Un ciclo teatrale all’aperto a Sabaudia attraversa miti antichi, commedie brillanti e drammi storici degli ultimi decenni. La rassegna, organizzata dalla Pro Loco di Sabaudia con il Parco nazionale del Circeo e il Comune, prevede tre appuntamenti che raccontano la nascita della consapevolezza femminile, la superstizione e uno dei momenti più controversi della storia italiana: il caso Moro. Il teatro si svolge all’aperto, dentro un contesto naturale che unisce parola, movimento e memoria.
Mercoledì 30 luglio, il teatro propone “Eva”, una produzione genovese firmata dalla Fondazione Luzzati Teatro della Tosse. Lo spettacolo prende spunto da “Il diario di Eva” di Mark Twain e indaga l’esperienza della prima donna, tesa tra scoperta della natura e confronto con Adamo. La scena, affidata all’interpretazione di Mariella Speranza e alla danza di Valeria Puppo, svela il percorso di Eva verso la piena consapevolezza. Eva si muove da un ruolo passivo a protagonista curiosa e vibrante, affacciata sui misteri del creato e smossa dall’incontro con il serpente.
Il racconto parte dall’inizio, quando nel giardino dell’Eden tutto è avvolto da un incanto primordiale. Adamo si mostra più distratto, incapace di cogliere la bellezza che lo circonda. Eva invece accetta il lavoro della conoscenza, sulle orme di un sentiero ancora segnato dall’ignoto. Passa dalla solitudine alla relazione con Adamo, a volte lontano, spesso segnato da un mutismo che contrasta con la sua energia. Il testo e la danza si intrecciano, offrendo una lettura dove parole e movimenti esprimono la complessità delle emozioni e della trasformazione.
Nel momento in cui Eva incontra il serpente, cambia il corso della storia: l’essere affascinante e inquietante diventa la chiave per tentare uno sguardo nuovo sul mondo e su se stessa. Questo incontro segna il passaggio da una conoscenza istintiva a una consapevolezza profonda. La rappresentazione gioca con la forza di simboli antichi, mettendo in scena una vicenda che tocca le radici dell’umanità e del ruolo femminile.
Giovedì 31 luglio la rassegna cambia registro e mette in scena “Non è vero… ma ci credo”, celebre commedia di Peppino De Filippo. La compagnia amatoriale Napul’è… Nà, diretta da Titti Marino, porta sul palco una commedia in tre atti che affronta la superstizione con un sorriso ma senza rinunciare a un fondo di verità. La vicenda esplora come la mente cerchi rifugio e significato nelle credenze popolari, presentando personaggi attraversati da timori e speranze.
Il pubblico assisterà a una rappresentazione dove l’ironia diventa veicolo per parlare della condizione umana davanti all’incertezza. Gli interpreti ricreano situazioni dove la superstizione guida le azioni, dando vita a equivoci e situazioni grottesche. La messa in scena attiva un dialogo tra spettatori e attori, stimolando riflessioni sul potere delle credenze e sulla forza dell’immaginazione collettiva.
Le note di regia invitano a sospendere il giudizio razionale, per immergersi nelle emozioni e credere, almeno per un istante, al possibile. Goethe viene citato come riferimento: “La superstizione è per la mente ciò che l’ombra è per il corpo.” Questa frase sintetizza la natura ambigua della superstizione, che avvolge e protegge, ma può anche imprigionare. La commedia diventa così occasione per riconoscere le paure antiche che accompagnano l’uomo da sempre.
Venerdì 1 agosto la scena si riempie di un’altra drammaticità con “55 giorni”, spettacolo della compagnia Le Colonne, diretta da Giancarlo Loffarelli. L’opera si concentra sul sequestro di Aldo Moro, uno dei passaggi più tormentati della storia italiana moderna. La scena ridotta a pochi elementi, tre cubi e tre colori , crea un’atmosfera intensa e simbolica.
Il bianco rappresenta la ricerca della verità, materia oscura da sollevare e illuminare, ma che rimane difficile da afferrare pienamente anche dopo quasi mezzo secolo. Il nero esprime le zone d’ombra, i misteri ancora irrisolti, o le mancanze di chiarezza in una vicenda che ha segnato la politica e la società. Il rosso indica il sangue, il dolore e il contesto violento del sequestro, ma anche il simbolo delle Brigate Rosse che portarono avanti quell’azione.
In scena quattro voci percorrono luoghi specifici collegati agli eventi: la casa di Moro in via del Forte Trionfale, l’incrocio tra via Fani e via Stresa dove intervennero i brigatisti, il covo e piazza Barberini, luogo di decisioni drammatiche per il futuro di Moro. La musica scelga momenti di grande intensità grazie a pezzi colti ma anche brani pop del 1978, che richiamano l’atmosfera dell’epoca e aiutano a immergersi nella dimensione emotiva della storia.
Il lavoro di Giancarlo Loffarelli non nasce dal nulla. Lo spettacolo segue un percorso di studio iniziato con il primo spettacolo “Se ci fosse luce. I misteri del caso Moro” del 2007, un documentario e un libro sulla spiritualità di Moderati Urne nelle lettere dalla prigionia pubblicato nel 2023. Questo progetto si presenta come un punto di riferimento per chi vuole comprendere la complessità e le emozioni legate a una pagina tragica della nostra memoria collettiva.
Alla base di tutte le performance di questa rassegna c’è la scelta di mantenere l’ingresso gratuito. Un modello reso possibile dalla generosità delle aziende locali che supportano l’iniziativa sempre più negli anni. Sedici serate di teatro a cielo aperto offrono un’occasione di confronto e riflessione che coinvolge comunità, visitatori e artisti in un dialogo intorno alla cultura e alla storia.
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