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Nuove scoperte sull’ultimo viaggio e la morte di caravaggio a porto ercole

La figura di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, torna sotto i riflettori con una serie di nuove scoperte che riguardano il suo ultimo viaggio e le cause reali della sua morte. Lo storico Silvano Vinceti ha pubblicato recenti documenti e rivelazioni che mettono in discussione alcune certezze consolidate da secoli. Le novità offrono un quadro più preciso del percorso finale del pittore e delle condizioni in cui si spense nel 1610, nel territorio di Porto Ercole.

Il vero luogo dello sbarco di caravaggio durante la fuga

La tradizione aveva fissato la spiaggia della Feniglia, vicino a Orbetello, come il punto di arrivo di Caravaggio nel suo tentativo di tornare a Roma in cerca di grazia. Vinceti rovescia questa convinzione affermando che il pittore approdò invece a una spiaggia meno nota: la Croce, sotto la rocca spagnola a Porto Ercole, a sud-ovest. Questo tratto costiero risultava più nascosto e difeso da scogliere, un rifugio ideale per evitare la cattura da parte delle truppe spagnole che controllavano il porto.

Il significato di questa scoperta sta nell’implicazione strategica: Caravaggio era braccato e doveva muoversi con precauzione. La scelta della spiaggia della Croce spiega perché nei racconti precedenti siano mancati i dettagli sul suo arrivo: il luogo era isolato, fuori dalle rotte comuni e poco sorvegliato. La presenza delle imponenti mura della rocca garantiva una sorta di riparo naturale, difendendo il pittore da possibili inseguimenti.

Questo nuovo scenario cambia anche la percezione del viaggio di Caravaggio. Si immagina un uomo in fuga, stanco, di cui conosciamo poco l’itinerario. Non un semplice attraversamento di coste frequentate, ma una manovra pensata per sfuggire a un destino segnato dalla giustizia pontificia. La ricerca di Vinceti aggiunge spessore a questo momento storico, mostrando il volto di un uomo ormai isolato e in pericolo.

I quadri portati da caravaggio e ritrovati a napoli

La seconda novità riguarda i quadri che Caravaggio portava con sé in quel viaggio. Una lettera del 29 luglio 1610, scoperta da Vinceti negli archivi, è stata scritta da Deodato Gentile, delegato pontificio a Napoli, e indirizzata a Scipione Borghese, responsabile della giustizia in quegli anni difficili. La missiva descrive il contenuto di una feluca, una piccola imbarcazione veloce, che aveva riportato a Napoli alcune “robbe” di Caravaggio.

Dalla lettera emerge un dettaglio essenziale: sulla barca non c’erano cinque o sei dipinti come si pensava, ma soltanto tre. Due rappresentavano San Giovanni e uno la Maddalena. Questi quadri furono riconsegnati a Costanza Colonna, benefattrice e protettrice del pittore, nella sua residenza di Chiaia, punto di partenza dell’ultimo viaggio.

Questo elemento aiuta a capire il valore e il peso delle opere per Caravaggio, che le aveva portate con sé nella speranza di difenderle o che venissero riconosciute. La riduzione del numero di tele modifica le ipotesi sulle fortune artistiche che il pittore si portava appresso in quei giorni di fuga. I quadri erano pochi, forse preziosi e simbolici, e il loro ritorno a Napoli forse testimonia un ultimo legame con i mecenati prima della sua scomparsa.

La causa reale della morte svelata da studi sui resti ossei

Un passo decisivo nella ricerca in corso riguarda la causa della morte di Caravaggio. Resti mortali attribuiti al pittore sono stati ritrovati a Porto Ercole. Un’équipe di studiosi internazionali, tra cui ricercatori dell’Università di Bologna, ha studiato tali reperti con tecniche scientifiche moderne.

Le analisi hanno confermato che Caravaggio morì per sepsi causata dal batterio Staphylococcus aureus. In particolare, la sepsi sarebbe scaturita da una superinfezione di ferite procurate durante una rissa a Napoli, come indicato dai segni di osteomielite riscontrati su un osso esaminato. Questa infezione ossea è una complicazione tipica della sepsi e sostiene la tesi di una morte dolorosa e prolungata.

Questo risultato puntualizza un punto cruciale: Caravaggio non morì per cause misteriose come finora ipotizzato, ma per infezioni che l’assenza di cure e condizioni di vita precarie aggravarono fino al decesso. Le ferite potrebbero essere state provocate proprio dagli scontri violenti nel periodo finale della sua esistenza.

Un’immagine di caravaggio diversa da quella romantica di sempre

Le scoperte rimescolano anche la rappresentazione del pittore tramandata da racconti ottocenteschi e biografie romantiche. Non è il “maledetto” tormentato e passionale che si immaginava, ma un uomo segnato dalla sofferenza fisica e dalla paura.

Secondo Vinceti, emerge la figura di un Caravaggio stanco e malato che, con poche tele a seguito, cercava di ottenere il perdono papale. L’uomo si muoveva tra paure e ferite, senza certezze sul domani, in fuga da un destino incerto. Un’immagine più umana, che rivela la fragilità e il dramma di quello che non era più solo un genio artistico, ma anche un uomo.

Questa visione più realistica fa luce sulla natura della sua ultima permanenza, nel silenzio isolato della spiaggia della Croce e nelle difficoltà che lo afflissero fino all’ultimo respiro.

Silvano vinceti e le sue ricerche sul genio lombardo

Silvano Vinceti è uno storico e ricercatore da anni impegnato nello studio di Caravaggio. Ha pubblicato diversi libri che esplorano aspetti della vita e della morte del pittore lombardo. Tra questi si ricordano “L’enigma Caravaggio. Ipotesi scientifiche sulla morte del pittore”, “Il mistero Caravaggio. Una vita dissoluta, una morte misteriosa, un corpo scomparso”, e “Porto Ercole. L’ultima dimora di Caravaggio”, tutti usciti nel 2010 con Armando Editore o Rizzoli.

Le sue indagini mescolano documenti storici e analisi scientifiche e conducono a una lettura più precisa e meno mitizzata di Caravaggio. Le scoperte su Porto Ercole e l’ultima parte della vita dell’artista sono parte di un lavoro lungo e dettagliato, che continua a far luce su una pagina complessa della storia dell’arte e della cultura.

Clarissa Abile

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Clarissa Abile

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