragioni politiche e sindacali dietro la protesta
La sindaca Chiara Frontini e il sindacato UILPA Lazio agiscono congiuntamente per tutelare un presidio istituzionale significativo per il territorio di Viterbo. Per la politica locale, mantenere l’ufficio doganale significa salvaguardare servizi fondamentali per le imprese e i cittadini, evitando spostamenti e aumenti di burocrazia. Dalla parte sindacale arriva l’appello a non sottovalutare l’impatto concreto sulle operazioni quotidiane, specie con l’arrivo dell’interporto di Orte, considerato un elemento innovativo nelle infrastrutture logistiche del centro Italia.
Il confronto si inserisce nella più ampia discussione sui tagli e sulle rimodulazioni degli uffici pubblici, con cure particolari alle esigenze dei territori meno grandi. Lo spostamento a Civitavecchia, pur presentandosi come semplificazione organizzativa, viene visto come un’ulteriore perdita per una provincia già penalizzata in termini di servizi. La richiesta è di privilegiare la prossimità territoriale e di garantire la continuità assistenziale agli utenti, in un momento delicato per il commercio e la gestione delle dogane in Italia.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se il piano di riorganizzazione dell’agenzia delle dogane si adatterà alle osservazioni emerse o se si procederà con il progetto originario, con tutte le tensioni che ne derivano sul piano amministrativo e sociale.