L’esodo dei giovani laureati dall’italia verso l’estero continua a preoccupare esperti e istituzioni. Negli ultimi anni, quasi 100mila giovani hanno scelto di lasciare il paese per trovare condizioni di lavoro e vita più favorevoli. Questo fenomeno evidenzia la necessità di ripensare gli investimenti nel settore formativo e di ridare valore a una preparazione che possa sostenere le nuove generazioni nel costruire un futuro diverso e più stabile all’interno dei confini nazionali. Durante la presentazione di un libro a Milano, sono emerse riflessioni su come affrontare questa sfida, soprattutto puntando su una gestione più matura delle imprese e sul dialogo tra generazioni diverse.
Il fenomeno dell’emigrazione dei giovani laureati dall’italia
Negli ultimi anni l’italia ha registrato la partenza verso l’estero di quasi 100mila laureati. Questo dato rappresenta una significativa perdita di capitale umano, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. Questi giovani, spesso altamente qualificati, sono spinti a cercare lavoro e dignità professionale fuori dai confini nazionali per condizioni economiche più favorevoli, opportunità di crescita e ambienti di lavoro più stimolanti.
Le cause di questa fuga di cervelli sono molteplici. In primo luogo c’è la scarsità degli investimenti pubblici dedicati all’istruzione; infatti, la quota del PIL destinata a questo settore resta bassa rispetto ad altri paesi europei. Questa scelta limita le prospettive dei giovani in italia, penalizzando la qualità della formazione e la possibilità di applicare competenze nuove sul mercato del lavoro. A ciò si aggiunge un’accusa di scarsa lungimiranza e generosità da parte dello Stato e delle istituzioni, che non riescono a mettere in atto politiche efficaci in grado di attrarre e trattenere i talenti.
Doppia perdita per il paese
La conseguenza di questo esodo è una doppia perdita: non solo i giovani e le loro famiglie affrontano condizioni di vita difficili in patria, ma il paese rinuncia a un importante potenziale di sviluppo culturale, sociale ed economico. È fondamentale concentrarsi su progetti concreti per offrire a queste ragazze e ragazzi un’istruzione di qualità e percorsi lavorativi che valorizzino le loro competenze.
L’appello di antonio calabrò sul valore di una formazione solida
Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa e della Fondazione Assolombarda, ha espresso un giudizio netto sulla situazione italiana dei giovani e dell’educazione. Ad un evento a Milano, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di investire di più nella formazione, definita come fondamentale per dare un futuro diverso dalle abitudini passate.
Secondo Calabrò, “la mancanza di una visione allargata che guardi ai giovani come un patrimonio da valorizzare fa sì che si siano emigrate decine di migliaia di persone.” Il problema non riguarda solo risorse, ma anche la capacità di accogliere con serietà, rispetto, e fino a una certa severità, chi deve costruire un percorso professionale. Questo dialogo deve essere supportato da una politica di investimento che metta al centro la qualità della formazione, tema su cui l’italia è ancora distante rispetto a paesi con cui si confronta.
Calabrò ha sottolineato che si tratta di essere ambiziosi e pronti a cambiare rotta, “lasciando alle spalle una mentalità che nel passato ha contribuito a frenare lo sviluppo dei giovani.” Serve attenzione e impegno nel selezionare e spingere le nuove generazioni verso il futuro in modo da evitare che il talento e la preparazione finiscano per privilegiare mete estere.
La transizione verso un capitalismo più manageriale e l’incontro tra generazioni
Durante la presentazione del libro “Dai forma al tuo talento” di Patrizia Fontana, Calabrò ha messo in luce un elemento positivo che riguarda il mondo imprenditoriale italiano. Sta infatti proseguendo un cambiamento nel modo di gestire le imprese, con il passaggio dal modello di capitalismo familiare a una gestione sempre più manageriale.
Questa evoluzione modifica il modo in cui le risorse vengono create e allocate. Con una gestione più professionale, l’impresa può destinare più capitali alla ricerca e allo sviluppo, facendo crescere produttività e competitività. Non è un passaggio semplice né immediato, ma apre la strada a un modello più sostenibile nel tempo rispetto alle dinamiche tradizionali.
Calabrò ha rimarcato che la sfida richiede la collaborazione tra le generazioni. Le conoscenze, l’esperienza e la stabilità delle figure senior devono integrarsi con l’entusiasmo, la curiosità e la voglia di novità dei più giovani. Questo incontro tra vecchie e nuove forze è la chiave per affrontare i cambiamenti richiesti dal mercato e dalla società. Solo sviluppando una collaborazione autentica tra queste forze, l’italia potrà avere speranza di trattenere i suoi talenti e farli diventare protagonisti del proprio sviluppo.
Questo passaggio di consegne dentro le imprese indica un percorso di possibile crescita, purché venga supportato anche da politiche pubbliche attente alle esigenze di istruzione e lavoro. Il grido d’allarme su come vengono trattate le nuove generazioni non si limita infatti alla formazione ma coinvolge tutto ciò che spinge o mette alla prova i più giovani nel loro accesso a un futuro stabile.