L’intelligenza artificiale sta entrando nelle abitudini di tanti italiani. Una ricerca svolta dall’istituto Piepoli per Udicon mostra come quasi metà della popolazione abbia provato strumenti come ChatGpt. L’indagine mette in luce differenze nette tra le generazioni, gli usi più frequenti e la percezione di rischi legati a queste tecnologie.
L’uso dell’intelligenza artificiale nelle diverse fasce d’età
L’indagine indica che circa il 49% degli italiani ha sperimentato almeno una volta un servizio basato sull’intelligenza artificiale, come chatbot o assistenti digitali. Tra i giovani tra 18 e 34 anni, la percentuale raggiunge l’80%, segno che il contatto con queste tecnologie è ormai parte della quotidianità di chi è maggiormente a contatto con il digitale. La fascia intermedia, quella tra 35 e 54 anni, mostra un livello di utilizzo più basso, intorno al 57%. Mentre per gli over 54, l’adozione scende al 26%, indicando una diffidenza o un minore interesse rispetto alle altre età.
Questi numeri confermano come la generazione più giovane abbia familiarità e una certa abitudine con l’IA, ma al tempo stesso emergono limiti tra le persone più mature. La diffusione non riguarda soltanto un primo approccio, perché si rileva anche una certa frequenza: il 43% di chi usa l’intelligenza artificiale lo fa più volte alla settimana. Questo dato suggerisce che non si tratta di un utilizzo occasionale ma di uno strumento inserito regolarmente nelle vite digitali di molte persone.
Principali modalità di sfruttamento dell’IA
La ricerca mette in evidenza che la maggior parte degli italiani sfrutta l’intelligenza artificiale soprattutto per ottenere informazioni. Il 62% degli intervistati ha dichiarato di rivolgersi all’IA per questo motivo. Nei più anziani, over 54, questa pratica sale al 79%, un segno che in questa fascia di età l’IA viene vista anzitutto come uno strumento per cercare dati, risposte veloci a quesiti o aiuti pratici.
Altre modalità di uso non sono state specificate nello studio diffuso, ma resta chiaro che la capacità dell’IA di fornire risposte testuali in tempo reale rappresenta il tratto più sfruttato. Per i giovani, però, le funzioni dell’IA potrebbero comprendere anche creazione di contenuti, supporto a compiti di studio o lavoro, o assistenza nelle attività digitali più variegate.
Questi dati mostrano come l’intelligenza artificiale sia entrata nelle abitudini quotidiane in modo concreto, più di quanto si immaginasse solo pochi anni fa. L’interesse principale degli utenti resta però legato all’informazione, probabilmente per la sua immediatezza e comodità.
Fiducia verso l’intelligenza artificiale e criticità emerse
Nonostante un ampio numero di utenti si affidi all’intelligenza artificiale, la fiducia espressa dagli italiani è variegata. L’11% dichiara di crederci sempre, mentre il 43% la considera spesso affidabile. Altri il 43% si fida solo in parte, cioè in alcune situazioni. Poco oltre solo il 3% dice di non fidarsi mai.
Il quadro appare quindi bilanciato: la maggioranza degli intervistati riconosce utilità o almeno una certa utilità nell’IA, con il 22% che la considera utile e il 57% abbastanza utile. Solo una minoranza si è scontrata con problemi: il 14% del campione ha riscontrato errori, contenuti falsi o malfunzionamenti. Fra gli over 54 solo il 7% ha avuto problemi, mentre negli under 35 la percentuale arriva al 35%, forse perché le fasce più giovani usano più spesso questi strumenti e spingono l’IA oltre i suoi limiti.
Questa statistica conferma che per la maggioranza degli italiani l’intelligenza artificiale funziona bene, anche se non mancano situazioni in cui le informazioni ricevute possono essere inesatte o possono generare confusione.
Principali preoccupazioni legate all’uso dell’intelligenza artificiale
L’incertezza intorno all’intelligenza artificiale riguarda non solo gli errori tecnici, ma anche scenari più ampi. Il 44% teme che l’IA possa sostituire il lavoro umano, un timore che riflette le trasformazioni in atto nelle professioni. Accanto, il 38% si preoccupa degli sbagli nel fornire informazioni e dei rischi legati a manipolazioni o propaganda. Altrettanti guardano con sospetto la possibilità di violazioni della privacy o di dipendenza psicologica legata all’uso continuo e prolungato di questi strumenti.
Martina Donini, presidente nazionale di Udicon, ha sottolineato come il 61% degli italiani non si senta tranquillo a cedere all’IA operazioni delicate come gestire dati bancari o fare acquisti online. Secondo la dirigente, conoscere l’intelligenza artificiale non basta a rassicurare: servono trasparenza, regole chiaramente definite, controlli rigorosi e responsabilità, per costruire una fiducia solida negli strumenti.
Questo sentimento di incertezza evidenzia come l’intelligenza artificiale, pur diffusa, sia percepita come qualcosa di ancora in parte sfuggente, capace di generare dubbi in fatto di sicurezza e controllo.
Metodologia e struttura del campione intervistato
La ricerca è stata condotta in Italia tra il 26 e il 28 maggio 2025. Sono state realizzate 501 interviste tramite la metodologia Cati/Cawi, che combina interviste telefoniche e online. Il campione è risultato rappresentativo della popolazione italiana per età, genere e distribuzione geografica.
Questo approccio ha permesso di raccogliere risposte aggiornate su un tema attuale e molto dinamico, offrendo un quadro dettagliato dell’adozione e della percezione dell’intelligenza artificiale in Italia. Con questi dati emerge un’Italia divisa tra chi si è già abituato a interagire con l’IA e chi invece mantiene riserve soprattutto legate alla fiducia e ai rischi connessi.