Il processo in corso presso la Corte d’Assise dell’Aquila coinvolge tre cittadini palestinesi: Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh. Questi ultimi sono accusati di terrorismo internazionale. La vicenda è iniziata con il fermo e la detenzione di Yaeesh a partire dal gennaio 2024. Nel corso delle udienze emergono difficoltà legate alle traduzioni dei documenti e contestazioni sulle strategie investigative, mentre all’esterno del tribunale proseguono le manifestazioni a favore degli imputati.
Il problema delle traduzioni nel processo
Durante l’ultima udienza, la Corte ha ascoltato il proprio esperto incaricato della traduzione dall’arabo dei materiali oggetto del dibattimento. La complessità del linguaggio e delle espressioni contenute nei testi ha richiesto un lavoro accurato di interpretazione. A supporto della difesa è intervenuto anche Khaled El Qaisi, ricercatore con esperienza come mediatore linguistico, che ha fornito un contributo specifico per chiarire alcune incomprensioni tra le parti.
Traduzioni e implicazioni politiche
Il problema delle traduzioni si inserisce in un contesto delicato, perché i significati tradotti possono influenzare la valutazione delle prove e il contesto politico dei contenuti. La difesa ha sollevato perplessità sull’accuratezza di alcune versioni, soprattutto riguardo ai termini con cariche ideologiche o con riferimenti alla situazione in Cisgiordania, se non per l’intervento diretto di un esperto qualificato. Le audizioni dei periti si sono concentrate su queste criticità, rilevando come ogni dettaglio nel testo arabo possa avere ripercussioni nel processo.
Indagini e fonti aperte: la testimonianza della digos
Patrizio Cardelli, commissario capo in pensione, ha testimoniato sulle indagini condotte all’epoca dei fatti per la Digos. L’elemento che ha suscitato più attenzione è l’utilizzo di fonti aperte: social network come Facebook, Instagram, Telegram, con tanto di siti internet e pagine Wikipedia.
La polizia ha monitorato questi canali per raccogliere prove di attività terroristiche attribuite agli imputati, in particolare riguardo a presunte azioni di sostegno economico in Cisgiordania.
Critiche alle metodologie investigative
Cardelli ha illustrato come siano state seguite e documentate tracce digitali lasciate dagli imputati o da gruppi ad essi collegati. Per l’accusa la presenza di questi dati sulla rete avrebbe un valore probatorio significativo. Nel contraddittorio, la difesa ha criticato non solo la scelta delle fonti, ma anche la metodologia adottata nelle indagini, mettendo in dubbio la validità di certe interpretazioni legate a contenuti pubblicati online, spesso soggetti a manipolazioni o errori di contestualizzazione.
Manifestazioni e contestazioni della difesa
All’esterno del tribunale dell’Aquila, un gruppo di manifestanti ha organizzato un sit-in di solidarietà per i tre palestinesi imputati. Questa mobilitazione segnala una critica severa all’andamento del processo, accusato di gravi irregolarità procedurali.
Tra i rilievi più forti ricordano le confessioni acquisite inizialmente e poi escluse a seguito di un ricorso perché ritenute estorte con l’uso della tortura.
Limitazioni e tensioni in aula
Particolare attenzione è stata data anche alla limitazione dei testimoni: su 47 richiesti dalla difesa, solo tre sono stati ammessi in aula. Le restrizioni ostacolerebbero la possibilità di esaminare pienamente le dinamiche dell’inchiesta. La gestione delle dichiarazioni spontanee di Anan Yaeesh ha poi alimentato ulteriori tensioni. Alla lettura del testo in italiano è stata chiamata un’interprete, ma la difesa sostiene che il contenuto originario, soprattutto nella sua componente politica, sia stato modificato o travisato nel passaggio.
Nodi politici e legali in un contesto di conflitto
Le vicende che coinvolgono Yaeesh, Irar e Doghmosh si collocano in un quadro segnato da profonde tensioni internazionali e sociali. I manifestanti sottolineano che il procedimento giudiziario solleva domande cruciali sul trattamento riservato ai palestinesi accusati di atti connessi a opposizione e resistenza durante l’occupazione.
Al centro del dibattito, emerge la controversia sul riconoscimento della legittimità delle azioni in contesti di conflitto come quello della Cisgiordania.
Diritti umani e giustizia penale
Il processo si intreccia così con temi complessi che riguardano diritti umani, giustizia penale e libertà di espressione. Le accuse di terrorismo mettono in discussione pratiche politiche e sociali che trovano interpretazioni contrapposte nelle differenti visioni internazionali e locali. Al tribunale dell’Aquila, tutto ciò si riflette nel confronto tra accusa e difesa, mentre la società segue da vicino l’evolversi della vicenda.