Un giovane pastore guineano è stato pagato appena tre euro l’ora per il lavoro di accompagnamento delle pecore al pascolo. Viveva in condizioni igieniche precarie in un appartamento messo male. Il suo datore di lavoro, un imprenditore cinquantenne residente a Sulmona ma originario della provincia di Frosinone, è stato condannato per sfruttamento e intermediazione illecita. La vicenda, datata tra il 2017 e il 2018, ha visto il Tribunale di Sulmona infliggere la pena di un anno e tre mesi di reclusione, più una multa e il risarcimento delle spese processuali.
Lavorava per pochi euro al giorno e viveva in condizioni precarie
Il ragazzo, giunto dalla Guinea, veniva pagato solo tre euro l’ora per un’attività dura e faticosa come condurre al pascolo un gregge di pecore. Tuttavia non era solo il salario a preoccupare. L’appartamento dove il giovane viveva era in uno stato di degrado, con condizioni igienico-sanitarie inaccettabili. Mancanza di pulizia, spazi stretti, servizi igienici precari. Tutto questo rivelava una situazione di sfruttamento non solo lavorativo ma anche abitativo, che delicatezza e rispetto per la dignità del lavoratore avrebbero dovuto evitare.
I carabinieri della stazione di Goriano Sicoli, nell’Aquila, contattarono il giovane durante un controllo e le sue dichiarazioni in caserma misero in moto un’inchiesta. Le accuse si concentrarono sulla figura dell’imprenditore che, con la sua condotta, ha calpestato diritti e normative vigenti.
Processo e condanna esemplare a sulmona
Dopo le indagini coordinate dalla procura della repubblica di Sulmona, la posizione del datore di lavoro si è aggravata. Il processo ha raccolto elementi chiari in merito a intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera, reati che il tribunale ha ritenuto sussistere. Il giudice Francesca Pinacchio ha emesso la condanna il 3 febbraio 2025, imponendo una pena detentiva di un anno e tre mesi. Il verdetto include anche una multa di 750 euro oltre a coprire le spese processuali.
La sentenza conferma quanto emerso durante le indagini: il serio sfruttamento di un lavoratore giovane e straniero, costretto a svolgere un’attività faticosa per una retribuzione irrisoria, oltre a subire condizioni di vita che violano standard minimi di decenza. Si tratta di un caso esemplare che mette in luce le difficoltà presenti nel mondo del lavoro agricolo, specie per i migranti, e il ruolo di chi approfitta della loro vulnerabilità per ricavarne guadagni illeciti.
Il contesto sociale e le implicazioni del caso
Questo caso arriva a Sulmona, città abruzzese con una lunga tradizione agricola, e fa riflettere sulle condizioni di lavoro nel settore pastorale e nelle campagne d’Italia. Molti giovani immigrati provenienti dall’Africa e da altri paesi si ritrovano impiegati in attività spesso dure, con salari minimi o addirittura sotto soglia. Il rischio di sfruttamento e abusi è alto, specialmente quando la normativa viene aggirata da imprenditori senza scrupoli.
Non solo il salario basso ma anche le condizioni abitative carenti accentuano le difficoltà quotidiane di questi lavoratori. Il caso del giovane guineano diventa così un simbolo della lotta per garantire diritti, sicurezza e lavoro dignitoso a chi contribuisce con la propria fatica all’economia locale. Le forze dell’ordine e la magistratura giocano un ruolo chiave nel riconoscere e sanzionare tali situazioni, ma il fenomeno rimane vasto e complesso.
Sul piano legale, la condanna emessa rappresenta un messaggio chiaro a chi sfrutta i più deboli. La tutela dei lavoratori migranti passa anche attraverso controlli serrati e punizioni appropriate, per impedire che casi simili si ripetano. Rimane, però, la sfida di garantire prevenzione e interventi tempestivi sul territorio, insieme a una maggiore consapevolezza pubblica sul problema dello sfruttamento lavorativo.
L’intervento delle autorità e importanza dei controlli in abruzzo
L’intervento dei carabinieri della stazione di Goriano Sicoli si è rivelato determinante. Durante un normale controllo, è emersa una realtà nascosta, quella di un lavoratore ridotto a condizioni di grave disagio. Le sue dichiarazioni hanno spinto l’ufficio della procura di Sulmona a indagare a fondo.
Questo episodio sottolinea l’importanza dei controlli sul campo e della collaborazione tra forze dell’ordine, magistratura e enti locali. Solo monitorando con attenzione le condizioni dei lavoratori si può smascherare lo sfruttamento che spesso resta invisibile. La provincia di L’Aquila, come altre zone dell’Abruzzo, vede quotidianamente situazioni simili, e le autorità sono chiamate a intervenire con rigore.
Il caso ha poi avuto un eco anche nel dibattito pubblico, portando alla luce il tema in un territorio dove la pastorizia ha radici profonde. Identificare e sanzionare casi di sfruttamento diventa quindi fondamentale per tutelare non solo i diritti individuali ma anche per mantenere integrità nel comparto agricolo e pastorale regionale.