Un’inchiesta ha smascherato un sistema di introduzione illecita di cellulari, droghe e caricatori all’interno del carcere di Cassino. I dispositivi erano nascosti in bottiglie lanciate oltre le mura, oppure scambiati durante le visite con congegni mimetizzati. La polizia ha eseguito sei misure cautelari contro detenuti delle province di Frosinone, Latina e Roma. Gli arresti hanno fatto luce su una rete ben organizzata che favoriva comunicazioni e traffici proibiti dietro le sbarre.
L’indagine, coordinata dalla procura di Cassino, è partita dall’ottobre 2023 e ha coperto diversi mesi di attività fino a gennaio 2025. Tutto ha avuto origine dal sequestro di un telefono cellulare all’interno della casa circondariale. Il rinvenimento ha spinto le forze dell’ordine a indagare a fondo, rivelando un sistema ben strutturato di comunicazione tra detenuti e l’esterno.
Gli investigatori della Squadra Mobile di Frosinone e del Commissariato di Cassino hanno lavorato con intercettazioni ambientali, analisi approfondite dei dispositivi sequestrati e monitoraggio dei colloqui tra i reclusi e i loro familiari. In certi casi, durante queste visite, sono stati identificati scambi diretti di materiale vietato. I familiari, in alcuni episodi, hanno avuto un ruolo attivo nel fornire droga o cellulari ai detenuti, complicando ulteriormente il quadro investigativo.
Le tecniche adottate per far arrivare materiale proibito dentro il carcere hanno mostrato una certa inventiva. Ignoti tendevano fili con bottiglie legate, contenenti dosi di cocaina, hashish e micro-cellulari. Questi “pacchi” venivano lanciati oltre le mura della struttura e recuperati da detenuti facilitati da complici all’interno dell’istituto.
Oltre a questa modalità, gli spostamenti durante le visite erano usati per passare piccoli dispositivi elettronici nascosti tra abiti o oggetti personali, per evitare i controlli. Questi stratagemmi sono emersi grazie alle intercettazioni e alle osservazioni dirette durante i colloqui con familiari. Il procuratore capo Carlo Fucci ha spiegato in conferenza stampa che oltre ai sei arrestati sono stati identificati altri dodici indagati, tutti coinvolti nel possesso di cellulari alla detenzione. Nei loro confronti sono stati eseguiti sequestri e contestati reati di introduzione di dispositivi e stupefacenti.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, non si trattava di un’operazione improvvisata. La rete criminale funzionava con una pianificazione dettagliata: dalle ordinazioni in anticipo alla scelta dei momenti migliori per gli scambi, fino all’uso di strumenti di dimensioni ridotte pensati per sfuggire ai controlli.
Questo sistema permetteva alle persone detenute di mantenere contatti esterni e continuare a gestire attività illegali dentro le mura, nonostante la reclusione. Quanto emerso dall’inchiesta ha inferto un colpo significativo alla sicurezza interna del carcere di Cassino, portando alla luce lacune e punti deboli nella vigilanza.
Il caso di Cassino si inserisce in un dibattito più ampio sulla sicurezza negli istituti penitenziari in Italia e sul contrasto alla criminalità organizzata nelle carceri. Le forze dell’ordine hanno sottolineato che continueranno a intensificare le attività di controllo e repressione per bloccare ogni tentativo di traffico illecito tra dentro e fuori.
L’autorità giudiziaria nei prossimi mesi valuterà a fondo le posizioni di tutti i coinvolti. Per alcuni gli indizi potrebbero aggravarsi se ulteriori elementi confermeranno il legame con le attività messe a punto. Intanto sono in corso approfondimenti per capire come migliorare i sistemi di controllo, per evitare che questi metodi ingegnosi tornino a incidere sul funzionamento dell’istituto.
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