Il nome di antonio bardellino, boss storico del clan dei casalesi, torna davanti ai riflettori dopo le ultime dichiarazioni di francesco schiavone, detto sandokan. Le affermazioni di schiavone, emerse nel corso del processo per gli omicidi di luigi cantiello e i fratelli nicola e luigi diana, risalenti al 1983, mettono in discussione la versione ufficiale sulla morte di bardellino, datata 1988. Questi eventi sollevano nuovi interrogativi sulle dinamiche interne alla camorra casertana e sul destino reale di uno dei suoi più influenti protagonisti.
Il contesto del processo e le nuove dichiarazioni di francesco schiavone
Il processo per gli omicidi di luigi cantiello e dei fratelli diana, consumatisi nel 1983, ha visto recentemente una nuova svolta grazie alle dichiarazioni spontanee rilasciate da francesco schiavone, noto come sandokan. Schiavone, condannato all’ergastolo per quei reati, ha deciso di parlare anche in appello, nonostante il percorso collaborativo con la giustizia non abbia dato gli esiti sperati.
Durante l’udienza, ha raccontato dettagli che riguardano le fasi immediatamente successive agli omicidi, indicando spostamenti precisi e incontri importanti. Tra questi, emergono riferimenti a ponte chiasso, nel nord Italia, dove si sarebbero diretti assieme ad altri componenti del commando dopo i fatti di sangue. Questa località ospitava il fratello di vincenzo de falco, detto ‘o fuggiasco’, un nome di rilievo all’interno delle cronache criminali.
La fuga verso il brasile e gli incontri chiave
Secondo quanto riferito, poco dopo, sandokan e il cosiddetto ‘marione’ si sarebbero imbarcati per raggiungere il brasile, dove ad attenderli ci sarebbe stato proprio antonio bardellino. La presenza di bardellino oltreoceano legata a questioni che coinvolgerebbero anche esponenti di cosa nostra come buschetta e badalamenti, rende il quadro ancora più complesso e allarga lo scenario criminale oltre i confini nazionali.
Le perplessità sulla morte di antonio bardellino e le ipotesi alternative
La morte di antonio bardellino, ufficialmente datata 1988, si è sempre presentata come un evento certo per le autorità e la cronaca giudiziaria. Tuttavia, da luglio 2023, questa certezza mostra crepe evidenti. Le dichiarazioni di francesco schiavone fanno riemergere ipotesi secondo cui bardellino possa essere sopravvissuto all’agguato che lo avrebbe ucciso, riuscendo a rifugiarsi in brasile o addirittura ricevendo una sorta di grazia.
Queste supposizioni comportano che la versione ufficiale sulla sua morte abbia presentato falle e che coperture abbiano impedito di accertare la verità. Le anomalie e le incongruenze che emergono dalle nuove testimonianze e dagli elementi processuali alimentano così nuovi dubbi. Bardellino, uomo di potere e stratega del clan, potrebbe aver trovato una via d’uscita che finora è rimasta oscurata.
Intreccio con la leadership dei casalesi
Le indagini sulla sua presunta morte si intrecciano con la guerra di potere che ha visto la leadership dei casalesi passare proprio a schiavone. Le conseguenze di questa presunta sopravvivenza riguarderebbero non solo gli assetti criminali ma anche la direzione stessa delle investigazioni, con ripercussioni sui processi in corso e sulle collaborazioni.
Le implicazioni delle parole di schiavone sulle connessioni internazionali della camorra
Il racconto di francesco schiavone punta i riflettori sulle relazioni transatlantiche di antonio bardellino e del clan dei casalesi. La scelta di raggiungere il brasile non è casuale: quel paese ha da tempo rappresentato un rifugio per esponenti mafiosi in fuga. La presenza di bardellino in brasile, se confermata, spiega la sua capacità di mantenere contatti stretti con figure di cosa nostra come buschetta e badalamenti, che a loro volta possedevano reti consolidate.
Questi legami mostrano come i clan napoletani e casertani abbiano intrecciato i loro interessi con la mafia siciliana, muovendosi su più fronti e continenti. Un quadro che supera la semplice criminalità locale e apre scenari di portata internazionale. Le operazioni, i traffici e le alleanze coinvolgono territori lontani, con il brasile che fa da base logistica e terreno di congiunzione.
La posizione di sandokan
La posizione di sandokan, che ha vissuto intensamente il passaggio di leadership dai casalesi, aggiunge un tassello importante a questa storia. Il suo racconto evidenzia come la camorra abbia saputo organizzarsi in modo da proteggere i propri leader anche all’estero, mantenendo rapporti strategici con altre organizzazioni criminali.
Le dichiarazioni sul ruolo di bardellino in brasile, unite ai dettagli sugli incontri e sugli spostamenti, mettono alla prova la narrazione convenzionale e richiedono approfondimenti accurati da parte delle autorità.
Ponte chiasso e gli spostamenti del commando dopo gli omicidi del 1983
La notte degli omicidi cantiello e diana, secondo quanto detto da schiavone, il commando si è spostato verso ponte chiasso dopo i delitti. Questo luogo è conosciuto come punto di passaggio importante, situato al confine tra italia e svizzera, dove si potrebbero essere nascosti o riorganizzati prima di partire per il brasile.
La casa del fratello di vincenzo de falco a ponte chiasso ha rappresentato una tappa decisiva. De falco, anch’esso figura nota negli ambienti criminali, avrebbe fornito un punto d’appoggio sicuro prima del trasferimento oltreoceano. Questo passaggio rivela come i membri della camorra usassero canali specifici per muoversi e proteggersi.
Operazioni e collaborazioni oltre confine
La partenza verso il brasile ha avuto una funzione precisa: raggiungere bardellino e mettere in atto operazioni legate a interessi che coinvolgevano anche cosa nostra. I riferimenti ai mafiosi buschetta e badalamenti indicano un livello di collaborazione elevato che supera i confini regionali.
Questo racconto consente di ricostruire una mappa delle alleanze e delle attività extraterritoriali. Ponte chiasso si conferma così uno snodo cruciale nelle rotte criminali degli anni ’80, usato per ordinare e veicolare azioni delittuose di ampia scala.
Le testimonianze di schiavone hanno dato nuova linfa a queste ricostruzioni, mettendo in luce contatti e spostamenti che fino a poco fa erano poco chiari. Questa zona di confine ha rappresentato un passaggio strategico per la sopravvivenza e il rafforzamento del clan dei casalesi.