Nel cuore del parco nazionale del Gran Sasso, una recente sentenza del Tar ha sospeso le autorizzazioni riguardanti il laghetto di Capodacqua, area protetta e sito di nidificazione per specie di uccelli tutelati. L’annullamento riguarda il nulla osta e le concessioni per l’uso turistico con navigazione sul piccolo specchio d’acqua, sollevando questioni importanti sul rapporto tra attività umane e tutela ambientale. Le critiche sono arrivate da associazioni come Lipu Abruzzo e la Stazione Ornitologica Abruzzese, impegnate nella difesa degli habitat naturali. Ecco i dettagli della vicenda.
Area protetta e criticità delle autorizzazioni per la navigazione turistica
Il laghetto di Capodacqua, sito all’interno del parco nazionale del Gran Sasso, si trova in una Zona di Protezione Speciale dedicata alla conservazione degli uccelli. Queste aree coincidono con habitat fondamentali per diverse specie che usano il territorio per nidificare e riprodursi. Nonostante questo, il parco insieme al comune di Capestrano avevano autorizzato, a lavori già iniziati, la costruzione di un pontile e la possibilità di navigare sulle acque del laghetto, anche durante il periodo riproduttivo della fauna ornitologica.
Le autorizzazioni erano state rilasciate “a posteriori”, cioè dopo il completamento parziale o totale degli interventi, compresa la rimozione della vegetazione sulle sponde. Quest’ultima pratica ha un impatto concreto sugli habitat di alcune specie protette, alterando equilibri delicati e potenzialmente causando danni irreversibili, soprattutto in un luogo di dimensioni limitate come il laghetto. La navigazione, per esempio, crea disturbi acustici e fisici che provocano stress negli animali e possono indurre abbandono delle uova o dei piccoli.
La risposta delle associazioni ambientaliste e la segnalazione al tar
Non appena avvistati i lavori, la Stazione Ornitologica Abruzzese ha presentato un ricorso al Tar, seguito da Lipu Abruzzo. Entrambe le realtà sottolineano che gli uccelli hanno una “distanza di fuga” molto ridotta, spesso solo poche decine di metri. Questo significa che il passaggio di imbarcazioni o la presenza di persone vicino ai nidi può compromettere la covata e la cura dei pulcini.
Stefano Allavena, delegato Lipu Abruzzo, e Massimo Pellegrini, presidente della Soa, spiegano come le scelte fatte per il laghetto vanno nella direzione opposta rispetto agli obiettivi di salvaguardia previsti per le aree protette. In un luogo così limitato e al contempo prezioso per la biodiversità, l’uso turistico intensivo rischia di stravolgere la qualità dell’habitat naturale. La sentenza del Tar si configura come un invito a riflettere seriamente sulle priorità di gestione di parchi come il Gran Sasso.
Motivazioni tecniche della sentenza e problemi nelle procedure di valutazione ambientale
Augusto De Sanctis, attivista della Soa, ha commentato le motivazioni con cui il Tar ha annullato i provvedimenti di autorizzazione emessi dal parco e dal comune. In particolare si è richiamata l’irregolarità nell’approvazione della Valutazione di Incidenza Ambientale, uno strumento fondamentale per capire l’impatto delle opere sull’ambiente naturale.
Il tribunale ha evidenziato due principali problemi: la Valutazione di Incidenza va fatta prima dei lavori, per evitare danni irreversibili, non a lavori già in corso o completati; inoltre, gli uffici preposti devono possedere competenze specifiche in materia naturalistica. De Sanctis ha sottolineato come la delega a piccole amministrazioni locali, spesso sprovviste di esperti adeguati, abbia portato a errori e danni sul territorio.
Indicazioni per futuri interventi normativi
Subito dopo questa vicenda, alcune associazioni di tecnici comunali si sono unite alla richiesta di rivedere regole normative che consentono a enti poco attrezzati di gestire questioni complesse come la tutela di habitat protetti. La sentenza del Tar pare dunque anche un campanello d’allarme per le istituzioni con responsabilità ambientali.