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Quando il datore di lavoro può contestare il certificato medico e cosa succede alla malattia

Il certificato medico rappresenta la prova principale per giustificare un’assenza dal lavoro per malattia. Eppure non sempre ha valore assoluto: il datore di lavoro può metterlo in discussione in presenza di dubbi o comportamenti incompatibili con lo stato di malattia. L’istituto nazionale della previdenza sociale regola la concessione dell’indennità di malattia, che viene riconosciuta a partire dal momento in cui il certificato viene inviato. Chi cura la sicurezza nel rapporto di lavoro, tuttavia, ha la possibilità di fare controlli e verifiche per accertare la veridicità delle assenze giustificate. Vediamo in dettaglio quali sono le regole per il certificato medico e quando può essere effettivamente messo in discussione.

Valore e trasmissione del certificato medico per l’indennità di malattia

Quando un lavoratore è temporaneamente impossibilitato a svolgere l’attività lavorativa per malattia, spetta al medico curante rilasciare il certificato medico. Questo documento deve essere inviato per via telematica all’INPS entro il giorno stesso della visita o, in caso di visita domiciliare, almeno entro il giorno successivo. L’INPS riconosce l’indennità di malattia a partire dalla data indicata nel certificato. Per questo motivo, è essenziale che il medico indichi correttamente tutte le informazioni richieste, come per esempio eventuali esenzioni dagli orari di reperibilità.

Gli orari di reperibilità, previsti per i lavoratori dipendenti, sono le fasce orarie in cui il lavoratore deve restare reperibile per eventuali visite fiscali. In alcuni casi però, i lavoratori possono essere esentati da questo obbligo, per esempio in presenza di alcune patologie o invalidità riconosciute, o se si tratta di malattie connesse a cause di servizio per determinati dipendenti pubblici. Questo dettaglio deve essere indicato nel certificato per evitare contestazioni.

In pratica, il certificato emesso deve rispettare requisiti precisi e non può essere presentato con ritardo o informazioni incomplete, perché da questo dipendono il riconoscimento dell’indennità e la successiva tutela del lavoratore.

Contestazione del certificato: quando il datore di lavoro può intervenire

Il datore di lavoro ha la possibilità di contestare un certificato medico qualora sospetti che il lavoratore non abbia diritto all’assenza per malattia. Può farlo anche attraverso indagini private, coinvolgendo investigatori che verificano se il dipendente svolge attività incompatibili con il suo stato di salute, in qualsiasi momento della giornata, anche fuori dalle fasce di reperibilità.

Ad esempio, se un lavoratore risulta assente per febbre alta ma viene sorpreso a fare attività sportive o partecipare a eventi sociali impegnativi, può essere accusato di falsa malattia. In tali casi, il datore può procedere con il licenziamento per giusta causa, perché il comportamento viola l’obbligo di fedeltà e la buona fede con il datore di lavoro, danneggiando la fiducia nel rapporto lavorativo.

La Cassazione ha confermato che i controlli possono riguardare anche il tempo al di fuori degli orari in cui il lavoratore dovrebbe essere reperibile, non solo durante le fasce 10-12 e 17-19. Se emerge che il dipendente ha simulato la malattia, il certificato medico perde efficacia e il datore può agire legalmente per tutelare i suoi interessi.

Inoltre, anche se le visite fiscali risultano conformi, può restare spazio per mettere in discussione la validità della certificazione medica, soprattutto se si raccolgono prove mediche alternative o indagini che fanno emergere comportamenti non compatibili con la malattia.

Regole per la decorrenza dell’indennità e il certificato retroattivo

L’indennità di malattia viene calcolata solo per i giorni coperti da certificazione valida. In genere, per i contratti collettivi, i primi tre giorni di malattia sono a carico del datore di lavoro, mentre dal quarto giorno scatta l’indennità a carico dell’INPS. Questa indennità varia nel tempo: dal quarto al ventesimo giorno viene riconosciuta al 50% della retribuzione media, dal ventunesimo al centottantesimo giorno sale al 66,66%.

Il certificato medico può avere efficacia retroattiva solo in casi specifici. La normativa stabilisce infatti che la malattia decorre dal giorno della visita medica, ma se la visita è domiciliare, effettuata dopo le 10 del mattino e calendarizzata per il giorno successivo, può essere valida a partire dal giorno prima, se indicato dal medico.

Questa eccezione, prevista dall’INPS, è valida unicamente durante giorni feriali e richiede che sulla certificazione sia riportata l’esatta motivazione per la retroattività e la dichiarazione che il lavoratore era già ammalato da quella data.

Al di fuori di questa situazione, il certificato non può essere considerato valido con decorrenza retroattiva. Ciò implica che eventuali assenze non certificate nel tempo giusto possono comportare la perdita del diritto all’indennità.

La precisione nei tempi e nelle modalità di rilascio del certificato è quindi uno dei punti fondamentali per la legittimità dell’assenza dal lavoro per malattia, oltre che per la tutela economica del lavoratore.

Clarissa Abile

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