La crescente diffusione della resistenza agli antibiotici rappresenta una minaccia globale con impatti drammatici sulla salute pubblica. Gli esperti avvertono che senza un cambio deciso nelle modalità di prescrizione e uso di questi farmaci, i decessi correlati aumenteranno sensibilmente nei prossimi anni. L’Università degli Studi di Napoli Federico II ha raccolto queste preoccupazioni durante un incontro dedicato alle nuove sfide terapeutiche nell’ambito degli antimicrobici, sottolineando la necessità di intervenire tempestivamente, specialmente nel contesto territoriale.
Boom dei decessi collegati alla resistenza agli antibiotici nel mondo
Le stime internazionali parlano di circa cinque milioni di morti ogni anno legati all’antibiotico-resistenza. Questo fenomeno riguarda situazioni in cui batteri e altri microrganismi non rispondono più ai trattamenti farmacologici abituali. Secondo Ivan Gentile, direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia della Federico II, se non si adottano politiche rigorose, nel giro di pochi decenni i decessi potrebbero superare la soglia degli otto milioni annui. Questi numeri riflettono non solo l’aumento delle infezioni difficili da curare, ma anche le conseguenze più vaste sull’organismo e sull’ambiente.
Un elemento critico che contribuisce a questa emergenza è legato all’uso non corretto degli antibiotici. Tra le pratiche più dannose spicca l’automedicazione, ormai diffusa anche in Italia. Gentile sottolinea come molte persone assumano questi farmaci per patologie virali, come l’influenza o il covid-19, dove gli antibiotici non hanno alcun effetto curativo. Questo abuso logora la capacità dei farmaci di agire efficacemente, compromettendo sia il singolo paziente sia la collettività. La crescente resistenza infatti si trasmette e riguarda anche le generazioni future, con una vera e propria eredità tossica che coinvolge anche ambiente e salute pubblica.
L’utilizzo scorretto degli antibiotici in ospedale e sul territorio
L’uso eccessivo e scorretto degli antibiotici oggi non riguarda più solo gli ospedali, ma anche il territorio, dove il 90% del consumo totale di questi farmaci ha luogo. Ivan Gentile segnala che qui si gioca la partita decisiva per salvaguardare l’efficacia di questi medicinali. Si tratta di una questione di responsabilità da parte dei medici di base, che spesso prescrivono antibiotici per prevenzione o senza criteri stringenti. Gli ospedali devono intervenire certo, ma la grande sfida rimane a livello territoriale, dove il controllo è difficilmente applicabile e il rischio di automedicazione aumenta.
L’abuso sul territorio è accompagnato da una scarsa cultura dell’appropriatezza prescrittiva, con prescrizioni non sempre basate su valutazioni cliniche approfondite. Questo porta alla selezione di ceppi batterici resistenti e riduce rapidamente le opzioni di trattamento disponibili. Gentile richiama quindi la necessità di formare medici e pazienti a un uso più oculato degli antibiotici, evitando di trattare tutte le infezioni con la stessa terapia.
La campania tra le regioni più colpite per resistenza e conseguenze sanitarie
Anche a livello regionale i dati confermano l’allarme. Antonio Cittadini, direttore del Dipartimento di Medicina Interna alla Federico II, mette l’accento sulla Campania, definendola la regione con le condizioni più critiche in Italia per quanto riguarda la resistenza agli antibiotici e altre problematiche sanitarie connesse. Secondo Cittadini, questa situazione dipende da prescrizioni inappropriate e dalla mancanza di una valutazione attenta degli effetti dell’iper-prescrizione.
La selezione di batteri resistenti nei pazienti non è un fenomeno neutro, ma si traduce in un aumento diretto della mortalità. Le infezioni diventano difficili o persino impossibili da curare, peggiorando i tempi di cura e la qualità della vita. La questione si intreccia anche con altre condizioni come l’obesità, che nella stessa regione mostra dati preoccupanti. Insieme, questi fattori agiscono sull’aumento delle complicanze e dei decessi, mettendo sotto pressione il sistema sanitario locale.
La minaccia di un’era post-antibiotica e la sepsi come emergenza sanitaria globale
Gentile lancia un monito netto sul rischio di entrare in un’epoca post-antibiotica. In questi scenari, gli antibiotici continueranno a essere prodotti, ma perderanno la capacità di curare le infezioni più gravi. Tra queste, la sepsi rappresenta un’emergenza globale, responsabile di circa 11 milioni di morti ogni anno. Un problema aggravato dalla difficoltà di diagnosi tempestiva, che spesso porta a ritardi critici nelle cure.
Le infezioni resistenti fanno salire le cifre della mortalità e generano un circolo vizioso che colpisce intere comunità. Salvaguardare l’efficacia di questi farmaci significa intervenire subito e in modo coordinato, per rallentare la diffusione di ceppi resistenti e garantire opzioni terapeutiche efficaci anche per le generazioni a venire. La ricerca, la sorveglianza costante e un uso responsabile restano dunque le leve principali per contrastare questa minaccia in crescita.