La scoperta della leucemia mieloide cronica nel cestista Achille Polonara ha riportato l’attenzione su una malattia del sangue che, pur rara, è sempre più gestibile grazie ai progressi medici. L’atleta della Virtus Bologna e della nazionale italiana ha iniziato le cure dopo un ricovero a Bologna, suscitando un’ondata di solidarietà nel mondo del basket e oltre.
Il caso di achille polonara e la diagnosi di leucemia mieloide cronica
Achille Polonara, 32 anni, ha ricevuto la diagnosi di leucemia mieloide cronica durante un ricovero all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. L’atleta era stato sottoposto a controlli approfonditi dopo un’infezione virale che aveva sollevato preoccupazioni sulla sua salute. Non appena il quadro clinico è stato definito, la Virtus Bologna ha diffuso un comunicato per esprimere sostegno e vicinanza. La comunità del basket si è subito mobilitata, con messaggi da compagni di squadra, tifosi e club avversari. La risonanza mediatica ha superato i confini dello sport, rendendo pubblica una condizione fino a ora poco conosciuta nel grande pubblico.
Riflettori sulla leucemia mieloide cronica
Il focolaio emotivo attorno alla vicenda di Polonara ha acceso i riflettori sulla LMC, una malattia dalle caratteristiche singolari, spesso misconosciuta. Polonara, noto per il suo impegno atletico e la presenza in campo costante, è oggi al centro di un percorso terapeutico che lo vedrà impegnato per affrontare la malattia senza rinunciare agli impegni professionali e personali.
Cos’è e come si sviluppa la leucemia mieloide cronica
La leucemia mieloide cronica rappresenta una forma di tumore del sangue che interessa le cellule staminali ematopoietiche, responsabili della produzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. In Italia, colpisce circa 9.000 persone, con incidenza maggiore tra gli uomini sopra i 60 anni, anche se può manifestarsi a qualsiasi età. La causa principale è una variazione genetica nota come cromosoma Philadelphia, una traslocazione tra i cromosomi 9 e 22. Questo difetto provoca la produzione di una proteina anomala che stimola la moltiplicazione incontrollata delle cellule tumorali.
La LMC si sviluppa lentamente e spesso si manifesta con sintomi poco specifici o assenti nelle fasi iniziali. Talvolta, è scoperta casualmente durante esami del sangue di routine. I sintomi più comuni includono affaticamento, sudorazioni notturne, ingrossamento della milza e perdita di peso. La diagnosi si basa su esami ematologici, analisi genetiche e biopsie, utili a individuare la presenza della traslocazione e il numero di cellule leucemiche circolanti.
Una malattia rara ma gestibile
Nonostante sia una malattia rara, la leucemia mieloide cronica oggi si distingue per la possibilità di controllarne la progressione con farmaci specifici. La ricerca ha trasformato un tempo curabile con trattamenti tossici, in una condizione cronica gestibile a lungo termine, con risultati di sopravvivenza paragonabili alla popolazione senza malattia.
Le terapie attuali per la leucemia mieloide cronica
Il trattamento della LMC si basa soprattutto su farmaci chiamati inibitori della tirosin-chinasi . Questi medicinali agiscono bloccando la proteina responsabile della crescita incontrollata delle cellule malate. Vengono somministrati per via orale e rappresentano la prima linea terapeutica da oltre vent’anni. Nonostante l’efficacia, circa il 30% dei pazienti incontra difficoltà: alcuni non rispondono bene ai farmaci iniziali, altri devono sospenderli per via di effetti collaterali.
Lo studio ASC4FIRST ha evidenziato che molti malati abbandonano o riducono la terapia a causa di nausea, crampi, affaticamento e altre complicazioni. Questi problemi influenzano la continuità della cura, mettendo a rischio i risultati a lungo termine.
Nuova frontiera: asciminib
Di recente, è stato introdotto Asciminib, un farmaco con un meccanismo diverso rispetto agli altri TKI. Asciminib agisce su un bersaglio molecolare specifico ed è indicato per pazienti resistenti o intolleranti a almeno due farmaci precedenti. Numerosi studi, presentati durante il congresso ASH, hanno mostrato la capacità del nuovo farmaco di garantire una migliore risposta molecolare e una tollerabilità superiore.
Gli esperti sottolineano che la scelta della cura deve essere personalizzata e che il rapporto tra medico e paziente, con un attento monitoraggio degli effetti collaterali, è fondamentale per evitare interruzioni che compromettano la prognosi.
Qualità della vita e impatto psicologico nei pazienti con LMC
La gestione della leucemia mieloide cronica non riguarda solo i parametri ematici ma anche la quotidianità dei malati. Ricerche condotte dall’AIL e Novartis Italia indicano che molti pazienti vivono con sintomi persistenti che influenzano lo stato generale. Circa un terzo degli intervistati dichiarano che la malattia e la terapia interferiscono con le attività abituali. Fra gli effetti più comuni si registrano stanchezza cronica, nausea ricorrente, difficoltà visive e crampi muscolari.
Il 40% lamenta la presenza continua di effetti collaterali, mentre il 30% accusa un impatto significativo sulla salute mentale. Lo stress causato dalla malattia, le preoccupazioni legate alla terapia e i cambiamenti della vita quotidiana possono generare ansia e depressione.
Il valore del monitoraggio e dell’ascolto
In pratica, molti pazienti ammettono di saltare dosi o modificare autonomamente la terapia per attenuare gli effetti indesiderati. Questi comportamenti mettono a rischio l’equilibrio clinico e la risposta positiva ai farmaci. Il dr. Fabio Efficace ha sottolineato come il monitoraggio sistematico dei sintomi e l’ascolto del paziente servano a evitare queste complicazioni e migliorare la gestione complessiva.
L’attenzione va quindi estesa al benessere fisico e psicologico, con percorsi di supporto che integrino la sorveglianza medica e aiutino i malati a mantenere una buona qualità di vita.
Prospettive future e l’importanza del dialogo medico-paziente
La leucemia mieloide cronica ormai si considera una condizione cronica, ma il percorso di cura è ancora in evoluzione. Elisabetta Abruzzese, ematologa dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma, evidenzia come la ricerca continui a cercare soluzioni per migliorare la tollerabilità dei trattamenti e ridurre gli effetti collaterali. Anche la comunicazione tra medico e malato rappresenta una sfida: soltanto un quarto dei pazienti riferisce di partecipare attivamente alle decisioni riguardanti la cura.
Il ruolo del paziente deve crescere, così da definire insieme un programma terapeutico che si adatti non solo ai parametri biologici, ma anche alle esigenze personali e sociali. La leadership scientifica di Novartis Italia, con Paola Coco in prima linea, ricorda che la medicina va orientata sempre di più ad ascoltare la voce dei malati.
I progressi in campo farmacologico e la maggiore attenzione al dialogo promettono nuovi passi avanti nella lotta alla LMC, per garantire più tempo e migliore qualità di vita a chi convive con questa malattia. Il caso di Achille Polonara ha messo in luce questi aspetti, ricordando che anche chi vive sotto i riflettori dello sport può trovarsi ad affrontare sfide sanitarie complesse.